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PITTORI: Caliari Paolo

Sant'Ambrogio e sant'Agostino

Sant'Ambrogio e sant'Agostino

 

 

CALIARI PAOLO detto il VERONESE

1584-1586

Milano, Pinacoteca Nazionale di Brera

 

Sant'Ambrogio e sant'Agostino

 

 

 

Il dipinto orna un'anta di organo ed è attualmente conservato a Milano, presso la Pinacoteca Nazionale di Brera. Il soggetto del dipinto raffigura sant'Ambrogio e sant'Agostino affiancati che stanno leggendo un grande libro aperto fra le mani di Agostino. Sopra le loro teste si osservano tre angeli musicanti che stanno suonando sopra una nuvola.

Entrambi i santi indossano abiti episcopali con i relativi attributi e stanno ritti in piedi in mezzo a una specie di giardino con alti alberi. Altri piccoli angioletti si intravedono fra i due. Agostino, dall'aspetto ben più giovanile di Ambrogio, ha una folta barba nera che gli copre il mento e con la mano sinistra tiene il bastone pastorale. l'opera è stata realizzata con la tecnica della tela e misura ben 455 cm in altezza e 177 cm in larghezza. Autore del dipinto è Caliari Paolomeglio noto con lo pseudonimo di Veronese, che lo realizzò fra il 1584 e il 1586.

Agostino, sotto il piviale, ostenta il nero saio dei monaci agostiniani, secondo la consuetudine iconografica voluta dai monaci agostiniani di raffigurarlo come uno di loro, in quanto veniva ritenuto il vero fondatore dell'Ordine, che ne aveva adottato la regola.

Agostino compare con Ambrogio in diverse circostanze: nel battesimo impartitogli a Milano, come Dottore della Chiesa, nella scena della A logica libera nos, nel Te Deum. In ogni caso la figura di Ambrogio si staglia nettamente, per l'importanza del santo, che Agostino riconobbe come proprio maestro: rigator meus. Ambrogio fu vescovo di Milano in un periodo travagliato dell'impero romano, percorso da correnti di pensiero diverse e con rigurgiti di paganesimo. Ambrogio si palesò come il baluardo estremo del cristianesimo contro ogni avversità.

A Milano, grazie anche all'ascolto delle splendide prediche del santo vescovo Ambrogio, Agostino trovò quello che cercava, ovvero la fede in Gesù Cristo che gli dette quella gioia piena e quell'appagamento totale che aveva sempre cercato, magari affidandosi anche a dottrine, come il manicheismo, rivelatesi poi fallaci ai suoi occhi. Durante le dieci puntate della trasmissione verrà presentata la personalità di questo gigante della fede e della cultura, e sarà messo particolarmente in luce il legame tra vita e fede, fra filosofia e amicizia, fra ricerca intellettuale e amore di Dio, che rappresenta la nota distintiva della figura di Sant'Agostino.

Nella notte di Pasqua del 387 dopo Cristo, a Milano, il vescovo Ambrogio battezza Agostino, l'intellettuale di Tagaste (l'odierna Souk Arhas in Algeria), che diventerà vescovo di Ippona e che influenzerà la cultura europea con il suo pensiero, come del resto l'opera di Ambrogio darà un'impronta ai rapporti Chiesa-potere politico nel segno della reciproca autonomia. Quella solenne liturgia celebrata nella speranza che Cristo risorga, che la morte sia vinta e si compia la promessa di rinascita, è evento sul crinale tra due epoche. Il mondo antico collassa, l'Impero si sgretola tra congiure di palazzo, guerre che prosciugano le casse statali, inflazione, carestie, disastri economici, invasioni, spinte secessioniste. E il nuovo, che pur c'è, annunciato da scossoni e spinte, da trasformazioni concrete anche se difficili da leggere, stenta ad affermarsi.

 

Paolo Caliari

Paolo Caliari è meglio noto come "Veronese" termine questo che indica la sua città di origine, Verona, anche gran parte della sua carriera artistica si espresse a Venezia. Figlio di un Gabriele scalpellino, già nel 1541 era discepolo e aiuto pittore di Antonio Badile. Al 1548 risale la sua prima opera di un certo impegno nota come Pala Bevilacqua-Lazise. A cavallo della prima metà del Cinquecento Veronese lavorò dapprima a Castelfranco per i nobili Soranzo (1551) e successivamente per il cardinale Ercole Gonzaga a Mantova (1552). Esaurite le commesse si trasferì subito a Venezia dove prestò la sua opera per il Palazzo Ducale (1553). Ritornò nella città natale per un breve periodo di pochi anni e infine nel 1556 si trasferì definitivamente a Venezia, dove partecipò alla decorazione del soffitto della Biblioteca Marciana.

A Venezia rimase fino alla morte, anche se accettò vari incarichi fuori città (Villa Barbaro a Maser, 1561, pale per Padova, Verona, Vicenza). Nel 1566 aveva sposato Elena Badile, figlia di Antonio, da cui ebbe, tra i numerosi figli, Gabriele (nato nel 1568) e Carletto (1570-1596) che con il fratello Benedetto furono i suoi principali collaboratori nella bottega di famiglia.