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PITTORI: Johann Sigmund Müller

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JOHANN SIGMUND MULLER

1705-1707

Třeboň, monastero agostiniano, chiostro

 

Estasi di Ostia

 

 

 

L'estasi in Ostia è tradizionalmente un avvenimento dove si esplicita la contemplazione di Agostino e sua madre Monica. Agostino descrive l'episodio nel libro Nono delle Confessioni. A Ostia alle foci del Tevere, dove Agostino con sua madre e l'amico Evodio si erano fermati in attesa del loro ritorno in Africa, una sera madre e figlio si sedettero insieme vicino alla finestra che guardava sul giardino. L'argomento della conversazione si sviluppa attorno alla felicità della vita futura, che non può essere paragonata ai piaceri dei sensi o alla bellezza corporea. Questa conversazione è in realtà un presagio della morte di Monica, che confida a suo figlio che, diventando cristiano, ha soddisfatto il desiderio della sua vita e quindi non c'è più motivo di rimanere nel mondo terreno. Lo sforzo del pittore ha cercato di catturare l'intimità del momento tra figlio e madre, che lo cercato per tutta la vita con la sua fede cristiana conducendolo a una vita certamente più dignitosa. La coppia è posizionata in un angolo dell'apertura interna sulla terrazza. L'ardente conversazione che hanno tra loro li avvicina e ne vediamo il riflesso nelle loro pose. Entrambi hanno dei libri in grembo e nel calore della conversazione si avvicinano inclinati, in modo che le parole non debbano viaggiare così a lungo prima di raggiungere l'altro, tanto che la loro armonia non venga disturbata. Sottolineano la sincerità delle loro parole con un gesto della mano attaccato al petto. Sfortunatamente l'immagine di Monica è gravemente danneggiata, anche se il degrado non ostacola in modo significativo la sua valutazione. Nelle parti centrali tuttavia degrada il tono dell'immagine e la sua mano destra manca completamente del colore dell'incarnato. Secondo la tradizione iconografica comune Monica viene presentata come suora. Davanti alla coppia si trova un cane, sul cui colletto possiamo leggere di nuovo la data 1706. Vicino al paese che si apre nella parte sinistra del dipinto, il pittore ha collocato l'incontro di un gruppo di monaci con Agostino, che può essere identificato come una conversazione con gli eremiti a Monte Pisano, che si trova anche in Bolswert ma è spostato nella incisione dell'incontro di Agostino con un bambino sulla spiaggia.

 

10.23. Incombeva il giorno in cui doveva uscire da questa vita - e tu lo conoscevi quel giorno, noi no. Accadde allora per una tua misteriosa intenzione, credo, che ci trovassimo soli io e lei, affacciati a una finestra che dava sul giardino interno della casa che ci ospitava, là nei pressi di Ostia Tiberina, dove c'eravamo appartati lontano da ogni trambusto, per riposarci della fatica di un lungo viaggio e prepararci alla navigazione. Conversavamo dunque assai dolcemente noi due soli, e dimentichi del passato, protesi verso quello che ci era davanti ragionavamo fra noi, alla presenza della verità - vale a dire alla tua presenza. L'argomento era la vita eterna dei beati, la vita che occhio non vide e orecchio non udì, che non affiorò mai al cuore dell'uomo. Noi eravamo protesi con la bocca del cuore spalancata all'altissimo flusso della tua sorgente, la sorgente della vita che è in te, per esserne irrigati nel limite della nostra capacità, comunque riuscissimo a concepire una così enorme cosa.

- 24. E il nostro ragionamento ci portava a questa conclusione: che la gioia dei sensi e del corpo, per quanto vivida sia in tutto lo splendore della luce visibile, di fronte alla festa di quella vita non solo non reggesse il confronto, ma non paresse neppur degna d'esser menzionata. Allora in un impeto più appassionato ci sollevammo verso l'Essere stesso attraversando di grado in grado tutto il mondo dei corpi e il cielo stesso con le luci del sole e della luna e delle stelle sopra la terra. E ascendevamo ancora entro noi stessi ragionando e discorrendo e ammirando le tue opere, e arrivammo così alle nostre menti e passammo oltre, per raggiungere infine quel paese della ricchezza inesauribile dove in eterno tu pascoli Israele sui prati della verità. Là è vita la sapienza per cui sono fatte tutte le cose, quelle di ora, del passato e del futuro - la sapienza che pure non si fa, ma è: così come era e così sarà sempre. Anzi l'essere stato e l'essere venturo non sono in lei, ma solo l'essere, dato che è eterna: infatti essere stato ed essere venturo non sono eterni. Mentre così parliamo, assetati di lei, eccola... in un lampo del cuore, un barbaglio di lei. E già era tempo di sospirare e abbandonare lì le primizie dello spirito e far ritorno allo strepito della nostra bocca, dove la parola comincia e finisce. E cosa c'è di simile alla tua Parola, al Signore nostro, che perdura in se stessa senza diventare vecchia e rinnova ogni cosa?

- 25. "Se calasse il silenzio, in un uomo, sopra le insurrezioni della carne, silenzio sulle fantasticherie della terra e dell'acqua e dell'aria, silenzio dei sogni e delle rivelazioni della fantasia, di ogni linguaggio e di ogni segno, silenzio assoluto di ogni cosa che si produce per svanire" - così ragionavamo - "perché ad ascoltarle, tutte queste cose dicono: 'Non ci siamo fatte da sole, ma ci ha fatte chi permane in eterno'; se detto questo dunque drizzassero le orecchie verso il loro autore, e facessero silenzio, e lui stesso parlasse non più per bocca loro, ma per sé: e noi udissimo la sua parola senza l'aiuto di lingue di carne o di voci d'angelo o di tuono o d'enigma e di similitudine, no, ma lui stesso, lui che amiamo in tutte queste cose potessimo udire, senza di loro, come or ora con un pensiero proteso e furtivo noi abbiamo sfiorato la sapienza eterna immobile sopra ogni cosa: se questo contatto perdurasse e la vista fosse sgombrata di tutte le altre visioni di genere inferiore e questa sola rapisse e assorbisse e sprofondasse nell'intima beatitudine il suo spettatore, e tale fosse la vita eterna quale è stato quell'attimo di intelligenza per cui stavamo sospirando: non sarebbe finalmente questa la ventura racchiusa in quell'invito, entra nella gioia del tuo signore? E quando? Forse quando tutti risorgeremo, ma non tutti saremo mutati ?"

AGOSTINO, Confessioni, 9, 10, 23-25