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PITTORI: Francesco Botticini

Morte di Monica a Ostia antica di Francesco Botticini in Santo Spirito a Firenze, Cappella Bini

Morte di Monica a Ostia antica

 

 

FRANCESCO BOTTICINI

1470

Basilica di Santo Spirito a Firenze, Cappella Bini

 

Morte di Monica a Ostia

 

 

 

 

Le ultime scene della predella sono relative alla morte e ai funerali di Monica avvenuti a Ostia e raccontati da Agostino nel finale del capitolo IX delle Confessioni.

La scena mostra Monica seduta sul proprio letto con la schiena appoggiata alla spalla del letto. Sulla testa porta la consueta aureola e indossa un abito bianco assai elegante. Tiene la mani giunte in preghiera, mentre davanti a lei avanza un chierico che porta nella mano destra un crocefisso. Nella mano sinistra ha un orciuolo, probabilmente l'acqua santa per impartire l'Estrema Unzione. Dietro di lui entra in una camera alquanto spoglia un giovane vestito come il chierico, con una specie di turibolo in mano. La scena offre uno spaccato della camera da cui si intravede la porta d'entrata e una serie di edifici contigui che portano ad un panorama ampio con una marina, dove si osserva una nave alla fonda. Si tratta della nave che avrebbe dovuto riportare Monica in Africa assieme ad Agostino e ai suoi familiari e amici.

 

Monica morì pochi giorni dopo questo colloquio con il figlio, che così ci racconta gli ultimi istanti della vita della madre. Era l'autunno del 387: "... Entro cinque giorni o non molto più, si mise a letto febbricitante e nel corso della malattia un giorno cadde in deliquio e perdette la conoscenza per qualche tempo. Noi accorremmo, ma in breve riprese i sensi, ci guardò, mio fratello e me, che le stavamo accanto in piedi, e ci domandò, quasi cercando qualcosa: "Dov'ero?"; poi, vedendo il nostro afflitto stupore: "Seppellirete qui, soggiunse, vostra madre".

Io rimasi muto, frenando le lacrime; mio fratello invece pronunziò qualche parola, esprimendo l'augurio che la morte non la cogliesse in terra straniera, ma in patria, che sarebbe stata migliore fortuna. All'udirlo, col volto divenuto ansioso gli lanciò un'occhiata severa per quei suoi pensieri, poi, fissando lo sguardo su di me, esclamò: "Vedi cosa dice", e subito dopo, rivolgendosi a entrambi: "Seppellite questo corpo dove che sia, senza darvene pena. Di una sola cosa vi prego: ricordatevi di me, dovunque siate, innanzi all'altare del Signore"

AGOSTINO, Confessioni 9, 11, 27

 

Alla sepoltura del suo corpo andai e tornai senza piangere. Nemmeno durante le preghiere che spandemmo innanzi a te mentre veniva offerto in suo suffragio il sacrificio del nostro riscatto, col cadavere già deposto vicino alla tomba, prima della sepoltura, come vuole l'usanza del luogo, ebbene, nemmeno allora durante quelle preghiere piansi. Ma per tutta la giornata sentii una profonda mestizia nel segreto del cuore e ti pregai come potevo, con la mente sconvolta, di guarire il mio dolore.

AGOSTINO, Confessioni 9, 12, 32

 

 

Francesco Botticini (1446-1498)

Botticini è pittore toscano quattrocentesco che ha lavorato spesso in Firenze, lasciandovi pregevoli opere. Francesco fondò un'importante bottega pittorica fiorentina nella quale lavorò anche il figlio Raffaello. Figlio di Giovanni di Domenico, pittore di "naibi" (carte da gioco), fu discepolo di Neri di Bicci, ma nella sua formazione intervennero anche Botticelli, Filippino Lippi, Verrocchio, il Pollaiolo e Andrea del Castagno. Secondo la critica i Botticini (sia Francesco che Raffaello) si limitarono ad imitare i grandi maestri dei quali si avverte l'influenza nelle loro opere. Di grande interesse iconografico agostiniano sono le sue opere tese a porre adeguatamente in luce santa Monica. Botticini ha anche rappresentato Agostino in un pannello della Pala Rucellai alla National Gallery di Londra.

Sempre in ambito di committenza agostiniana oltre a santa Monica in trono con le suore agostiniane, Botticini dipinse un sant'Agostino e una santa Monica, oggi conservati a Firenze, alla Galleria dell'Accademia. Sia la tavola con Sant'Agostino che quella con Santa Monica misurano cm 171 x 51. La provenienza ci è ancora ignota, ma l'iconografia ci suggerirebbe una committenza da parte di un convento agostiniano. La datazione più probabile sembra essere quell'arco di tempo compreso tra il 1470 e il 1475, poco prima del trasferimento a Empoli per la realizzazione di una cospicua serie di opere.