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PITTORI: Gaudenzio Ferrari

Agostino vescovo e Dottore della Chiesa

Agostino vescovo e Dottore della Chiesa

 

 

FERRARI GAUDENZIO

1520

Isola di san Giulio, Basilica di San

Giulio

 

Agostino vescovo e Dottore della Chiesa

 

 

 

L’affresco che raffigura questo sant'Agostino con i Dottori della Chiesa si trova nell'ultima cappella ad essere affrescata in ordine cronologico: si tratta della seconda cappella di destra nella Basilica di san Giulio. Questa cappella presentava, oltre a una primitiva decorazione trecentesca, un ciclo di affreschi del Quattrocento con soggetti ascrivibili ai primi decenni del Cinquecento, probabilmente eseguito da Sperindio Cagnola. Gli affreschi presenti attualmente sulle pareti sono stati a lungo ricondotti a Gaudenzio Ferrari nella sua età giovanile, prima del suo grande sviluppo artistico. Ma è anche probabile che l'autore sia stato un seguace di Ferrari o un suo allievo a bottega ad eseguire gli affreschi. I dipinti sicuramente sono stati eseguiti prima della fine del 1520. Il soggetto della lunetta è il Martirio di santo Stefano, mentre quello della parete è una Madonna con Bambino tra i Santi e un committente. Lo stile esecutivo è di alto livello, anche se l’impostazione delle figure è di tipo classico, sobrio e bilanciato, con una predominanza del rosso. Le aureole sono in rilievo, un elemento distintivo di Gaudenzio Ferrari e della sua bottega.

Agostino è stato dipinto assieme ai simboli dell'evangelista Giovanni. Indossa, ben visibile, anche il mantello nero dei maonaci agostiniani, a rimarcare la stretta dipendenza di questo ordine dal santo.

Il significato di questo tema iconografico è chiarissimo: Agostino è stato uno dei vescovi che ha maggiormente difeso la Chiesa in tutti i suoi scritti e soprattutto con tutta la sua anima e il suo cuore.

Il primo a parlare di Agostino come Dottore della Chiesa fu Beda il Venerabile che lo elencò assieme ai santi Gerolamo, Ambrogio e Gregorio papa in un suo scritto dell'VIII secolo. Questo elenco fu approvato il 24 settembre 1294 con lettera di conferma liturgica di papa Bonifacio VIII stilata ad Anagni.

L'affresco con i quattro Dottori della Chiesa si trova nella seconda cappella di destra della basilica di san Giulio sulla omonima isola di fronte a Orta. Giulio è il santo costruttore di chiese, che, originario di Egina, edificò qui la sua centesima chiesa verso il 390. Nel 553 in questa chiesa venne sepolto il vescovo Filacrio di origine greca. Paolo Diacono nella sua Historia Langobardorum, ricorda che quando nel 568 i Longobardi invasero il nord Italia, il duca longobardo Mimulfo, dux de insula Sancti Julii, tradì il re Agilulfo permettendo ai Franchi di penetrare nei territori longobardi. L’isola in età longobarda era dunque una residenza ducale fortificata che, con l’arrivo dei Franchi nel 774, divenne parte del Comitato di Pombia. Alla fine del IX secolo è attestata la presenza di canonici con giurisdizione su tutte le chiese della Riviera. Danneggiato dagli assedi del X secolo, l’edificio basilicale fu ricostruito tra l’XI e il XII secolo e venne affrescata a partire dal Duecento. Di questa originaria decorazione resta pochissimo, recentemente riscoperto e restaurato. La maggior parte degli affreschi delle pareti delle cappelle laterali risalgono ai lavori quattrocenteschi e cinquecenteschi. I numerosi affreschi raffigurano soprattutto immagini di santi ed episodi della vita di san Giulio. La prima descrizione delle trasformazione barocche sono successive al 1661, anno della visita pastorale del vescovo Odescalchi e sono raccontate da Lazzaro Agostino Cotta nella settecentesca Corografia o sia Descrittione della Riviera di San Giulio.

 

Gaudenzio Ferrari

Gaudenzio Ferrari (Valduggia, verso il 1480 - Milano, 1546) fu pittore fra i massimi esponenti dell'arte italiana del XVI secolo. Della sua formazione abbiamo poche notizie, probabilmente a Milano dove avverte l'influenza di Leonardo, di Bramante, ma anche dei più anziani Vincenzo Foppa e Bernardino Zenale. Giovan Paolo Lomazzo lo vuole allievo di Stefano Scotto, artista impegnato nella Fabbrica del Duomo milanese. Il giovane Gaudenzio si dimostra in grado di assimilare ed integrare le diverse lezioni. L'esordio artistico di Gaudenzio avviene a cavallo tra il nuovo ed il vecchio secolo soprattutto a Varallo.

Nella stessa decade inizia a lavorare al Sacro Monte: sue sono le splendide statue lignee nella cappella dell'Annunciazione e in quella di Gesù che sale la scala del Pretorio (figure di Cristo e del "Manigoldo"). Poco prima della realizzazione di tali opere si colloca il viaggio attraverso le capitali dell'arte rinascimentale italiana, sino a Roma, dove si concentrano gli artisti più rinomati. Nel decennio successivo realizza il grande ciclo di affreschi con le Storie della Vita e Passione di Cristo nella chiesa di S. Maria delle Grazie a Varallo. Negli anni di impegno al Sacro Monte di Varallo Ferrari riesce anche realizzare i polittici della Collegiata di Arona (1511) e di San Gaudenzio a Novara (1514-21). Risalgono a questi stessi anni anche gli affreschi ed i lavori in terracotta eseguiti presso la suggestiva Madonna di Loreto a Roccapietra, un piccolo centro nei pressi di Varallo.

Il Gaudenzio scultore cede il passo al Gaudenzio pittore, che riesce a conservare ad un livello alto la sua capacità espressiva, incentrata su un forte senso del'impianto scenico e su una esuberante vena immaginativa, come ben testimoniano i due cicli simmetrici di affreschi con le Storie della Vergine e le Storie della Maddalena realizzati (1532-34) in San Cristoforo a Vercelli.

Nel 1539 il Ferrari si trasferisce a Milano dove resterà sino alla morte: la sua reputazione di artista era ormai consolidata, tale da fruttargli un ampio numero di commesse. Gaudenzio seppe assecondare i committenti adeguandosi ai gusti che andavano affermandosi nella capitale lombarda. Tra le opere milanesi si possono citare gli affreschi della di Cappella della Sacra Corona in Santa Maria delle Grazie (1540-1542), la pala di San Gerolamo in San Giorgio al Palazzo, la pala di S. Maria di Piazza a Busto Arsizio.

Il pittore di Valduggia, nelle ultime opere coniuga con maggiore equilibrio i nuovi motivi manieristici con la tradizione naturalistica lombarda: ne è un esempio la pala dell'Ultima Cena, realizzata per la chiesa milanese di Santa Maria della Passione. Questi affreschi ebbero un ruolo fondamentale nella evoluzione che conobbe il manierismo tra Piemonte e Lombardia.