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PITTORI: Amico Aspertini

Il Compianto di Cristo fra i santi Marco, Agostino, Giovanni evangelista ed Antonio Abate

Il Compianto di Cristo fra i santi Marco, Agostino, Giovanni evangelista ed Antonio Abate

 

 

AMICO ASPERTINI

1519

Bologna, Basilica di san Petronio, cappella di san Lorenzo

 

Il Compianto di Cristo fra i santi Marco, Agostino, Giovanni evangelista ed Antonio Abate

 

 

 

La cappella di proprietà della famiglia Gargamelli, poi Ratta e infine della Fabbrica è stata ristrutturata nel 1908, quando fu riaperto il finestrone e vennero posti sopra l'altare un busto di San Lorenzo, eseguito da Giuseppe Romagnoli, e la tela di Amico Aspertini risalente al 1519, che raffigura una Pietà fra i santi Marco, Agostino, Giovanni evangelista ed Antonio Abate.

La pala, dalle dimensioni di cm 181x266, dipinta a tempera su tela, fu giudicata dalla critica seicentesca "uno spegazzo", cioè uno sgorbio per l'esecuzione abbreviata e sbrigativa, tuttavia è stata invece rivalutata dalla critica moderna per la sua drammatica potenza e per la sua incredibile espressività. Sul lato orizzontale inferiore si nota l'iscrizione sacra SALVA NOS FONS PIETATIS. La moderna ancona in legno dorato è in stile rinascimentale, mentre il paliotto, in bazzana bulinata e dipinta, è della fine del XVII secolo. Sulla parete di sinistra della cappella si trova un pregevole Crocifisso ligneo del 1462, proveniente dal monastero del Corpus Domini di Bologna. Sulla destra è appesa una grande pala rappresentante i santi Erasmo e Lorenzo martiri, di Jacopo Alessandro Calvi detto il Sordino (1795 circa) realizzato per l'altare di questa stessa cappella, su cui rimase sino al 1908.

L'opera è stata ricollocata nella quinta cappella di destra, ove è sempre stata esposta. Al Compianto è stato poi affiancato il Dio creatore che costituiva la parte superiore di un unico dipinto, posizionato nella stessa cappella, ma successivamente trasformato, in un imprecisato momento storico, in due opere distinte.

 

La Pietà e Santi è una pittura a tempera su tela, il cui cromatismo originale è stato compromesso dalle ridipinture e dalla verniciatura. Il dipinto, nel panorama artistico bolognese del Cinquecento, non segue la regola dell'equilibrio e della compostezza perfette del Rinascimento. Nonostante l'opera sia concepita nel panorama classicista riferito a Raffaello, alcuni elementi esprimono un vero e proprio anticlassicismo. Nell'opera di Aspertini alla visione armoniosa e serena di Raffaello si sostituisce una scena aspra e drammatica. A livello compositivo la simmetria di fondo è distorta dalla diagonale, che dall'angolo in basso a destra, trascina lo sguardo dello spettatore verso l'angolo opposto in alto a sinistra, per incontrare lo sguardo di san Marco. La durezza, l'angolosità e la forzatura espressiva, sono contraddittori rispetto alla visione elegante e sobria di Raffaello. La luce solare è trasformata in un un cielo scuro e tempestoso che accentua il senso della tragedia. Questo notturno inquietante, il dinamismo compositivo, le fisionomie, gli atteggiamenti nervosi, mostrano piuttosto un legame profondo con la cultura tedesca. La Madonna, quasi di profilo, col volto nascosto dal manto, e il Cristo sul grembo rinviano alla scultura dell'area renana e borgognona. San Giovanni è una figura del tutto sbilanciata, come risucchiata da una forza esterna, ha un profilo dai tratti marcati, quasi caricaturali, i capelli lunghi e spettinati. I panneggi delle vesti dei personaggi sembrano mosse da una strana agitazione e appaiono più scolpiti che dipinti. A tutto ciò va aggiunta l'impronta immaginativa e fantastica tipica di Amico: i cirri nel cielo nerastro che formano misteriose linee circolari, lo squarcio rotondo tra le nubi, da cui filtrano i raggi divini.

 

 

 

Amico Aspertini

Il pittore nasce a Bologna tra il 1473 e il 1475 e apprende i primi rudimenti artistici nella bottega del padre Giovanni Antonio. Le prime testimonianze del suo lavoro a Bologna risalgono al 1503 e in breve tempo conquista la fiducia delle più prestigiose famiglie della città. Nel 1504 realizza la Pala del Tirocinio per la Chiesa dei santi Girolamo ed Eustachio e dalla fine del 1505 partecipa alla realizzazione del ciclo di affreschi con Storie di Santa Cecilia nell'oratorio dedicato alla Santa, su commissione della famiglia Bentivoglio. Dopo la cacciata dei Bentivoglio da Bologna, si trasferisce per un breve periodo a Lucca, ma già nel 1510 si trovano testimonianze della lunga collaborazione che prestò alla Fabbriceria della Basilica di San Petronio. A questa data risale il David scolpito nel sottarco della Porta Magna, con il suo panneggio mosso e vibrante, il suo espandersi oltre la cornice, decorata da mostri e cavallucci marini. Per le porte minori, invece, realizza nel 1524 il rilievo raffigurante il “Seppellimento della moglie di Giacobbe”, di cui colpisce il pathos violento e drammatico. La stessa intensità emotiva la ritroviamo nella “Deposizione di Cristo”, scolpito per la lunetta della porta di destra, dove i volti di Cristo e Nicodemo sono deformati dalla sofferenza e dal dolore. All'interno della basilica si può ancora ammirare la "Pietà tra Santi", voluta dalla famiglia Marsili per la cappella di famiglia, dedicata a Sant'Ambrogio. L'affresco della Resurrezione di Cristo per la Cappella della Madonna della Pace è invece stato perduto. Amico Aspertini ha anche dipinto, nel 1531, quattro storie della vita di San Petronio sulle fiancate della cassa di contenimento dell'organo costruito da Lorenzo da Prato.