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PITTORI: GIACOMO Jacquerio

Agostino Dottore della Chiesa nelle vele della chiesa di S. Croce a Rocca Canavese

Agostino Dottore della Chiesa: affresco nella chiesa di S. Croce a Rocca Canavese

 

 

GIACOMO JAQUERIO

1430 circa

Rocca Canavese, chiesa di Santa Croce

 

Agostino Dottore della Chiesa

 

 

 

 

La critica moderna attribuisce a Jacquerio questo bel Agostino Dottore della Chiesa, un affresco dipinto in una delle vele della chiesa di Santa Croce a Rocca Canavese.

L'antica cappella, originariamente dedicata a San Giovanni Battista, conserva un ciclo di affreschi tardo medievali di notevole importanza. Edificata tra l'XI e il XII secolo, Costruita come oratorio annessa con il vicino castello, baluardo difensivo della Valle del Malone, venne in seguito chiamata cappella della Confraternita di Santa Croce, dal nome della compagnia che aveva posto la sua sede all'interno. Nel Quattrocento, su iniziativa di Guido Aldobrandini Biandrate di San Giorgio, feudatario di Rocca Canavese, la cappella venne ampliata, diventando la parrocchiale del paese con il titolo di San Giovanni Battista. In questo periodo venne realizzato il ciclo di affreschi che decorano la volta, la parete di fondo del presbiterio e parte delle pareti laterali della navata. Nel 1621 la chiesa subì notevoli danni, mentre con la costruzione della nuova parrocchiale nel 1801 fu sconsacrata e abbandonata.

 

La volta del presbiterio, quadripartita da costoloni decorati con fiori, foglie e angioletti, raffigura uno scriptorium medievale all'aperto e immerso nella quiete di un immaginifico giardino dell'Eden, tra prati e arbusti fioriti caratteristici di un hortus conclusus. Ciascuno dei quattro spicchi ospita la figura di un Evangelista accompagnata dai rispettivi simboli con la presenza di un Dottore della Chiesa, seduto su originali troni dall'alto schienale. Utilizzando uno schema compositivo piuttosto raro nel Quattrocento, l'autore accosta Evangelisti e Dottori (Agostino, Gregorio Magno, Gerolamo, Ambrogio) radunandoli a due a due in un unico spazio. Viene realizzata in tal modo un'atmosfera surreale senza coordinate.

Sulla parete frontale del presbiterio, su registri sovrapposti, si possono riconoscere la figura di Dio Padre, il Compianto sul Cristo morto, forse eseguito da un pittore provenzale, e la teoria degli Apostoli con al centro San Giovanni Battista.

I pilastri del presbiterio e le pareti laterali sono dipinti con figure di santi e martiri, come santa Apollonia, dipinta con la palma del martirio e la tenaglia che stringe un dente, san Bernardino da Siena, molto venerato in Piemonte, dove giunse nel 1418, con ai piedi tre mitrie, a ricordare che per tre volte rifiutò l'episcopato, san Sebastiano, sant'Antonio Abate e santa Liberata, con due bambini.

 

Giacomo Jaquerio nacque a Torino, verso il 1375 e vi morì nel 1453. E' stato il maggior rappresentante della pittura tardo gotica in Piemonte e dove lavorò e fu attivo a Torino dal 1401. Per i principi di Acaja eseguì opere a fresco nel loro castello di Torino (l'attuale "Palazzo Madama") di cui nulla però è rimasto.

Nato da una famiglia con una lunga tradizione nella pratica della pittura, la prima parte della sua vita si svolse attraverso continui spostamenti tra Torino, Ginevra ed altre località d'oltralpe, lavorando per ampia parte del suo tempo al servizio di Amedeo VIII di Savoia e ricevendo commesse da istituzioni religiose e da importanti casate nobiliari. Dal 1429 in poi abitò stabilmente a Torino. Per i principi di Acaja eseguì opere a fresco nel loro castello di Torino (l'attuale "Palazzo Madama") di cui nulla però è rimasto. Rimanendo al servizio di Amedeo VIII di Savoia, Giacomo ebbe modo di conoscere importanti esponenti del gotico d'oltralpe: il pittore e miniatore Jean Bapteur di Friburgo, lo scultore Jean de Prindal ed altri. Si trovò inoltre a collaborare con il veneziano Gregorio Bono, figura di primo piano nel panorama del gotico internazionale (della cui opera si hanno, solo incerte testimonianze). Della vasta produzione del pittore torinese di cui abbiamo notizia documentale attraverso gli archivi, è rimasto ben poco, se si fa eccezione di alcune figure di Angeli musicanti ora conservate al Musée d'Art e d'Histoire di Ginevra.

 

8. 1. Ma il beato Valerio, ormai vecchio, che più degli altri esultava e rendeva grazie a Dio per avergli concesso quello speciale beneficio, considerando quale sia l'animo umano, cominciò a temere che Agostino fosse richiesto come vescovo da qualche altra chiesa rimasta priva di pastore, e così gli fosse tolto. E ciò sarebbe già accaduto, se il vescovo, che era venuto a sapere la cosa, non lo avesse fatto trasferire in un luogo nascosto, sì che quelli che lo cercavano non riuscirono a trovarlo.

8. 2. Il santo vecchio, vieppiù timoroso e ben consapevole di essere ormai molto indebolito per le condizioni del corpo e per l'età, scrisse in modo riservato al primate di Africa, il vescovo di Cartagine: faceva presente la debolezza del corpo e il peso degli anni e chiedeva che Agostino fosse ordinato vescovo della chiesa d'Ippona, sì da essere non tanto suo successore sulla cattedra bensì vescovo insieme con lui. Di risposta ottenne ciò che desiderava e chiedeva insistentemente.

8. 3. Qualche tempo dopo, essendo venuto Megalio, vescovo di Calama e allora primate della Numidia, per visitare dietro sua richiesta la chiesa d'Ippona, Valerio, senza che alcuno se l'aspettasse, presenta la sua intenzione ai vescovi che allora si trovavano lì per caso, a tutto il clero d'Ippona ed a tutto il popolo. Tutti si rallegrarono per quanto avevano udito e a gran voce e col massimo entusiasmo chiesero che la cosa fosse messa subito in atto: invece il prete Agostino rifiutava di ricevere l'episcopato contro il costume della chiesa, mentre era ancora vivo il suo vescovo.

8. 4. Allora tutti si dettero a persuaderlo, dicendo che quel modo di procedere era d'uso comune e richiamando esempi di chiese africane e d'oltremare a lui che di tutto ciò era all'oscuro: infine, pressato e costretto, Agostino acconsentì e ricevette l'ordinazione alla dignità maggiore.

8. 5. Successivamente egli affermò a voce e scrisse che non avrebbe dovuto essere ordinato mentre era vivo il suo vescovo, perché questo era vietato dalla deliberazione di un concilio ecumenico, che egli aveva appreso soltanto dopo essere stato ordinato: perciò non volle che fosse fatto ad altri ciò che si doleva essere stato fatto a lui.

8. 6. Di conseguenza si adoperò perché da concili episcopali fosse deliberato che coloro che ordinavano dovevano far conoscere a coloro che dovevano essere ordinati o anche erano stati ordinati tutte le deliberazioni episcopali: e così fu fatto.

POSSIDIO, Vita di Agostino, 8, 1-6