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CICLo AGOSTINIANo a stampa di Collaert

Agostino ritorna in Africa dalla stampa di Collaert alla Biblioteca Nazionale di Parigi

Agostino ritorna in Africa

 

 

ADRIANO COLLAERT

1600

Parigi, Biblioteca Nazionale

 

Agostino ritorna in Africa

 

 

 

La legenda spiega: Proficiscitur in Africam. La presenza di Monica non è storicamente esatta perchè al momento della partenza per l'Africa era già morta ad Ostia. Può darsi che Collaert abbia confuso il ritorno con la partenza dall'Africa. In effetti Monica tiene in mano un fazzoletto e qualche lacrima scende dal suo viso. Si potrebbe anche immaginare che la scena si riferisca all'estasi di Ostia e poi all'imbarco per l'Africa.

Ma non ci sono gli abituali elementi: la finestra e un giardino interno. Da notare che Agostino è vestito con il saio dei monaci. Collaert mostra anche in questa occasione la sua maestria nel disegnare navi all'ormeggio.

 

A Roma Agostino dovette sentire un certo imbarazzo al pensiero, e forse alla vista, di alcuni dei manichei suoi correligionari, amici e ospiti di un tempo. Proprio questo insieme con l'ardore del neofita, lo spinse a combattere apertamente, a fondo e senza quartiere, la religione della sua giovinezza.

I due libri De moribus manichaeoru e De moribus ecclesiae catholicae contrappongono i due modi di vivere dei manichei e dei cristiani, l'ascetismo autentico di questi all'errato e falso, ricoprente ogni sorta di vizi, dei manichei.

Cosa sorprendente, come certe sue parole mostrano, Agostino non sapeva forse neppure dove fosse collocata esattamente la basilica eretta sulla tomba di san Pietro. Vide però i monaci e ammirò l'austerità degli asceti. Questo secondo soggiorno romano, come dimostra anche la sua notevole attività letteraria, deve essere stato trascorso da Agostino per lo più nella solitudine della sua stanza da lavoro o nelle conversazioni con gli amici e con il figlio.

Si aggiunga che egli si sentiva ormai del tutto staccato dall'Italia, in procinto di recarsi in Africa per compiervi il definitivo distacco dal mondo.

L'inverno era passato relativamente tranquillo. Teodosio non aveva dato nessuna risposta decisiva all'ambasceria che Massimo gli aveva mandato, presentandosi come il campione della fede nicena contro Valentiniano II, ma aveva protetto questi e cercava di ricondurlo all'ortodossia. Intanto raccoglieva un formidabile esercito. Nel gennaio, Massimo, che non poteva farsi molte illusioni, si era impadronito di Roma. Tutti sentivano inevitabile e prossimo lo scontro da cui sarebbero dipese le sorti dell'impero.

Gli eserciti si preparavano a fronteggiarsi nella penisola balcanica. Massimo tentò, come con Graziano, di ottenere la diserzione dei barbari che militavano sotto Teodosio e fu scoperto anche un tentativo di ucciderlo. Ma Teodosio riuscì a forzare il passaggio della Sava, riportando una seconda vittoria a Petovione. Inseguì Massimo fino ad Aquileia, costringendolo ad arrendersi: i soldati per indurre un atto di clemenza di Teodosio lo uccisero. Era la fine del luglio 388 e poco dopo Agostino e i suoi compagni sbarcavano tranquillamente a Cartagine.