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PITTORI: Maestro di Honiton

Sant'Agostino e il De Trinitate

Sant'Agostino e il De Trinitate

 

 

MAESTRO DI HONITON

1965-1980

Honiton, Centro Pastorale S. Rita

 

Sant'Agostino e il De Trinitate

 

 

 

Il mosaico che raffigura sant'Agostino vescovo con in mano il libro De Trinitate si trova nell'Istituto di santa Rita a Honiton nel Devon in Inghilterra.

Questa struttura appartiene agli Agostiniani Recolletti inglesi ed è stata ampiamente rinnovata nel corso degli ultimi anni per diventare una punto di riferimento importante nel cuore dell'East Devon come Centro Pastorale.

Nel 1960 il luogo fu adibito a seminario minore. Questa fondazione fiorì in quegli, ma quando le vocazioni dei giovani a partire dal 1970 vennero sempre più a mancare, l'edificio fu trasformato in centro pastorale e recentemente è diventato un centro per incontri religiosi.

Gli agostiniani Recoletti arrivarono in Inghilterra con alcuni sacerdoti spagnoli che cercavano un convento per sfuggire agli orrori della guerra civile spagnola. Inizialmente si stabilirono a Ivybridge, nel sud-ovest dell'Inghilterra, dove hanno dato vita al loro primo convento intitolato a sant'Agostino.

Il mosaico ci propone un Agostino anziano marcato dai segni del tempo che lo rendono tuttavia autorevole nello sguardo che emana dal profondo degli occhi. Una folta barba gli copre il mento fino al petto avvolta dalla dalmatica vivace e ben colorata che lo ricopre. Nella mano destra impugna il bastone pastorale e con la sinistra il libro De Trinitate. Un cuore fiammante, il simbolo che lo contraddistingue dal Cinquecento in poi, aleggia in alto sulla destra a ricordare lo smisurato amore del santo per la verità incarnata nel Cristo.

 

15. 1. Ho impiegato alcuni anni per comporre i libri su La Trinità, che è Dio. Già però nel tempo in cui non ero ancora giunto alla fine del dodicesimo e avevo trattenuto presso di me quelli già composti troppo a lungo rispetto all'aspettativa di coloro che avrebbero voluto averli, quei libri mi vennero sottratti, pur non essendo ancora corretti come avrebbero potuto e dovuto esserlo al momento in cui avessi deciso di pubblicarli. Quando me ne accorsi, visto che me n'erano rimasti altri esemplari, decisi di non pubblicarli di persona, ma di conservarli, ripromettendomi di chiarire l'accaduto in qualche altro mio scritto. In seguito però alle pressioni dei fratelli, alle quali non seppi resistere, provvidi a correggerli nei limiti che ritenni opportuno, completai l'opera e la pubblicai. Premisi al testo una lettera, indirizzata al venerabile Aurelio, vescovo della Chiesa di Cartagine, e in questa sorta di prologo esposi ciò che m'era accaduto, ciò che avevo avuto in mente di fare e ciò che in realtà avevo fatto per l'affettuosa pressione dei fratelli.

15. 2. Nell'undicesimo libro, trattando del corpo visibile ho detto: Perciò amarlo equivale a una pazzia. L'affermazione vale per quel tipo d'amore secondo il quale si pensa che, godendo dell'oggetto del proprio amore, si possa esser felici. Non è invece follia amare una bellezza sensibile in lode del Creatore e giungere così alla felicità vera godendo dello stesso Creatore. Ho ugualmente detto nel medesimo libro: Non mi ricordo di un volatile quadrupede, perché non l'ho visto, ma riesco facilmente a costruirne l'immagine aggiungendo a un tipo di volatile che ho visto oltre due altre zampe che pure ho visto. Dicendo questo non ero riuscito a ricordarmi dei volatili quadrupedi dei quali parla la Legge. Essa non annovera fra i piedi le due zampe posteriori che servono alle cavallette per saltare. Definisce inoltre queste ultime monde, distinguendole così da quei consimili volatili immondi che non riescono a saltare con quelle zampe come gli scarabei. Tutti gli animali di questo tipo son definiti nella Legge volatili quadrupedi.

15. 3. Non mi soddisfa la spiegazione da me data nel dodicesimo libro delle parole dell'Apostolo: Ogni peccato compiuto dall'uomo è fuori del suo corpo. Quanto alle parole: Chi commette fornicazione pecca contro il proprio corpo non penso vadano intese nel senso che si macchia di fornicazione colui che compie un'azione per ottenere i piaceri che si presentano attraverso il corpo e pone in questo il fine del suo bene. Tale comportamento comprende un numero ben maggiore di peccati di quello di fornicazione, che vien perpetrato in una unione illecita e del quale soltanto sembra parlare l'Apostolo nel passo citato. Quest'opera, ove si escluda la lettera, che solo in un secondo tempo ho collocato all'inizio, incomincia così: Il lettore di queste mie discussioni sulla Trinità.

AGOSTINO, Ritrattazioni, 15, 1-33