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PITTORI: Anonimo lombardo

Agostino fra il sangue di Cristo e il latte della Vergine

Agostino fra il sangue di Cristo e il latte della Vergine

 

 

ANONIMO LOMBARDO

1550-1575

Gravedona, Chiesa di S. Maria delle Grazie

 

Agostino fra il sangue di Cristo e il latte della Vergine

 

 

 

Questo dipinto che si trova nella chiesa di santa maria delle Grazie a Gravedona raffigura un episodio legato alla devozione agostiniana. La sua presenza in un ambito monastico agostiniano non è inusuale. L'opera è stata prodotta per la chiesa connessa a un convento agostiniano da un anonimo pittore che si muoveva artisticamente nell'ambito culturale lombardo della seconda metà del Cinquecento.

L'affresco, che è stato successivamente incorniciato, misura 200 x 30 cm. ma molto probabilmente si presenta mutilo. Nella fascia inferiore osserviamo un anziano Agostino con una lunga barba grigiastra che allarga le braccia, dalle cui mani escono due cartigli. Un terso procede dalla sua testa fino al Bambino Gesù in grembo alla vergine. Il santo indossa l'abito nero dei monaci agostiniani e un piviale che in parte vi si sovrappone.

In una fascia superiore, sopra le nuvole, si osservano il Cristo legato ad una colonna in una fase del suo supplizio e, a destra, la vergine con il Bambino.

L'episodio narrato esplicita una leggenda che è nata probabilmente in Italia. Diversi pittori si sono ispirati ad essa la cui definizione trae spunto da passi delle meditazioni di Agostino: il santo è presentato innanzi al Cristo crocefisso ed alla Vergine, mentre, pregando, si domanda: "Hinc a vulnere pascor", e, volgendosi verso Maria, soggiunge: "Hinc lactor ab Ubere", concludendo: "Positus in medio quod me vertere nescio, Dicam ergo Jesu Maria miserere". Sembra che l'episodio prenda spunto da un passo della S. Aurelii Augustini Hipponensis episcopi et S. R. E. doctoris vita di Cornelius Lancelotz (1574-1622) O.S.A. edito ad Anversa nel 1616.

Lancillottus scrive, riportando parole apocrife di Agostino: "Positus in medio quo me vertam nescio. Hinc pascor a vulnere, hinc lactor ab ubere." La medesima scritta fu riportata da Francesco Francia e poi da Kartarius, un incisore nativo di Viterbo, che lavorò a Roma fra il 1560 e il 1570, nella sua stampa della Vita di Agostino edita nel 1570.

La prima immagine di Maria "Galactotrephousa" (così era chiamata in Oriente, mentre in Occidente veniva appellata come "Maria Lactans") è di origine copta e si trova in una cella monastica di Banit in Egitto e in una caverna eremitica del Monte Latmos in Asia minore (entrambi del sec. VI - VII) nonché a Roma in un frammento di scultura del secolo VI rinvenuto nel Cimitero di San Sebastiano. L'immagine paleocristiana della Virgo lactans, che nella rappresentazione del gesto materno per eccellenza evidenziava l'incarnazione del Cristo in una creatura terrena, fu recuperata nel secolo XII e incontrò enorme successo a partire dal XIII secolo, in coincidenza con la diffusione, promossa dai crociati, delle icone della Galactotrephousa che stimolò una fiorente produzione d'immagini devozionali sia nella pittura che nella scultura.