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PITTORI: Matteo di Giovanni di Bartolo

Sant'Agostino e sant'Antonio Abate

Sant'Agostino e sant'Antonio abate

 

 

MATTEO DI GIOVANNI DI BARTOLO

1470-1480

Anghiari, chiesa di S. Agostino

 

Sant'Agostino e sant'Antonio Abate

 

 

 

La tavola costituisce uno scomparto di un trittico e raffigura i santi Agostino e Antonio Abate. L'opera viene attribuita in bibliografia a Matteo di Giovanni di Bartolo che la realizzò nella seconda metà del Quattrocento, probabilmente verso il 1470-1480. Il dipinto venne realizzato per la chiesa di S. Agostino ad Anghiari nell'aretino e quindi trasferito nella locale chiesa di S. Maria delle Grazie. L'opera è stata rubata nel 1994 e non si conosce pertanto l'attuale ubicazione.

La chiesa di sant’Agostino ebbe origine da una cappella edificata nel XII secolo dagli ospitalieri di sant’Antonio abate, secondo la tradizione sarebbero giunti in Valtiberina al seguito dell’arcivescovo di Canterbury Thomas Becket nel 1162. Sull'area della primitiva chiesa duecentesca fu costruita a metà Quattrocento l’attuale chiesa a navata unica con cappelle laterali erette dalle principali famiglie del luogo. La facciata è abbellita da un portale rinascimentale e da un oculo del 1472. Il campanile venne ricostruito nel 1464.

Sant'Agostino è stato raffigurato come vescovo, ma sotto il piviale si nota l'abito nero dei monaci agostiniani. Questo genere di rappresentazione iconografica del santo non è inusuale, ma si inserisce nel processo di identificazione dell'Ordine di sant'Agostino con il santo stesso quale suo reale fondatore. Agostino porta in testa la mitra, nella mano destra regge un libro chiuso e il bastone pastorale. La mano sinistra è impegnata invece a tenere aperto la mantellina del piviale. Il suo viso è di persona matura, con una folta barba che gli copre il viso.

Dietro di lui si nota la figura di un vecchio Antonio abate, padre degli eremiti, che indossa un abito semplice che richiama quello dei monaci. Con la mano destra tiene stretto al petto un libro chiuso. La sua presenza nel dipinto deriva dal ricordo della presenza degli Ospitalieri di sant'Antonio nella chiesa.

 

 

Matteo di Giovanni

Matteo di Giovanni fu attivo a Siena nella seconda metà del Quattrocento è noto per l'amicizia che lo legò a Giovanni di Pietro fratello del Vecchietta. Verso il 1452 è attestata la sua presenza a Borgo San Sepolcro per il completamento di un polittico di Piero della Francesca. Al periodo giovanile della sua attività di pittore risalgono un polittico, ora nel Museo di Asciano e due tavole dipinte per il Duomo di Pienza dove manifesta la conoscenza della visione cromatica e compositiva di Antonio del Pollaiolo e Liberale da Verona.

Tra il 1460 e il 1470 esprime il periodo più fecondo della sua arte, la cui espressione è attestata in diverse opere che eseguì per le chiese senesi. Nella piena maturità si dedicherà ad una pittura che valorizza la miniatura, anche di piccolo formato, influenzata dall'opera di Sano di Pietro. In tarda età le sue composizioni abbandoneranno il rigore spaziale per dilatarsi in spazi al limite dell'astrazione e caratterizzati da una dilatazione volumetrica.