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PITTORI: Cardisco Mario

Agostino in gloria parla agli eretici opera di Cardisco Mario

Agostino in gloria parla agli eretici

 

 

CARDISCO MARCO

1486-1542

Pinacoteca Nazionale di Capodimonte a Napoli

 

Agostino in gloria parla agli eretici

 

 

 

La tela, opera del pittore calabrese Mario Cardisco, di scuola napoletana, è conservata alla Pinacoteca Nazionale di Capodimonte a Napoli. Il soggetto è piuttosto enfatico e ci presenta Agostino con i suoi attributi vescovili che troneggia dall'alto su una folla di persone che stanno ad ascoltare la sua parola, mentre spiega il Vangelo e le Sacre Scritture. La scritta in alto, sorretta da due angeli in volo, riporta: Adorabunt in conspectu eius universae familiae gentium.

La scena è maestosa, potente, anche po' drammatica nel suo poderoso sviluppo di corpi che si accalcano e si cingono attorno al santo ponendo grande attenzione ai suoi discorsi. Tra le opere giovanili dello stesso autore ricordiamo la tavola con l'Adorazione dei Magi (1519 circa), un tempo ubicata sull'altare maggiore della Cappella Palatina, dove sono raffigurati nelle vesti dei Magi, Ferrante I, Alfonso II d'Aragona e Carlo V. Altra pregevole opera è conservata a Molfetta nella cattedrale nuova, nella cui cappella di Sant'Anna si conserva una sua Dormitio Virginis.

Suo discepolo fu Pietro Negroni. Marco Cardisco, nominato per la sua popolarità Marco il Calabrese, fu un ammirato e ricercato pittore del Cinquecento. Il Vasari non fa cenno alcuno sul luogo di nascita del Cardisco, ma N. Morelli, autore di un libro intitolato "Vita de' re di Napoli con lo Stato delle Scienze e delle Arti", pubblicato a Napoli nel 1849, lo dice nato "a Tiriolo di Calabria nel 1486".

 

Cardisco Mario (1486-1542)

La vita e le opere

Il giovane Cardisco, detto pure Marco Calavrese, era di bella presenza, intelligente, irrequieto; amava la musica e dimostrava una particolare tendenza per la pittura. Non potendo trovare a Tiriolo una scuola di pittura, decise, col consenso del padre, di portarsi a Roma. Il Vasari però afferma che il Cardisco non si recò mai a Roma. Nel corso del viaggio fece tappa a Napoli, una città che lo incantò. Valente suonatore di liuto, non tardò ad unirsi alle allegre brigate. Il Vasari dice: "uscito della sua patria, elesse come ameno e pieno di dolcezza per sua abitazione Napoli, se bene indrizzato aveva il camino per venirsene a Roma. Restò prigioniero di questo Sito, finché rese lo spirito al cielo e dalla terra mortale". Insomma, il biografo assume l'opinione che il Cardisco, nel volersi portare alla volta di Roma, sia prima giunto a Napoli; e che lì, dov'era "dolce il canto della Serena, dilettandosi egli massimamente di sonare di liuto", si sia fermato per tutta la sua vita; senza mai più uscirne. Una tesi, questa, che risulterebbe smentita; se non altro da un suo soggiorno romano di formazione. Altri scrittori affermano che egli fu discepolo del pittore Polidoro Caldara, che aveva la bottega a Roma, e che venne a Napoli nel 1527 per sfuggire al famoso Sacco dei Lanzichenecchi. Cardisco incominciò a dipingere a Napoli dopo il 1530. A Napoli si fece presto conoscere: era già un artista di grande capacità; la sua arte infatti era maturata e si era affermata.

Nella città partenopea svolse in maniera costante la sua attività di pittore nelle chiese, nei palazzi, a fare ritratti, a ricoprire tavole con le immagini di Madonne e Santi. Oltre che a Napoli lavorò ad Aversa e a Cava dei Tirreni. La sua attività fu così apprezzata che riuscì a fare una propria bottega. La vita che condusse fu alquanto scapigliata. Il Vasari sintetizza il suo modo di vivere con queste lapidarie parole: "visse di continuo allegramente e bellissimo tempo si diede". Se lo poteva permettere perché, continua il Vasari, "dalle sue cose si fece con buonissimi pagamenti soddisfare". Lo stesso Vasari nella sua biografia gli riconosce ampi meriti artistici e scrisse che in Napoli il maestro calabrese "mostrò valere più di alcuno altro che tale arte in suo tempo esercitasse". Morì a cinquantasei anni, in età matura, ma non vecchio; avrebbe certamente potuto ancora lavorare. A questa morte non dovette essere estranea la sua vita di artista scapigliato e disordinato. Le pitture del Cardisco sono disseminate in molte località della Campania: a Napoli principalmente, ma anche in altri centri di detta provincia, come Aversa e Cava dei Tirreni. Fra tutte le sue opere è di un certo interesse un quadro che viene considerato il suo capolavoro e che è intitolato "Disputa".

Fu dipinto per la Chiesa di S. Agostino della Zecca di Napoli e qui rimase per lungo tempo sull'altare maggiore di essa; ma nel 1814 fu trasferito, per essere restaurato, nel Museo della stessa città. In esso è rappresentato S. Agostino che parla agli eretici. Il Santo, vestito dei paludamenti vescovili, circondato da religiosi, con gesto solenne ma energico, parla agli eretici che, a distanza, stanno ad ascoltarlo. I religiosi sono attratti dal suo dire ed ascoltano devotamente, qualcuno anzi trascrive quello che il santo dice. Gli eretici, invece, sono presentati in atteggiamento di dubbio e dissenso verso l'oratore. Questo dipinto ci porta a ricordare. le famose raffigurazioni pittoriche di Raffaello intitolate "La disputa del Sacramento" e la "Scuola di Atene" alle quali il Cardisco si dovette ispirare. Altra magnifica tela del Cardisco, raffigurante la "Deposizione di Cristo dalla Croce" si trova nella Chiesa di S. Pietro ad Aram di detta città.

Camillo Tutini, uno scrittore del 1600, segnala che 'Marco Cardisco calabrese visse nel '500 e fu pittore di molta fama per le buone regole della pittura", e cita quale suo capolavoro "La gran tavola dell'altare maggiore di S. Agostino, ove si vede il Santo che disputa con gli eretici". Il Vasari afferma che fece "infiniti lavori in olio ed in fresco ed in quella patria (Napoli) mostrò valore più di alcun altro che tale arte esercitasse." A Cava dei Tirreni si trovano diversi quadri di ignoto autore che però vanno citati come appartenenti alla scuola di Cardisco, intitolati "Un episodio. della vita di S. Andrea", "Re David ed altri Profeti", "Crocefissione e Santi", il più bello, forse, ed il più interessante.