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PITTORI: Bregno Andrea

La statua di sant'Agostino

La statua di sant'Agostino

 

 

BREGNO ANDREA

1473

Roma, chiesa di S. Maria del Popolo, sacrestia

 

San Paolo, San Pietro, San Girolamo e Sant'Agostino con Dio Padre e la colomba dello Spirito Santo

 

 

 

La scultura, piuttosto complessa ed articolata, è opera di Andrea Bregno che la realizzò nel 1473 su incarico di Alessandro Borgia che gli affidò l'esecuzione dell'altare maggiore di S. Maria del Popolo, ora in sagrestia.

Dalla iscrizione presente nella struttura si apprende la morte di un figlio di Borgia, Marcantonio, nato nel 1465

Entro le nicchie Bregna ha raffigurato San Paolo, San Pietro, San Girolamo e Sant'Agostino. Nel timpano troviamo l'immagine del Dio Padre con la colomba dello Spirito Santo, mentre nella fascia inferiore ci sono quattro Angeli che reggono degli stemmi. Vi sono poi vari motivi decorativi a candelabra ad abbellire l'insieme. Al centro del monumento si trova una immagine della Vergine con il Bambino in braccio. L'opera è stata firmata dallo scultore.

 

Di questa chiesa Mariano Armellini nel suo volume "Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX" pubblicato dalla Tipografia Vaticana nel 1891, scrive a pag. 319-322: "Il codice di Torino, annoverando questa celeberrima chiesa fra quelle della prima partita, scrive che habet fratres ordinis heremitarum XII. Ivi il papa Pasquale II nel 1099 eresse una divota cappellina, ove una popolare leggenda dicea fosse sepolto Nerone, quasi a purgare il sito contaminato dalla memoria di quel tiranno. Più tardi, cioè nel 1227, fu trasformata nella magnifica chiesa che è ornamento principale d'una delle più superbe piazze di Roma e forse del mondo. Gregorio IX vi trasportò dalla cappella del ss. Salvatore nel Laterano la divota imagine che ivi si venera. Sisto IV riedificò la chiesa costruiti disegni del Pintelli, severamente criticati dal Milizia. Giulio II, salito al pontificato, volse il pensiero alla chiesa di s. Maria, che fece riccamente ornare di pitture e sculture di pregio insigne. Alessandro VII fu l'ultimo ad abbellirla con i disegni del Bernini. Nel sacco di Roma del 1527 fu distrutto il convento, ma la congregazione di Lombardia, che nel 1472 ottenne la chiesa, lo riedificò. Nel 1660 possedeva molte case in Roma, tra le quali una nel rione di Campomarzio nella strada della Serena, nel vicolo del Borghetto ed in quello delle Casette presso via Vittoria, le quali denominazioni sono del tutto perdute. Fuori della porta Pinciana possedeva la vigna di s. Cetronilla, di pezze 18, vicino a s. Saturnino. Nella chiesa poi vi erano le seguenti cappelle ed altari:

1. Cappella della Madonna all' altare grande, fondata da Antonio Sauli genovese che vi lasciò un legato di 6000 scudi.

2. Altare della Visitazione presso la sagrestia, eretto da Alessandro VII.

3. Cappella di s. Tommaso, eretta come sopra.

4. Cappella di s. Lucia, eretta come sopra, che era antecedentemente posta sotto la invocazione del Corpo di Cristo. Ivi era un quadro di s. Lucia che si diceva fosse il ritratto di Vannozza Cattanea, il quale fu fatto rimuovere da Alessandro VII.

5. Cappella di s. Caterina, fondata dal card. Giorgio Ulisbonen portoghese.

6. Cappella di s. Agostino, fondata da G. B. della Rovere.

7. Cappella di s. Lorenzo, fondata dal card. Lorenzo Cibo.

8. Cappella di s. Girolamo, fondata dal card. Domenico della Rovere.

9. Cappella di s. Giov. Batt., fondata da Giovanni di Montemirabile, vescovo di Vaison.

10. Cappella della Madonna di Loreto, fondata da Agostino Chigi.

11. Cappella di s. Niccolò da Tolentino, fondata da Pietro Mellini.

12. Cappella del Crocifisso, eretta da Tedorina Cibo romana, che per dote l'assegnò una casa su la piazza di s. Pietro che fu gettata a terra con l'occasione della fabbrica del teatro che vi si fa.

13. Cappella dla Madonna che ritorna dall'Egitto, eretta da Alessandro VII.

14. Cappella di s. Caterina detta del Calice, eretta da Troiano Alicorno, che la cedette a Girolamo Teodolo, vescovo di Cadice.

15. Cappella dell' Assunta, eretta dalli Cesarini." Molta erudizione è stata sciupata sulla denominazione della chiesa di s. Maria, che altri fanno provenire da alcuni pretesi alberi di pioppo piantati nelle vicinanze, altri dal popolo romano. Ora basta ricordare che plebes, pievi e populi erano nomi medievali delle parrocchie massime campestri, per capire che la ragione di quella denominazione proviene da un primo gruppo di case e di abitazioni, populus, formato non appena edificata la chiesa in quel luogo già deserto e campestre. Anche oggi, del resto, nei dintorni di Firenze, è vivissima la voce popolo, in cambio di pieve e di parrocchia. Quel nome insomma ricorda la prima borgata sorta nella via Flaminia dopo l'abbandono della città e la rovina dei monumenti romani del Campo Marzio. Sommi maestri esercitarono pennello e scalpello in quel magnifico tempio, quali il Pinturicchio, il Garzi, il Maratta, il Caracci, il Caravaggio, frà Sebastiano del Piombo, Raffaello, il Sansovino ecc. Un volume non basterebbe a tessere la storia artistica e letteraria di questo insigne monumento, antico titolo cardinalizio, ove nella natività di Maria solea condursi solennemente il papa. I dipinti della volta della prima cappella a destra entrando sono opera di Bernardino Pinturicchio, scolaro del Perugino. La cupola della seconda cappella e altri affreschi della medesima sono di Carlo Maratta, e gli ornati in bronzo di Francesco Cavallini. La terza e la quarta cappella sono dipinte dal Pinturicchio. Nell'altare a destra della crociera il quadro rappresentante la Visitazione di Maria è opera del Morandi, i due laterali sono l'uno di Antonio Mari, l'altro di Ercole Ferrata. Il quadro di s. Lucia, nella cappelletta che segue, è del Garzi. La cappella di s. Tommaso di Villanova ha sull'altare un dipinto di Fabrizio Chiari. Sull'altare maggiore si venera la celeberrima imagine di Maria, trasportata colà da Gregorio IX, come si è detto. La volta del coro dietro l'altare è adorna di affreschi del Pinturicchio. Le vetrate delle finestre furono dipinte dai celebri pittori francesi Guglielmo di Marsiglia e Claudio, chiamati in Roma da Giulio II. Alla sinistra dell'altare principale, il quadro dell'Assunta, nella cappella che segue, è opera di Annibale Caracci, gli affreschi laterali sono di Michelangelo da Caravaggio. Nell'altare in fondo alla crociera, dirimpetto a quello della Visitazione, il quadro è di Bernardo Mei senese. Nella nave laterale a sinistra, la prima cappella del Crocifisso è dipinta con affreschi di scuola fiamminga. Quelli della seconda cappella sono del Masucci, scolaro del Maratta. Segue poi la celeberrima cappella dei Chigi, architettata da Raffaello d'Urbino: il quadro dell'altare fu disegnato dallo stesso sommo maestro e colorito da frà Sebastiano del Piombo. I preziosi musaici che adornano la cupola furono eseguiti sui cartoni di Raffaello. Le statue sono del Lorenzetto e del Bernini. L'ultima cappella di questa nave ha il quadro di Pasquale Rossi, con bassirilievi ed ornati stupendi del secolo XIV. Entro questo celeberrimo tempio vi hanno innumerevoli memorie sepolcrali d'illustri personaggi. Ricordo fra le principali quelle dei cardinali Giovanni de Castro spagnuolo, morto sotto Giulio II, e di Cristoforo della Rovere, morto sotto Sisto IV. Vi hanno pure i sepolcri dei cardinali Alessandro e Lorenzo Cibo, di Marcantonio Bertoni morto nel 1486, del card. Giovanni Battista Pallavicino, del card. Girolamo Albani, e del card. Ludovico Podocatharo di Cipro. Nel coro si osservano due insigni monumenti con ornati di Andrea Sansovino; l'uno spetta al card. Girolamo Basso nipote di Sisto IV, l'altro al card. Ascanio Sforza. Altro nobilissimo sepolcro è quello del card. Bernardino Portocarrero, opera insigne del secolo XV. Vi ha anche il sepolcro del celebre card. Giov. Antonio Trivulzio, vissuto sotto i pontificati di Alessandro VI e di Leone X. Entro la cappella Milini vi ha il monumento del card. Giovanni Battista Millini, morto nel 1478; ivi si ammira il ritratto scoperto in marmo di Paolo Millini, il quale comandava le genti del papa all'assedio di Vienna, ove morì combattendo. Nella cappella Chigi sono le sepolture di Agostino e Sigismondo eseguite dal Bernini: ivi si vede il monumento del card. Mantica, insigne giureconsulto. Presso la cappella vi è il bizzarro sepolcro di Maria Flaminia Odescalchi. Nell'ultima cappella vi sono i sepolcri dei cardinali Abbondio Castiglione ed Antonio Pallavicino. In alcuni documenti del secolo XV la chiesa è denominata talvolta s. Maria ad Flaminiam.

 

Bregno Andrea

Nacque a Osteno, figlio di Cristoforo da Righeggia, in un paese del Comasco. La sua famiglia per queste origini viene talora indicata come famiglia dei Bregno oppure da Righeggia, da Righesio, o da Osteno. Nasce nel 1418 ed ha due fratelli: Ambrogio (morto prima del 1504) e Girolamo (morto dopo il 1504). Si sa ben poco della sua attività artistica prima del suo arrivo a Roma e i suoi lavori per i cardinali De Cusa e L. d'Albret (morto nel 1465). Nel 1466 lavora con Giovanni Dalmata al monumento Tebaldi nella chiesa di S. Maria sopra Minerva dove realizza un sant'Agostino.

Nel 1473 Alessandro Borgia gli affida l'esecuzione dell'altare maggiore di S. Maria del Popolo, ora in sagrestia. Sempre con Giovanni Dalmata lavora nel 1476 al sepolcro del Cardinal Roverella in S. Clemente. Probabilmente a quest'epoca risale la tomba del Cardinale Diego de Coca morto nel 1477 in S. Maria sopra Minerva. Del 1490 è il tempietto-edicola dell'altar maggiore di S. Maria della Quercia a Viterbo. Nel 1503 Bregno fece il testamento lasciando un legato a favore della moglie Caterina. Dopo la morte fu sepolto in S. Maria sopra Minerva e la lapide porta la data 1506. La sua attività si svolse quasi esclusivamente a Roma e nel Lazio, dove con altri conterranei in un momento molto favorevole, quando pontefici del nord Italia, come Paolo II e Pio IV, e grandi Ordini religiosi, specialmente quello degli agostiniani, che edificarono S. Maria del Popolo, promuovevano un notevole numero di opere. Fu grande la sua fortuna e l'attività della bottega, particolarmente operosa con l'elezione di Sisto IV Della Rovere, ebbe uno sviluppo rigoglioso. Platina nell'epitaffio lo paragona a Policleto e fu ritratto dal Perugino nel suo affresco della Consegna delle chiavi.