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CICLo AGOSTINIANo del Chiostro dei Morti a firenze

Agostino allunga un trave quanto necessario

Agostino allunga un trave quanto necessario

 

 

ULIVELLI COSIMO

1625-1705

Chiostro dei Morti del Convento di S. Spirito a Firenze

 

Agostino allunga un trave quanto necessario

 

 

 

"Nella Vigesima ottava dipinta dal Sudeto Ulivelli si osserva il miracolo che fece il Santo di fare allungare una trave quanto era bisogno, tirando quella con le mani l'istesso, ed un suo religioso per poterla porre in opera in congiuntura di fabbricare una Chiesa."

La scena della lunetta è poco leggibile. Il suo contenuto richiama un miracolo di sant'Agostino, che l'anonimo scrittore settecentesco propone alla nostra attenzione e che, nella sua interpretazione, sarebbe certamente la prima volta a comparire nella iconografia agostiniana. Non si conoscono del resto altre testimonianze medioevali che narrano lo stesso episodio: sant'Agostino avrebbe allungato un trave tirandolo con le mani, assieme ad un suo monaco, quanto era necessario perché potesse essere messo in opera nella costruzione di una chiesa. Nella scena, piuttosto compromessa, si osservano in effetti due personaggi che reggono un trave e cercano di posizionarlo, mentre tutto intorno si notano particolari di un cantiere in costruzione.

Questo miracolo potrebbe essere piuttosto accostato al miracolo di cui parla lo storico agostiniano Luigi Torelli e prima di lui ne discute F. A. Stabiano nel suo Tempio eremitano de Santi e Beati dell'Ordine Agostiniano del 1608. Nella leggenda Agostino appare in carne e ossa per sorreggere una torre che minacciava di cadere a Cagliari sul bordo del mare, mentre due uomini sfuggono al pericolo dopo aver invocato il suo nome. Inoltre, mentre Agostino era intento a costruire una cella eremitica, trovò un trave troppo corto. Con una benedizione, il santo gli aggiunse la lunghezza sufficiente. Da più di 1300 anni si cavano reliquie da questo trave senza che si deteriori. Presenta un rivestimento a tre strati: d'argento, di bronzo e di ferro. Una delle chiavi era tenuta dal vicerè di Sardegna a Cagliari, un'altra dal vescovo e l'ultima dal priore del convento.

LUIGI TORELLI, Secoli Agostiniani, Bologna 1630.

 

La tradizione cagliaritana vorrebbe dunque che questo luogo di culto fosse stato realizzato dallo stesso Sant'Agostino, di passaggio a Cagliari durante una traversata da Roma a Cartagine. A quel viaggio viene fatto risalire il singolare miracolo sopra citato. Mentre si costruiva il tetto della cappella, una delle travi portanti di ginepro si sarebbe rivelata troppo corta, gettando nella costernazione i confratelli del santo. Quest'ultimo invece non si perse d'animo: afferrò un capo del tronco mentre un suo compagno tirava dall'altra, finché esso non assunse la lunghezza necessaria. Al di là della leggenda si tratta di un particolare comunque importante, perché testimonia come prima del rifacimento tardo-gotico, l'unico storicamente attestato, esistesse sul posto una chiesa con copertura a capriate lignee, probabilmente romanica.

 

Le lunette con scene della vita di Agostino sono ubicate nel Chiostro dei Morti, costruito nel 1620 circa da Giulio Parigi e appartenente al complesso di Santo Spirito. Il ciclo di affreschi del Chiostro ha subito nel corso dei secoli gravi danneggiamenti. Nel 1890 le due lunette poste sopra la scalinata d'accesso alla Sagrestia sono andate in gran parte perdute a causa delle numerose infiltrazioni d'acqua, procurate dalla presenza di una terrazza scoperta collocata tra la Sagrestia stessa e il Chiostro, che non poteva essere chiusa perché fonte di luce per la Sagrestia. Inoltre nel 1895 Firenze venne colpita da un terremoto, che creò gravi danni sia alla Chiesa che al Chiostro, per cui dovettero intervenire i militari per effettuare un primo intervento di tamponamento.

Già nel 1914 si parla, nelle schede di inventario redatte dal Comune di Firenze, delle precarie condizioni di conservazione in cui versavano gli affreschi. Negli anni 1970-71 il restauratore Dino Dini decise di staccare una decina di lunette, scegliendo quelle maggiormente danneggiate, per restaurarle e successivamente collocarle su supporti di vetroresina. In un secondo tempo sono state ricollocate nella loro sede originale per ridare un'unità di lettura al Chiostro.

L'autore degli affreschi è riconosciuto in Cosimo Ulivelli (1625-1705)che tuttavia si avvalse della collaborazione di altri frescanti. Ulivelli fu un pittore di scuola barocca, attivo principalmente a Firenze dove lavorò come allievo del Volterrano. Dipinse tra l'altro gli affreschi che si trovano nella parte superiore della navata della Basilica della Santissima Annunziata a Firenze. Lavorò anche all'abside della abbazia di San Martino in Campo, distrutto durante i restauri degli anni '70 del Novecento.

 

Il Chiostro dei Morti

Oltre alla Chiesa, il complesso di Santo Spirito è composto dal convento e dai due Chiostri, detti dei Morti e Chiostro Grande. Dal vestibolo della Sagrestia, tramite una gradinata, si può scendere al primo chiostro, detto Chiostro dei Morti per la grande quantità di lapidi che ne affollano le pareti. L'antica vasca è rimasta intatta e può oggi essere ammirata al centro di Piazza Santo Spirito. Fu ricostruito attorno al 1620 dagli architetti Giulio Parigi e Alfonso Parigi il giovane. È di forma quadrata, con sette arcate a tutto sesto su ciascun lato, sostenute da massicci pilastri squadrati, che si prolungano al piano superiore in lesene inquadranti le finestre in successione. Ad ogni arcata corrisponde una lunetta decorata nel Seicento da vari artisti (Cosimo Ulivelli, Pier Maria Baldi, Atanasio Bimbacci, Paolo Gismondi, Stefano Cascetti, ecc.), alcune datate e firmate, con le Storie della vita di santi agostiniani.

Le lunette sono solo in parte restaurate, altre versano in uno stato di conservazione molto precario. Adiacente alla sagrestia si trova la Sala Capitolare, incorniciata sul fronte del chiostro dalle figure della Fede e della Speranza, datate, sopra la porta, al 1682. Sul lato sud si trova il vecchio Refettorio, oggi sede della Fondazione Romano del Cenacolo di Santo Spirito. I locali del Convento di Santo Spirito fanno parte del primo nucleo della Chiesa costruito da un gruppo di Eremiti Agostiniani a metà del XIII secolo. Il Convento lega strettamente la sua storia a quella della neonata cultura Umanistica. Fu infatti luogo di ritrovo per i maggiori letterati dell'epoca e proprio qui ebbero sede le prime compagnie di studiosi e umanisti. L'incendio che nel 1471 distrusse l'antico complesso agostiniano non risparmiò neanche il Convento.

 

Gli Agostiniani

La chiesa di Santo Spirito, situata nel quartiere dell'Oltrarno, la parte sud del centro storico, con la sua semplice facciata domina la piazza omonima. Fu costruita sui resti del duecentesco convento agostiniano distrutto da un incendio nel 1471. Nel 1250 due signori, Spinello Accolti e Omodeo di Guido, donarono al frate agostiniano Aldobrandino, residente in Arcetri, una casa e due vigne nella zona di Oltrarno per la costruzione di una chiesa, che venne originariamente dedicata, nel 1252, a Maria Vergine, allo Spirito Santo e a tutti i Santi. Nel 1269 una comunità di frati Agostiniani si insediò stabilmente a Firenze e iniziò la costruzione di una chiesa sul luogo dell'oratorio originario, dedicandola al "Santo Spirito". A quell'epoca la parte di città oltre il fiume era già inclusa nelle mura urbane dal 1173-1175. 

Nel 1287 il convento fiorentino aveva ospitato un importante Capitolo generale degli Agostiniani e nel 1284 era stato nominato "Studio generale dell'Ordine", divenendo un istituto superiore di studi teologici e filosofici. Per accogliere la folla che assisteva alle loro prediche venne presto creata, dal 1292, la primitiva piazza Santo Spirito. Ricercatissima era la ricca biblioteca, che in un inventario del 1450 arrivò a contare 577 manoscritti. Il convento era frequentato da intellettuali e artisti: Francesco Petrarca instaurò un intenso rapporto con fra' Dionigi da Borgo San Sepolcro, il quale gli permise di studiare i testi rari presenti in convento: grazie a queste frequentazioni Petrarca si avvicinò alla figura di sant'Agostino, che scelse come suo ideale interlocutore nel Secretum (1342-1434), ispirato alle Confessioni. Anche Giovanni Boccaccio frequentò il convento stringendo una stretta amicizia con fra' Martino da Signa: proprio agli Agostiniani di Santo Spirito lasciò in eredità la propria, ricca biblioteca personale.