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CICLo AGOSTINIANo di Marzio Ganassini a Viterbo

Affreschi di Ganassini nel chiostro della chiesa della SS. Trinità: Il battesimo di Agostino

Il battesimo di Agostino: particolare di Agostino, Ambrogio e Simpliciano

 

 

MARZIO GANASSINI

1610

Chiostro della Chiesa della SS. Trinità a Viterbo

 

Il battesimo di Agostino

 

 

 

L'iscrizione in margine al dipinto riporta: Sevorum Christi cupiens imitarier acta sacra delet aqua veteris contagia culpae. La scena si svolge in una grande chiesa, davanti all'altare: manca il fonte battesimale. Agostino, seminudo, occupa lo spazio centrale con la sua figura muscolosa e imponente. Si intravede chiaramente la figura di Simpliciano, vecchio e con il saio nero, che assiste al battesimo che viene impartito dal vescovo Ambrogio, che alza paternamente in alto il suo braccio destro. Stranamente non è stata raffigurata Monica, nè sembra di intravedere gli amici di Agostino: in basso a sinistra ci sono persone che guardano la scena, mentre in alto a sinistra c'è un bel coro di chierici che sta cantando. Imponente la struttura architettonica, suddivisa su più piani, che largo ricorso alla prospettiva.

 

Milano fu la tappa decisiva della conversazione di Agostino. Qui ebbe l'opportunità di ascoltare i sermoni di Ambrogio che teneva regolarmente in cattedrale, ma se le sue parole si scolpivano nel cuore di Agostino, fu la frequentazione con un anziano sacerdote, san Simpliciano, che aveva preparato Ambrogio all'episcopato, a dargli l'ispirazione giusta; il quale con fine intuito lo indirizzò a leggere i neoplatonici, perché i loro scritti suggerivano "in tutti i modi l'idea di Dio e del suo Verbo". Un successivo incontro con sant'Ambrogio, procuratogli dalla madre, segnò un altro passo verso il battesimo; fu convinto da Monica a seguire il consiglio dell'apostolo Paolo, sulla castità perfetta, che lo convinse pure a lasciare la moglie, la quale secondo la legge romana, essendo di classe inferiore, era praticamente una concubina, rimandandola in Africa e tenendo presso di sé il figlio Adeodato (ci riesce difficile ai nostri tempi comprendere questi atteggiamenti, così usuali per allora).

A casa di un amico Ponticiano, questi gli aveva parlato della vita casta dei monaci e di s. Antonio abate, dandogli anche il libro delle Lettere di S. Paolo; ritornato a casa sua, Agostino disorientato si appartò nel giardino, dando sfogo ad un pianto angosciato e mentre piangeva, avvertì una voce che gli diceva "Tolle, lege, tolle, lege" (prendi e leggi), per cui aprì a caso il libro delle Lettere di S. Paolo e lesse un brano: "Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie. Rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri" (Rom. 13, 13-14).

Dopo qualche settimana ancora d'insegnamento di retorica, Agostino lasciò tutto, ritirandosi insieme alla madre, il figlio ed alcuni amici, ad una trentina di km. da Milano, a Cassiciaco, l'attuale Cassago Brianza, in meditazione e in conversazioni filosofiche e spirituali; volle sempre presente la madre, perché partecipasse con le sue parole sapienti. Nella Quaresima del 386 ritornarono a Milano per una preparazione specifica al Battesimo, che Agostino, il figlio Adeodato e l'amico Alipio. Il giorno di Pasqua Agostino ricevette il battesimo insieme all'amico Alipio che era stato convertito dalle prediche di S. Ambrogio, e ad Adeodato, figlio dello stesso Agostino, natogli mentre era ancora filosofo pagano. Allora S. Ambrogio secondo quello che lui stesso dice, gridò: Te Deum laudamus. S. Agostino seguitò: Te Dominum confitemur.

 

 

Giunto il momento in cui dovevo dare il mio nome per il battesimo, lasciammo la campagna e facemmo ritorno a Milano. Alipio volle rinascere anch'egli in te con me. Era già rivestito dell'umiltà conveniente ai tuoi sacramenti e dominava così saldamente il proprio corpo, da calpestare il suolo italico ghiacciato a piedi nudi, il che richiede un coraggio non comune. Prendemmo con noi anche il giovane Adeodato, nato dalla mia carne e frutto del mio peccato. Tu l'avevi ben fatto. Era appena quindicenne e superava per intelligenza molti importanti e dotti personaggi.

AGOSTINO, Confessioni 9, 6, 14