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Iconografia AGOSTINIANa nella chiesa di san Marco a Milano

Il povero ammalato e i soldati sullo sfondo, particolare della Disputa tra sant'Ambrogio e sant'Agostino, tela di Procaccini nella chiesa agostiniana di san Marco a Milano

Il povero ammalato e i soldati sullo sfondo

 

 

CAMILLO PROCACCINI

1560 - 1629

Chiesa di San Marco a Milano

 

Il povero ammalato e i soldati sullo sfondo

 

 

 

L'opera è conservata presso la Chiesa di san Marco a Milano. Un'ampia scenografia fa da sfondo con ricchezza di personaggi al colloquio fra i due santi che parlano al centro della sala.

Nato a Bologna, Procaccini riceve la prima educazione pittorica dal padre Ercole Procaccini il Vecchio ed entra in contatto con la pittura della tarda Controriforma emiliana. Le sue prime opere sono eseguite a Bologna, poi segue il conte milanese Pirro Visconti Borromeo prima a Roma e poi a Milano. Lavora a Lainate, a Somma Lombardo, a Bellinzona, a Piacenza. Continuerà a lavorare con intensità fino alla morte. Interessanti sono due sue rappresentazioni di Agostino a Milano in san Marco e a Como.

 

 

L'autore e la scena del pentimento

L'autore ha provveduto a firmare la sua opera: alla base della colonna di destra del telero si scopre CAMILLUS PROCAC. Il quadro era già collocato nel 1619 quando viene citato da Gerolamo Borsieri. In assenza di dati archivistici è legittimo pensare che sia di committenza agostiniana, volta a evidenziare nei pressi dell'altare maggiore le vicende salienti della conversione del proprio fondatore. La qualità pittorica è altissima e va compresa all'interno di una griglia di riferimenti iconografici e culturali di grande spessore. Il primo elemento di rilievo è il taglio "milanese" degli episodi che sono avvenuti tutti a Milano: il palazzo arcivescovile e l'orto, identificato nel Seicento, con l'area su cui sarebbe sorta santa Maria Incoronata. La Comunità agostiniana milanese nel Seicento era molto attenta a rimarcare l'antichità e l'autorevolezza del proprio incardinamento milanese, anche come risposta al tentativo dell'arcivescovo di estendere la sua autorità a danno dei monaci regolari. Tutto ciò ha una logica ardita, capace di reinventare, o perlomeno di interpretare la tradizione: tipica la volontà di fare dell'Incoronata il tempio sulle rovine della "casa del tolle lege" (episodio peraltro visualizzato nel telero del Procaccini con tanto di iscrizione).

 

Ambrogio e Agostino

Il dipinto ha un forte valore didattico, evidente anzitutto negli atteggiamenti e nel vestiario dei due protagonisti Ambrogio ed Agostino. Ambrogio indossa la tenuta feriale, con veste e mozzetta violacee, camice bianco e berretto nero: egli è qui il pastore che insegna e disputa (esplicita la posizione delle mani, con la destra tesa nel discorso e la sinistra che indica il cielo), proteso nello sforzo di convincere razionalmente Agostino. Agostino appare con veste rosa e manto blu, mentre nella scena della penitenza è in camicia con Simpliciano che gli porge la veste e la cintura nera, e nel riquadro finale appare seminudo in un felice compromesso fra fedeltà filologica e pudori controriformati. Il progressivo spogliarsi del proprio orgoglio intellettuale è così visualizzato, ma al tempo stesso l'introduzione della veste agostiniana - con implicita affermazione della discendenza legittima dell'ordine da Agostino - consente una delle prime sottolineature pittoriche di un tema che avrà fortuna e cioè quello della veste imposta da Simpliciano ad Agostino in segno di penitenza e divenuta poi abito degli agostiniani, secondo una linea di lettura che culminerà nel 1665 con la Pala Laccioli di Ciro Ferri nella vicina chiesa dell'Incoronata.

Firma autografa di Procaccini, particolare della Disputa tra sant'Ambrogio e sant'Agostino, tela di Procaccini nella chiesa agostiniana di san Marco a Milano

Firma autografa di Procaccini

 

Il povero e i soldati

La presenza poi, nella scena della penitenza pubblica, di due facies consente di leggerla in termini di autodafè, e di rafforzare l'idea globale della tela come esposizione della missione della Chiesa, con la dialettica costante fra disputa apologetica-insegnamento, penitenza pubblica dei peccatori e amministrazione dei sacramenti. Una logica schiettamente antiprotestante (l'abbinamento apologia-sacramenti è canonica nella pubblicistica post tridentina), che va però letta alla luce di altre tre valenze: il ruolo degli armati, il tema pauperistico e quello antisemita. Personaggi di contorno in moltissimi dipinti lombardi di età barocca, gli armati sono stati in genere interpretati come semplice elemento decorativo, mentre vanno letti alla luce delle polemiche in età federiciana sul diritto vescovile di una propria milizia e più in generale dell'interpretazione controriformata del "braccio secolare". I poveri, il giovane malato e seminudo esprimono la forte attenzione al tema caritativo propria della cultura federiciana.

 

La disputa fra cristiani ed ebrei

Infine, una singolarità, che evidenzia l'accentuato eclettico citazionismo di Procaccini: in primo piano, a destra, un personaggio barbuto e velato discute, indicando la realtà umana, con un altro la cui destra tende al cielo. E' assai probabile che si tratti della visualizzazione di un tema caro alla cultura paleocristiana e medioevale, quello della disputa fra il dotto ebreo e il dotto cristiano, semmai aggiornato, con inversione dei tratti somatici delle figura di Aristotele e Platone nella raffaellesca Scuola di Atene. Da rilevare la figura di Monica che riproduce un prototipo della Vergine ampiamente diffuso attraverso le copie di opere di Luis de Morales e l'abile, prospettica articolazione spaziale che è resa singolare dal perno del semipilastro su alta base, che riprende la classica invenzione del Tibaldi. L'opera di Procaccini va certamente apprezzata facendo un confronto con quella del Cerano cui fa da pendant e di cui integra gli episodi milanesi della vita di Agostino. Procaccini e Cerano furono scelti perché rappresentavano nel primo Seicento il meglio della pittura milanese, capaci di esprimere in forme vitali e di grande sintesi il passaggio dal classicismo al barocco.