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Boyer Charles: Il ritiro di Cassago

La copertina del libro di Boyer

La copertina del libro di Boyer

 

 

 

SANT'AGOSTINO

VOL. XII DELLA COLLEZIONE: STORIA UNIVERSALE DELLA FILOSOFIA

- MILANO, FRATELLI BOCCA 1946 IN I6°, PP 260

di Boyer Charles

 

 

 

 

 [...] Meditando le lettere dell'Apostolo, egli [S. Agostino] scoprì l'essenza del cristianesimo, che sta nella miseria dell'uomo e nella potenza della grazia redentrice. Più che darsi alle dotte speculazioni, si trattava di umiliarsi e pregare. Ciò che egli doveva insegnare con tanta forza contro il fiero monaco Pelagio, l'imparava ora leggendo S. Paolo, e l'imparava conformandosi a ciò che leggeva. Ormai Agostino non si preoccupa di riempirsi l'intelletto, ma di cambiarsi il cuore, e questo lo compie a poco a poco, consultando uomini venerandi, come Simpliciano, futuro successore di Ambrogio sulla sede milanese, pregando nelle chiese, leggendo con fervore San Paolo. Un giorno, quando più si vergognava della sua debolezza, sentì la cantilena di un ragazzo: "Tolle, lege".

Lesse una frase dell'epistola ai Romani ed in un istante si trovò cambiato, e cioè risoluto a vivere secondo i consigli della perfezione cristiana, nella continenza e nel distacco dalla gloria terrena. Lasciata allora la scuola di retorica, andò con Monica, suo figlio Adeodato, e pochi amici in una villa di Cassiciaco (oggi Cassago in Brianza), messa a sua disposizione. Là, doveva prender cura della proprietà, dare delle lezioni a due giovani, ma principalmente prepararsi al battesimo. Vi scrisse i dialoghi, preziosissimi per conoscere lo stato della sua anima e del suo pensiero in quell'alba della sua vita novella; cioè tre libri Contra Academicos; uno De beata Vita, due De Ordine. Fece poi nei Soliloquia dialogare per due libri la sua ragione con sé stesso. Si mise anche a scrivere alcuni trattati sulle materie che aveva insegnate: compose un libro De Grammatica e cominciò un De Dialettica e De Rettorica: e forse, pensa il Marron, sono a noi pervenute alcune di quelle pagine che egli stesso aveva perdute. [...]

 

 

 

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da LA CIVILTÀ CATTOLICA - ANNO 99 - VOL. I° - 6 MARZO 1948 - QUADERNO 2345

BIBLIOGRAFIA - RECENSIONE DEL LIBRO: SANT'AGOSTINO DI BOYER CARLO

Pag. 523

 

- Non poteva essere affidato a uno studioso più competente e meglio preparato il compito di una esposizione sistematica, fedele e completa del pensiero filosofico di S. Agostino. Il P. Boyer, ben noto per i suoi precedenti lavori, dopo una succinta biografia del santo Dottore, ne delinea magistralmente la dottrina filosofica, concludendo con una sintesi finale del suo pensiero, nella quale non si sa se debba ammirarsi più la chiarezza o la profondità del contenuto. L'A. non dissimula le difficoltà del suo lavoro, anzi le enumera fin dalla prefazione. I libri puramente filosofici di S. Agostino, giunti fino a noi, si riducono a tre Contra Academicos, ai due De Ordine, a quello De Beata Vita, composti a Cassiciaco (Cassago Brianza) nel 386 - 387. Ben poca cosa, se si pensa ai duecentotrentadue libri da lui scritti fino al 427, tre anni cioè prima della sua morte, senza contare i sermoni e le lettere. Inoltre S. Agostino non è un trattatista, che espone con ordine sistematico la sua dottrina: è un pensatore, che semina, diremmo, quasi frammentariamente le sue idee, quando se ne presenta l'occasione: spesso sono guizzi di luce, lampi di genio, rivelatori delle sue convinzioni filosofiche. Bisogna indagare, cercare, dedurre, per determinare con sicurezza la mente del S. Dottore.

Ancora, S. Agostino è principalmente un polemista, e la polemica ha delle esigenze particolari. Prescinde da ciò che non fa al suo scopo: non lo nega, ma lo sorvola. Così, nel conflitto con i Pelagiani, S. Agostino deve mettere l'accento sulla parte di Dio, negata o svalutata da Pelagio, e lasciare in sordina, senza negarla peraltro, la parte dell'uomo, sopravvalutata dal monaco bretone. Dippiù, S. Agostino non è un cerebrale, che freddamente analizza concetti e parole: egli si è dato tutto intero, con la mente, col cuore, con vera passione alla ricerca della Verità: e la Verità per lui non è un'astrazione, è Dio, a cui egli tende con un trasporto unitario e totalitario. Per ben comprendere, infine, il suo pensiero, lo studioso deve essere pratico del suo vocabolario, conoscere la lingua, rendersi conto del valore che egli dà alle parole. Queste difficoltà l'A. ha saputo brillantemente superare nel corso della sua esposizione, e ne ha data un magnifico esempio del capitolo VI, sull'illuminazione, in cui analizza il pensiero agostiniano intorno al problema della conoscenza, dimostrando che, malgrado le apparenze e le divergenti interpretazioni, la soluzione data da S. Agostino non è sostanzialmente diversa da quella aristotelica: « Quanto c'è di vero nel cogito ergo sum di Cartesio - egli osserva giustamente - è stato già intuito e chiarito da S. Agostino: per hoc sum, si fallor » (pag. 117).

Nulla di comune con la gnoseologia di S. Agostino e quella di Kant: ciò che è un muro chiuso per il filosofo tedesco per il S. Dottore è una finestra aperta. Degna di speciale rilievo è la conclusione, a cui giunge l'A., che l'agostinismo medioevale non rappresenta una derivazione, ma una deviazione dal genuino pensiero di Sant'Agostino; a più forte ragione sono contorsioni della sua dottrina le tesi del Giansenio, che ne riferisce la parola, ma ne tradisce il pensiero. L'A. riconosce i contatti e le affinità del neoplatonismo con l'agostinismo, ma opportunamente osserva che il neoplatonismo di S. Agostino è un neoplatonismo battezzato e che l'acqua di questo battesimo è stata attinta dalla Chiesa. Non meno interessanti e altrettanto ben concepiti i capitoli sulla creazione, sulla provvidenza, la libertà, la dottrina morale, la pedagogia. Un sapore di palpitante attualità balza talvolta da questa organica presentazione del pensiero agostiniano. Basterebbe citare l'interrogazione: remota iustitia, quid sunt regna, nisi magna latrocinia? (De civ. Dei, I. 4. c. 4). Monito quanto mai opportuno alla nostra generazione la frase: Se dominerà nelle nazioni lo spirito di Dio, la guerra non ci sarà più (De civ. Dei, I. 15, c. 4). Una più accurata revisione del testo, che avesse evitato i molti errori di stampa e qualche espressione linguisticamente meno corretta, avrebbe reso perfetto il volume sotto tutti i riguardi.