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CICLo AGOSTINIANo del Chiostro dei Morti a firenze

Chiostro dei Morti in Santo Spirito a Firenze

Chiostro dei Morti in Santo Spirito a Firenze

 

 

ULIVELLI COSIMO

1639-1705

Chiostro dei Morti del Convento di S. Spirito a Firenze

 

Storia della Vita di sant'Agostino e di santi agostiniani

 

 

 

Le lunette con scene della vita di Agostino sono ubicate nel Chiostro dei Morti, costruito tra la fine del Cinquecento e la metà del Seicento da Giulio Parigi e appartenente al complesso di Santo Spirito. Il ciclo di affreschi del Chiostro ha subito nel corso dei secoli gravi danneggiamenti. Nel 1890 le due lunette poste sopra la scalinata d'accesso alla Sagrestia sono andate in gran parte perdute a causa delle numerose infiltrazioni d'acqua, procurate dalla presenza di una terrazza scoperta collocata tra la Sagrestia stessa e il Chiostro, che non poteva essere chiusa perché fonte di luce per la Sagrestia. Inoltre nel 1895 Firenze venne colpita da un terremoto, che creò gravi danni sia alla Chiesa che al Chiostro, per cui dovettero intervenire i militari per effettuare un primo intervento di tamponamento.

Già nel 1914 si parla, nelle schede di inventario redatte dal Comune di Firenze, delle precarie condizioni di conservazione in cui versavano gli affreschi. Negli anni 1970-71 il restauratore Dino Dini decise di staccare una decina di lunette, scegliendo quelle maggiormente danneggiate, per restaurarle e successivamente collocarle su supporti di vetroresina. In un secondo tempo sono state ricollocate nella loro sede originale per ridare un'unità di lettura al Chiostro.

L'autore degli affreschi è riconosciuto in Cosimo Ulivelli (1625-1705) che tuttavia si avvalse della collaborazione di altri frescanti. Ulivelli fu un pittore di scuola barocca, attivo principalmente a Firenze dove lavorò come allievo del Volterrano. Dipinse tra l'altro gli affreschi che si trovano nella parte superiore della navata della Basilica della Santissima Annunziata a Firenze. Lavorò anche all'abside della abbazia di San Martino in Campo, distrutto durante i restauri degli anni '70 del Novecento.

 

Il Chiostro dei Morti

Oltre alla Chiesa, il complesso di Santo Spirito è composto dal convento e da due Chiostri, detti dei Morti e Chiostro Grande. Dal vestibolo della Sagrestia, tramite una gradinata, si può scendere al primo chiostro, detto Chiostro dei Morti per la grande quantità di lapidi che ne affollano le pareti. La sua denominazione storica più corretta è quella di "Chiostro di san Nicola da Tolentino" per la grande statua che vi era collocata al centro sopra la vasca, che è rimasta intatta e può oggi essere ammirata al centro di Piazza Santo Spirito dopo il suo trasferimento nel 1812 ad opera dell'architetto Giuseppe Del Rosso. Il chiostro oggi è noto anche come "Chiostro dei morti" per le molte lapidi e sepolture che vi sono conservate.

Fu costruito tra la fine del Cinquecento e la metà del Seicento dagli architetti Alfonso Parigi e dal figlio Giulio. È di forma quadrata, con sette arcate a tutto sesto su ciascun lato, sostenute da massicci pilastri squadrati, che si prolungano al piano superiore in lesene inquadranti le finestre in successione. Ad ogni arcata corrisponde una lunetta decorata nel Seicento da vari artisti (Cosimo Ulivelli, Pier Maria Baldi, Atanasio Bimbacci, Paolo Gismondi, Stefano Cascetti, ecc.), alcune datate e firmate, con le Storie della vita di santi agostiniani.

Le lunette sono solo in parte restaurate, altre versano in uno stato di conservazione molto precario. Adiacente alla sagrestia si trova la Sala Capitolare, incorniciata sul fronte del chiostro dalle figure della Fede e della Speranza, datate, sopra la porta, al 1682. Sul lato sud si trova il vecchio Refettorio, oggi sede della Fondazione Romano del Cenacolo di Santo Spirito. I locali del Convento di Santo Spirito fanno parte del primo nucleo della Chiesa costruito da un gruppo di Eremiti Agostiniani a metà del XIII secolo. Il Convento lega strettamente la sua storia a quella della neonata cultura Umanistica. Fu infatti luogo di ritrovo per i maggiori letterati dell'epoca e proprio qui ebbero sede le prime compagnie di studiosi e umanisti. L'incendio che nel 1471 distrusse l'antico complesso agostiniano non risparmiò neanche il Convento.

 

Gli Agostiniani

La chiesa di Santo Spirito, situata nel quartiere dell'Oltrarno, la parte sud del centro storico, con la sua semplice facciata domina la piazza omonima. Fu costruita sui resti del duecentesco convento agostiniano distrutto da un incendio nel 1471. Nel 1250 due signori, Spinello Accolti e Omodeo di Guido, donarono al frate agostiniano Aldobrandino, residente in Arcetri, una casa e due vigne nella zona di Oltrarno per la costruzione di una chiesa, che venne originariamente dedicata, nel 1252, a Maria Vergine, allo Spirito Santo e a tutti i Santi. Nel 1269 una comunità di frati Agostiniani si insediò stabilmente a Firenze e iniziò la costruzione di una chiesa sul luogo dell'oratorio originario, dedicandola al "Santo Spirito". A quell'epoca la parte di città oltre il fiume era già inclusa nelle mura urbane dal 1173-1175. 

Nel 1287 il convento fiorentino aveva ospitato un importante Capitolo generale degli Agostiniani e nel 1284 era stato nominato "Studio generale dell'Ordine", divenendo un istituto superiore di studi teologici e filosofici. Per accogliere la folla che assisteva alle loro prediche venne presto creata, dal 1292, la primitiva piazza Santo Spirito. Ricercatissima era la ricca biblioteca, che in un inventario del 1450 arrivò a contare 577 manoscritti. Il convento era frequentato da intellettuali e artisti: Francesco Petrarca instaurò un intenso rapporto con fra' Dionigi da Borgo San Sepolcro, il quale gli permise di studiare i testi rari presenti in convento: grazie a queste frequentazioni Petrarca si avvicinò alla figura di sant'Agostino, che scelse come suo ideale interlocutore nel Secretum (1342-1434), ispirato alle Confessioni. Anche Giovanni Boccaccio frequentò il convento stringendo una stretta amicizia con fra' Martino da Signa: proprio agli Agostiniani di Santo Spirito lasciò in eredità la propria, ricca biblioteca personale.

 

 

Il ciclo iconografico

Un autore anonimo settecentesco così descrive l'intero ciclo di Santo Spirito:

Pitture, che vedonsi nel Primo chiostro della Chiesa e Convento di S. Spirito, Principiando dalla Prima lunetta, che trovasi a entrar dentro dalla Porta della Piazza.

Vedesi il Dottore della Chiesa S. Agostino in atto di adorare la figura della Fede dipinta dal Perugino non già dall'antico Perugino, che fu maestro del famoso Raffaello

Nella Seconda Lunetta si osserva dipinto da Cosimo Ulivelli quando S. Tommaso da Villanuova provvedé i P.P. di S. Francesco di pane avendo per lume divino veduta d'essi la mancanza.

Nella Terza si mira effigiato da Giovanni Perini il miracolo che fece l'istesso S. Tommaso di sanare un fanciullo, che mortalmente era stato offeso da un Carro.

Nella Quarta dipinta da Niccolò Nannetti, si vede la Sanità d'un infermo di nove mesi recuperata per invocazione di S. Tommaso.

Nella Quinta si osserva effigiato da Anastasio Bimbacci un Sacerdote di mala vita, convertito a Dio per le penitenze fatte da S. Tommaso.

Nella Sesta dipinta da Cosimo Ulivelli si mira la moltiplicazione del grano per le limosine fatte da S. Tommaso.

Nella Settima effigiata da Niccolò Nannetti si vede una Indemoniata liberata mediante i digiuni fatti dal Medesimo Santo.

Nella Ottava dipinta da Giovanni Bagnoli si vede una Donna, che per più orazioni fatte al Sepolcro del Santo, ottiene la vita ad un suo figliuolo defunto.

Nella Nona delineata da Stefano Cascetti vedonsi parte delle Religioni erette a S. Agostino.

Di poi trovasi la Porta per la quale s'entra nell' Atrio, che esiste avanti d'entrare in Sagrestia, e sopra di essa si osserva dipinto da Cosimo Ulivelli quando San Giovanni da San Facondo in atto di celebrare, vedendo così chiaramente la Santissima Trinità rimaneva estatico.

Nella Undecima pur dello stesso pittore si vede il miracolo di quando restarono precipitati dai propri Cavalli due Sicarii, che avevano tentato dar la morte al predetto S. Giovanni.

Nella Duodecima dipinta da Giovanni Perini si osserva quando S. Giovanni fu assalito con i sassi da molte dame che in una Predica erano state delle loro vanità riprese e sgridate.

Nella Decima Terza effigiata da Cosimo Ulivelli si vede risanato un fanciullo gobbo, essendo celebrata una Messa in onore di S. Giovanni.

Nella Decima quarta, dipinta da Niccolò Nannetti si mira un gran numero di popolo, sanato dalla peste colle proprie mani dal Santo.

Nella facciata della Stanza del Capitolo vedonsi le due Seguenti Lunette delineate da Pier Dandini, che nella prima una Donna Sepolta fra le rovine, e doppo quaranta ore, ne vien tratta illesa, e nella Seconda S. Giovanni, che libera alcuni naviganti da imminente naufragio, di poi entrando in Capitolo, si vede nell' Altare un Cristo di Rilievo, posto in mezzo dalla Santissima Vergine e da S. Giovanni, ed ai piedi genuflesse S. Maria Maddalena tutte figure dipinte a fresco da Antonio Domenico Gabbiani, e sotto l'Altare vi era una Pietà pure, che era dipinta dal medesimo, ma di poi permutata in quella che vi è di Presente dipinta da Antonio Puglieschi.

Nella decima Settima lunetta si osserva delineato da Giovanni Perini il miracolo, che fece S. Giovanni di Sanare col segno della Croce una ferita mortale stata abbandonata dai Medici.

Nella Decima Ottava effigiata dalI'Ulivelli, si vede altro miracolo fatto da medesimo santo di rendere ad una Madre viva una sua figliola morta.

Seguitando l'ordine delle Navate:

Nella decima nona di mira dipinto da Jacopo Bottegi il martirio di S. Antonino Re di Appamia.

Nella ventesima effigiata da Cosimo Ulivelli si osserva un devoto di S. Niccola da Tolentino, che tagliatasi una gamba resta sano per intercessione del Santo.

Nella Vigesima prima pure dipinta dal Sudeto in essa si vede, che mentre molti si affaticavano per trovar l'acqua per fare una fabbrica, miracolosamente scaturisce quella da una canna piantata in terra da S. Niccola.

Nella Vigesima Seconda dimostrò il medesimo pittore, quando il Santo facendo orazione vien percosso dal Demonio.

Nella Vigesima Terza pure effigiata dal Ulivelli si mira il S. Niccola, che col Segno della Croce risuscita due pernici cotte arrosto, e quella alzando il volo partirsi.

Nella Vigesima Quarta, e dello stesso pittore si vede la liberazione, che segui della città di Cordova dal mal contagio, essendo che portata processionalmente la Statua rappresentante la figura del Santo incontrando l'immagine di Gesù Crocifisso, questo si staccò dalla Croce in cui era confitta, ed abbracciò la Sudeta Statua.

Nella Vigesima Quinta dipinta dal Medesimo Ulivelli si vede il pane portato dal Santo per soccorrere i poveri, cangiato in rose, alla presenza del Suo Superiore.

Nella Ventiseesima dipinta dal Baldi si vede il Battesimo di S. Agostino datoli da S. Ambrogio.

Nella Ventisettesima effigiata dal Sudeto Ulivelli si vede S. Agostino in atto di contemplare l'alto mistero della Santissima Trinità alla Spiaggia del mare, dove gl'appare un fanciullo, che con conchiglia in mano pretendeva di porre l'istesso mare in una piccola buca da esso fatta in terra, ed essendoli detto dal Santo, che si metteva a fare un impossibile, ebbe per risposta dal Medesimo fanciullo esser anco per lui impossibile intendere l'alto mistero della Santissima Trinità, e così parlando disparve.

Nella Vigesima ottava dipinta dal Sudeto Ulivelli si osserva il miracolo che fece il Santo di fare allungare una trave quanto era bisogno, tirando quella con le mani l'istesso, ed un suo religioso per poterla porre in opera in congiuntura di fabbricare una Chiesa.

Nella Vigesima nona si vede da Anastasio Bimbaccj rappresentato, che doppo lunga orazione fatta dal Sudetto S. Agostino, merita vedere in Spirito S. Geronimo.

Nella Trentesima si mira effigiata da Giovanni Cinqui la nobil composizione fatta del Te Deum dai SS. Ambrogio, ed Agostino un versetto da ciascheduno.

Nella Trigesima Prima dipinta da Giovanni Perini si vede la vittoria ottenuta da Francesco Gonzaga avendo fatto voto a S. Agostino.

Nella Trigesima Seconda effigiata dal Bimbacci mirasi S. Agostino infermo, che tocca un malato, e gli dà la salute.

Nella Trigesima terza dipinta dal Nannetti si osserva la Conversione del Santo sentendo dal cielo Pronunziarsi Tolle Lege, Tolle Lege.

Nella Trigesima Quarta delineata da Giovanni Bagnoli si mira S. Agostino, che risana una piaga, che obbligava venire al taglio, e nell'Ultima, che è sopra della Porta per la quale si esce fuori si vede dipinto da Cosimo Ulivelli, il Sommo, e Santo Pontefice Leone, che colle Sue Umili Pregi, rintuzza l'orgoglio di Attila Re degl'Unni entrando quella a riscontrare presso al Fiume Mincio, che corre per la Città di Mantova, per la quale passava non solo per soggiogare la Città di Roma ma ancora il mondo tutto.