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I De Scachabarociis commendatari di Pontida 

Mura di contenimento del castro medioevale di Cassago con lo sfiatatoio quadro della cisterna

Mura di contenimento del castro medioevale di Cassago con lo sfiatatoio quadro della cisterna

 

 

I DE SCACHABAROCIIS COMMENDATARI DI PONTIDA

di Luigi Beretta

 

 

 

Annessa al castro medioevale esistette certamente una torre con funzione di rifugio o di avvistamento. La sua posizione sul colle di Cassago del resto era veramente ottimale perchè permetteva la vista della valle del Lambro sino a Como senza alcun impedimento. Erano anzi ben distinguibili gli insediamenti militari di Tabiago, Inverigo, Monguzzo ed altri fino alla catena dei monti prealpini. Tuttavia è solo nel 1409 che la scopriamo citata in un documento tratto da alcune carte del monastero di Cremella, laddove si parla di ... petia una campi ... iacens in dicto territorio de Cassago ubi dicitur post turrim ... Il fatto che la posizione di quel campo fosse convenzionalmente indicata e quasi definita dalla vicinanza della torre significa che la torre stessa era una caratteristica del luogo e che aveva o aveva avuto un ruolo di primo piano nella vita del paese.

Tale consuetudine, come tutte le consuetudini, non deve essere nata improvvisamente ma presumibilmente appoggiandosi a una lunga frequentazione. In altre parole la torre certamente era stata eretta ben prima del 1409, in un'epoca per ora ancora imprecisata. E' presso la torre che probabilmente sorgeva la cisterna, dove venivano convogliate le acque reflue o quelle canalizzate con condotti sotterranei.

La cisterna solitamente interrata in un vano voltato e rivestito di malta mista a coccio pesto, era infatti l'unico rimedio in caso di necessità o di assedio alla mancanza di acqua. Presso la torre o nelle torri stesse venivano poi allevati i piccioni con lo scopo di mantenere i collegamenti con altre torri o luoghi fortificati. Talora queste piccionaie erano ricavate nei sottotetti dell'edificio residenziale ed assumevano una architettura a forma di torre, chiamate "columbare". Il loro uso si diffuse enormemente nel '500 e nel '600 soprattutto per integrare l'alimentazione dei nobili. Quantunque non vi abitassero, nel 1409 Signori di Cassago erano probabilmente gli Scaccabarozzi, che avevano acquisito il godimento delle terre di Pontida.

Nel 1402 infatti Giovanni Scaccabarozzi era stato eletto priore maggiore di quel monastero e quindi era il beneficiario della commenda (1). Questo Scaccabarozzi apparteneva ad una famiglia ghibellina che era stata sostenitrice dei Visconti, il cui capostipite, l'arcivescovo Ottone, l'aveva annoverata nella matricola delle famiglie nobili di Milano (2). Gli Scaccabarozzi avevano vari beni in Brianza, soprattutto a Montevecchia, dove Giovanni Antonio Scaccabarozzi, canonico scaligero, aveva eretto la chiesa di S. Bernardo, e a Brivio in frazione Vaccarezza con diversi poderi e case. A Cassago la loro influenza dovette essere notevole poichè il 17 luglio 1412 in un momento drammatico per le sorti del Ducato milanese fu un altro Scaccabarozzi, un certo dominus Raynerius, a consegnare, cioè a riconoscere, al duca di Milano Filippo Maria Visconti (1412-1447) la fidelitas de terra Cassaghi (3), dopo che suo fratello Giovanni Maria Visconti (1402-1412) era stato assassinato in una congiura nella chiesa milanese di S. Gottardo. Questo stesso dominus Raynerius de Scachabarrociis compare in un elenco dei "nobiles familiares et officiales de curia de nostri illustrissimi principis et dominis" duca Giovanni Maria Visconti, che risale al 1408 (4). L'usufrutto della commenda di Pontida da parte di Giovanni Scaccabarozzi fu tuttavia assai contrastato soprattutto per le alterne vicende derivate dai ripetuti contrasti politici e militari fra Ducato milanese e Repubblica Veneta.

Pontida infatti giace in territorio bergamasco al di là dell'Adda in un contesto che nel '300 era stato non solo politicamente ma anche culturalmente ed economicamente legato a Milano. Ora però l'espansione veneta che dagli inizi del '400 si prefiggeva l'obiettivo di portare i propri confini occidentali sino all'Adda annettendosi perciò anche Pontida, minava alla radice l'egemonia milanese e dello stesso Scaccabarozzi che ne dipendeva. In un primo tempo lo Scaccabarozzi fu contestato da Pandolfo Malatesta, che in quell'avvio di secolo era diventato Signore di Bergamo e di Lecco, tenendone il governo per una decina di anni (1403-1417). Il Malatesta, che era fratello di Carlo Signore di Rimini, assegnò Pontida a un certo frà Filippo da Venezia, che era anche "amministratore", cioè precettore dei suoi figli (5). Frà Filippo di fatto tenne il governo del monastero dal 1410 al 1419, tuttavia potè avere giurisdizione solo per i territori di Pontida in mano al Malatesta. Cassago ed altre terre al di qua dell'Adda rimasero in realtà saldamente nelle mani dello Scaccabarozzi, che comunque ne godette sempre, anche quando, cessata la Signoria del Malatesta, a frà Filippo succedettero altri pretendenti veneti alla commenda di Pontida. Il primo fu il cardinale Angelo de Anna de Sommariva nominato priore commendatario da papa Giovanni XXII. Nel 1419 lo Scaccabarozzi riuscì tuttavia a ottenere un accordo che gli permise di continuare a godere delle rendite del monastero pagando al cardinal Sommariva una annua pensione di 150 fiorini d'oro. Nel 1420 lo Scaccabarozzi ottenne pure una sentenza di esenzione dai dazi per le terre possedute dai monasteri di Pontida e Fontanella. La sua influenza tuttavia fu continuamente minacciata negli anni immediatamente seguenti dalla potenza veneta che nel 1426 era riuscita a impadronirsi del contado di Bergamo ed ora puntava decisamente all'Adda. Il che accadde nel 1428 cosicchè Pontida passò sotto il dominio di Venezia. Morto il cardinal Sommariva, lo Scaccabarozzi continuò però a riscuotere le rendite delle terre milanesi del monastero al di qua dell'Adda (6).

Il Doge Francesco Foscari, forte delle conquiste militari, fece pressioni a Roma per levare lo Scaccabarozzi dalla commenda con lo scopo di sostituirlo con Gabriele Avogradi e assicurare a Venezia i possedimenti del monastero di Pontida. L'elezione al soglio pontificio di Eugenio IV Condumer veneziano nel 1431 pose le premesse per l'accoglimento delle richieste veneziane, che di fatto furono accettate nel 1432 con un decreto di destituzione dello Scaccabarozzi a favore dell'Avogadri. La ripresa delle ostilità fra i Visconti e la Repubblica Veneta fra il 1431 e il 1433, che vide vittoriose le truppe milanesi, permise tuttavia allo Scaccabarozzi di tornare a Pontida per riprendere possesso con la forza nel 1438 delle sue terre oltre l'Adda. In questa occasione nominò conduttore dei suoi beni Andreolo Scaccabarozzi, un suo nipote milanese, che abitava a Osnago (7). Alcuni atti relativi al 1434-1435 indicano che lo Scaccabarozzi godeva impunemente delle rendite in territorio milanese del monastero e che fra le terre milanesi, di cui riceveva l'usufrutto, comparivano sempre quelle di Cassago (8). Tuttavia le vittorie viscontee si rivelarono ben presto effimere, poichè l'esercito veneziano nel 1441 riuscì a rioccupare il bergamasco. A Pontida nel 1442 venne così insediato l'Avogadri, che nominò subito priore Giovanni Buccelleni, futuro vescovo di Crispoli. Lo Scaccabarozzi dovette nuovamente rifugiarsi nel milanese ed accontentarsi di godersi solo i possessi in terra milanese. Sappiamo che ancora nel gennaio 1446 riscuoteva i fitti delle terre di Cassago (9) e probabilmente continuò a riscuoterli fino alla morte, che lo colse nel 1451 (10).

Con la sua scomparsa si conclude definitivamente l'influsso del monastero di Pontida in Cassago, un influsso che era durato oltre tre secoli e che lascerà un perenne ricordo nel titolo della parrocchiale di questo paese, che da allora fu associato oltre a quello altomedioevale di S. Brigida Vergine a quello di S. Giacomo Maggiore, cui lo stesso monastero era dedicato. Nel 1456 il priore commendatario Giovanni Barozzi vescovo di Bergamo alienò tutte le terre oltre l'Adda, sulle quali non poteva e non riusciva più a far valere i propri diritti poichè giacevano nel Ducato milanese. A questo punto diventa difficile seguire le vicende e il destino delle terre di Cassago: i rivolgimenti politici e militari che coinvolsero il milanese con la caduta dei Visconti, la costituzione della Repubblica Ambrosiana e la vittoria finale dello Sforza, ebbero contraccolpi anche nelle campagne, dove si realizzò una redistribuzione delle terre ai nuovi Signori ed ai loro alleati o fautori.

 

 

Note

 

(1) Il primo documento ove appare in tale veste è del 2 ottobre 1402, cfr. A. S. M., Fondo Religione, P. cart. 40, n. 296.

(2) Si tramanda che questa famiglia di origine milanese abbia tratto il proprio cognome da un servizio fatto durante l'infierire della peste in Milano. Mancando gente che si prestasse all'incresciosa e pur necessaria opera di portare i morti alla sepoltura e scarsi essendo i mezzi per trasportarli per tanto infierir del male, questa famiglia si prestò al pietoso e ingrato ufficio servendosi di numerosi barocci, tanto che le fu dato il soprannome di Scarica barocci, che poi si tramutò in Scaccabarozzi. Fu famiglia antica le cui memorie risalgono al XII sec. Un certo Giordano fu costituito vicario imperiale a Milano da Federico Barbarossa, un Beltramo fu console di Milano nel 1164, un Alberto fu podestà di Como nel 1219, un Lantelmo canonico della metropolitana, nel 1152 fu inviato dalla Repubblica milanese in qualità di legato al papa Innocenzo IV per ottenere la canonizzazione di S. Pietro Martire Veronese, un Giacomo si trova fra i firmatari di parte nobile nell'atto di concordia fra nobili e plebei di Milano nel 1258, un Giovanni fu fatto cavaliere da Matteo Visconti sul campo di battaglia di Parabiago per l'indomito valore, un Arostello fu cavaliere e decurione milanese, un altro Giacomo, nobile e generoso cavaliere, nel 1320 eresse e dotò la chiesa di S. Maria Annunziata a Milano mentre suo fratello Catellano fu podestà di Pavia nel 1322.

(3) Fidelitas de terra Cassaghi per dominum Raynerium de Scachabarrociis, A. S. M., I Registri Viscontei, I, n. 31, c. 23. t. 24.

(4) F. CALVI, Il Patriziato milanese, Milano 1865, 456-457.

(5) Frà Filippo da Venezia apparteneva all'ordine degli Eremitani di S. Agostino e forse va identificato con frà Filippo Paruta agostiniano che Martino V fece vescovo di Cittanuova in Istria nel 1426. Fu poi trasferito a Torcello e quindi a Creta nel 1448. Cfr. Manoscritto 1758 nella Biblioteca di Pontida, 55-56.

(6) A. S. M., Pergamene c. 41, n. 350. 

(7) A. S. M., Fondo Religione, Pergamene, cart. 41, n. 379, notaio Tommaso Pellegrino).

(8) C. CORTINOVIS, op. cit., II, 189.

(9) A. S. M., Fondo Religione, Pergamene, cart. 41 n. 406, notaio Giovanni Sansoni di Giovanni.

(10) C. CORTINOVIS, op. cit., II, 222.