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Il sepolcreto di san Salvatore

Sepolcreto Visconti a San Salvatore di Tremoncino

Sepolcreto Visconti a San Salvatore di Tremoncino

 

 

Il Sepolcreto di san Salvatore

di Luigi Beretta

 

 

 

Verso la fine dell'Ottocento il duca Guido costruì una nuova chiesa sul colle di san Salvatore a Tremoncino che doveva fungere da Sepolcreto di famiglia. Viaggiando per la Brianza lungo il saliscendi delle sue armoniose colline, non è difficile scorgere sull'alto di un modesta altura presso Cassago questo monumento alquanto originale nel contesto architettonico circostante. Oggi è chiamato ed è noto come Sepolcreto Visconti. Si tratta di una tomba di famiglia e fin qui nulla di straordinario perchè tutta la Brianza è disseminata di ricordi del passaggio della nobiltà nella storia di questo territorio. La originalità di questo monumento sta piuttosto nel suo stile, un discreto neogotico ottocentesco, unico esempio di questa arte in tutta la Brianza.

A questo Sepolcreto e al luogo dove sorge sono legate molte storie che intrecciano le vite di potenti signori e di poveri contadini. Questo perchè dove oggi sorge il sepolcreto della famiglia Visconti, in realtà fino alla sua erezione si alzava una chiesetta, luogo tradizionale di culto per la gente del posto ma anche dei paesi vicini. Questa chiesa di origini medioevali (si ipotizza del XI-XII sec.) citata anche da Goffredo da Bussero, era dedicata a S. Salvatore, un titolo che è poi stato associato al colle in modo indelebile nella mente della gente, tanto che ancora oggi abitualmente le persone del posto, riferendosi all'edificio, parlano del San Salvadùr piuttosto che di Sepolcreto Visconti. Questo perchè l'edificio, nonostante sia sostanzialmente un luogo privato aperto al pubblico solo in speciali occasioni, è considerato un patrimonio storico e religioso della comunità di Cassago.

Ancora oggi all'entrata del Sepolcreto sono ben visibili su ambo i lati due teche che raccolgono le ossa dei morti di peste del luogo, un muto ma chiaro richiamo a quel senso della morte che accompagna ogni generazione umana. Queste ossa sono state conservate nella vecchia chiesa medioevale, dove abitualmente convenivano in preghiera gli abitanti del posto con una processione che richiamava anche la popolazione dei paesi vicini. Quando la chiesetta medioevale con tutto il colle e gli appezzamenti terrieri divenne proprietà dei nobili Pirovano e quindi, per eredità, dei Visconti del ramo di Modrone sorsero alcune querelle con il parroco che pretendeva le elemosine dei pellegrini che invece finivano regolarmente in tasca dei Visconti, ma pure si generò un progressivo allontanamento dalla gente a cui veniva progressivamente limitato l'accesso alla chiesa ormai proprietà privata.

Verso la metà del secolo scorso la devozione andò estinguendosi perchè gli ossari dei morti furono compresi nella cinta delle proprietà Visconti e così nacque le devozione ai « Morti del Busano" in parrocchia di Bulciago. Quando a fine Ottocento la chiesa fu abbattuta per costruirvi sopra l'attuale , gli ossari furono compresi definitivamente nel muro di cinta, il che provocò gravi conseguenze alla tradizionale frequentazione del luogo. La decisione dei nobili Visconti fu alquanto dannosa alla devozione che in altri tempi era, come testimoniano parroci dell'Ottocento, un via vai continuo, anche di notte. Da allora incominciò una lenta decadenza, poichè i pellegrini cominciarono a preferire la via dei morti del Busano nella vicina Bulciago. Nonostante ciò, la devozione resiste ancora oggi, sia pure in forme molto blande, nella popolazione locale e nei paesi viciniori. Responsabile principale di questa situazione fu il duca Uberto Visconti di Modrone che verso il 1836 commissionò all'architetto Luigi Clerichetti una tomba di famiglia, di cui ne parla in più occasioni Ignazio Cantù.

Dopo che Napoleone proibì di seppellire i cadaveri in chiesa, i cimiteri così come le tombe di famiglia furono costruiti fuori delle città e dei paesi: il duca Carlo Visconti costruì sul poggio il sepolcreto della Famiglia conservando però gli ossari accessibili al pubblico. Di questa costruzione parla anche Cesare Cantù nella sua Grande illustrazione del Regno Lombardo-Veneto. Il progetto, che è conservato nell'archivio Visconti in deposito presso l'Università Cattolica, prevedeva un edificio neoclassico: probabilmente non fu realizzato. E' più probabile che si sia proceduto a qualche maquillage della vecchia chiesetta medioevale. L'edificio attuale fu invece costruito su progetto dell'architetto Giovanni Ceruti che lo ideò fra il 1884-1887. Di sicuro nel 1890 era già concluso. Varie persone di Cassago ricordano che i loro nonni lavorarono alla costruzione di questo edificio che stona un poco nella cultura brianzola, un Sepolcreto che stride con la abituale architettura sobria e povera del posto.

Tant'è: l'arte non ha confini e forse questa stramberia architettonica di fine Ottocento ha finito per fare la sua fortuna, con tutti quei nasi all'insù della gente che passa per poterla guardare tutta dal basso fino all'ultima guglia. Sorta forse come una delle tante tombe di famiglia, così tanto di moda sul finire del secolo scorso, questo Sepolcreto soggioga il passante con quel suo splendido bianco marmo di Carrara, tutto arieggiante con le sue cuspidi e i suoi finestroni ogivali sottili e slanciati verso l'azzurro del cielo con ai piedi i verdi prati di granoturco che hanno sostituto i più nobili vitigni d'un tempo. V'è chi l'ha paragonato un po' pomposamente al duomo di Milano, di cui richiama certamente le linee architettoniche e lo slancio, ma non certo l'imponente maestosità. Stupendo è comunque è l'accesso che fa capo a un viale prospettico in dolce salita scandito da una serie di cipressi secolari di grande effetto paesaggistico e che invita al raccoglimento spirituale. Il Sepolcreto fu benedetto ufficialmente a novembre 1890: l'autorizzazione venne concessa direttamente dall'arcivescovo di Milano, il cardinale Luigi Nazari di Calabiana (Archivio della parrocchia di Cassago, cart. 1) il 29 ottobre.

Ne conosciamo il testo che autorizzava don Giuseppe Calvi, Canonico della Metropolitana, a impartire la benedizione.

Lo stesso testo accenna alla storia della chiesa e dei suoi rapporti con la Casa Ducale:

"Aloisius Nazari a Calabiana dei et apostolicae sedis gratia sanctae Mediolanensis metropolitanae ecclesiae archiepiscopus Dilecto in Cristo Illustrissimo et Reverendissimus Presbyter DD. Iosepho Calvi Canonicus Praepositus Nostrae Metropolitanae Ecclesiae Capituli in Domino salutem. Precibus ab Illustrissima Famiglia cui nomen Visconti di Modrone Nobis parrectis benigne annuentes praesentium tenore delegamus, ut sacellum cum Altare ad Missam sacram faciendam ad usum per illustris eiusdem Familiare ipsius impensis in Parochia Cassagi plebis Missaliae nuper erecta nec non subiectum sepulcratum visites et inspicias, et si ibi omnia ad praescriptum Synodalium ordinationum disposta reperirsi, coemeterium, sacellum et altare sacra munias benedictione. Eo vero monemus ut in dictis benedictionibus omnes situs et coeremonias servas uti in Pontificali Romano praescribuntur in benedictione vero supradicti sacelli aquam episcopalem adhibeas. Datum Mediolani ex Palatio Archiep. Die 29 oct. 1890."