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PITTORI: Maestro di Nembro

Santa Monica piange per la partenza di Agostino

Santa Monica piange per la partenza di Agostino

 

 

MAESTRO DI NEMBRO

1800-1850

Nembro, chiesa di san Martino

 

Santa Monica piange per la partenza di Agostino

 

 

 

L'autore di questo quadro di primo Ottocento è ignoto, anche se sicuramente si è formato nell'orizzonte culturale e artistico bergamasco del secolo XIX.

Questa decorazione plastico-pittorica si trova nella cappella di Sant'Agostino. Lavorato con la tecnica a stucco modellato, il dipinto misura cm 200x116.

Il pittore ha raffigurato una giovane Monica vestita dell'abito delle suore agostiniane. La santa sta piangendo e si asciuga il viso con un panno. Con il gesto della mano destra esprime il proprio dolore per quanto sta accadendo: dalla banchina dove si trova, si vede sullo sfondo una barca a vela che si sta allontanando dal molo. Su quella imbarcazione è salito Agostino per recarsi a Roma all'insaputa della madre, anzi ingannandola.

Un angelo appare ai suoi piedi e cerca di consolarla preannunciandole una gioia più grande che la consolerà nei riguardi del figlio Agostino.

Un mare tranquillo e un cielo più nuvoloso fanno da sfondo alla scena che nella sua crudità accentua lo stato d'animo sconsolato di Monica.

 

Ma la vera ragione di questo mutamento di luogo tu la sapevi, Dio, e non la palesavi né a me né a mia madre, che pianse disperatamente la mia partenza e mi seguì fino al mare. Dovetti ingannarla, perché cercava di trattenermi con la forza e costringermi o a rinunciare o a prenderla con me: e finsi di voler solo andare a tener compagnia a un amico che stava per partire, in attesa che si levasse il vento. Ho mentito a mia madre, a quella madre: e sono fuggito. Sì, e anche questo tu mi hai condonato se la tua indulgenza poi mi salvò dalle acque del mare, pieno di sozzure com'ero, per preservarmi all'acqua della tua grazia: quando scorrendo su di me fece asciugare i fiumi di lacrime di cui mia madre ogni giorno ti irrigava il suolo ai suoi piedi. Eppure, poiché si rifiutava di tornare a casa senza di me, io la convinsi a fatica a passare la notte in un luogo vicino alla nostra nave, una cappella dedicata al beato Cipriano. Ma quella notte io partii clandestinamente e lei rimase a piangere e a pregare.

E cosa ti chiedeva, Dio mio, fra tante lacrime, se non che tu mi impedissi di prendere il mare? Ma nella profondità del tuo pensiero tu esaudisti la sostanza del suo desiderio, senza curarti della preghiera del momento, per far di me quello che lei ti aveva sempre chiesto. Il vento si levò e ci gonfiò le vele, e il lido scompariva ai nostri occhi, quel mattino, quando lei pazza di dolore ti tempestava le orecchie di lamenti e gemiti. Tu nella tua sprezzante indifferenza intanto mi strappavi alle mie passioni per stroncarle, e lasciare che un giusto staffile di dolore punisse quel suo carnale struggimento. Amava avermi con sé, come tutte le madri, ma molto più della gran maggioranza di loro; e non sapeva quali gioie tu le avresti fatto nascere dalla mia assenza. Non lo sapeva e perciò si scioglieva in gemiti e singhiozzi, e questo tormento rivelava in lei l'eredità di Eva, che cercava fra i lamenti quello che fra i lamenti aveva partorito. E però dopo aver maledetto la mia slealtà e crudeltà ricominciò a supplicarti per me: lei se ne andava di nuovo alla sua solita vita, io a Roma.

AGOSTINO, Confessioni, 5, 8, 15