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PITTORI: Filippo Lippi

Agostino e il Mistero della Trinità

Agostino e il Mistero della Trinità

 

 

FRA FILIPPO LIPPI

1450-1460

Pietroburgo, Museo dell'Ermitage

 

Agostino e il Mistero della Trinità

 

 

 

Presumibilmente eseguita per una predella, questa tavola con la Visione di sant'Agostino ovvero l'incontro di Agostino con il Bambino sulla spiaggia, è una piccola ma significativa opera di uno dei maggiori artisti del primo Rinascimento fiorentino. Questo artista ebbe una vita romantica, poichè, frate, ruppe i voti per amore di una giovane e bellissima monaca, modella per le sue soavi Madonne. Protagonista dell'episodio è Agostino e vi si fa riferimento a una iconografia formatasi nel Quattrocento e rimasta in voga per altri due secoli. Agostino mentre medita sul mistero della Trinità ha la visione di un bambino che cerca di versare l'acqua del mare in una buca con una conchiglia. Fu così che il santo ebbe conferma dell'impossibilità, per la mente umana, di penetrare i misteri divini.

Filippi Lippi affronta il tema con uno stile affabile e sciolto, che trasfigura la scena sacra in uno spettacolo dai toni lirici e profondamente umani. La scena è irreale e concreta nello stesso tempo. Lo scrittoio del Santo è improbabilmente collocato all'aperto, davanti a un paesaggio collinare irto e brullo, ed egli protende il braccio come per saggiare la tangibilità della sua visione, mentre il bambino indica il simbolo della Trinità che fa capolino in alto a destra.

L'opera proviene dalla collezione della granduchessa Maria Nikolayevna, conservata a Firenze, poi passò nella collezione Oldenburg; dal 1917 si trova all'Ermitage di Pietroburgo. 

 

Questa leggenda è stata studiata da L. Pillion in La Légende de s. Jérome in Gazette des Beaux-Arts del 1908. L'episodio che godrà di molta fortuna nella iconografia agostiniana riprende un testo della Lettera apocrifa a Cirillo che avrebbe scritto lo stesso Agostino. In un passo Agostino ricorda una rivelazione divina con queste parole: "Augustine, Augustine, quid quaeris ? Putasne brevi immittere vasculo mare totum ?".

Questa leggenda si troverebbe forse già nel XIII secolo, sotto forma di exemplum, in uno scritto di Cesare d'Heisterbach (cfr. H. I. Marrou, Saint Augustin et l'ange, une légende médioévale, in l'Homme devant Dieu, Mélanges offerts au P. de Lubac, II, 1964, 137-149).

Questa leggenda sulla Trinità soppiantò ben presto la leggenda della Vedova che trattava dello stesso argomento della Trinità. L'origine di questa tematica iconografica non proverrebbe dunque dalla agiografia medioevale quanto piuttosto dalla predicazione. P. Antonio Iturbe Saìz ha a sua volta proposto una possibile ricostruzione della sua origine: nel secolo XIII si scrivevano "exempla" per i predicatori e in uno di questi apparve questa leggenda applicata a un professore di scolastica di Parigi con un fine chiaramente morale: criticare la alterigia e la superbia dei teologi.

Ma come poi tutto ciò fu collegato ad Agostino ? Due possono essere le spiegazioni: primo che necessitava un protagonista alla storia stessa e Agostino era l'uomo adatto in quanto era considerato un sommo teologo. La seconda spiegazione sta nella diffusione del testo di un apocrifo in cui san Gerolamo (come è stato anticipato all'inizio) discute con Agostino sulle capacità umane di comprendere il mistero divino. In ogni caso la prima volta che si incontra questa leggenda applicata ad Agostino corre nell'anno 1263. In margine va ricordata la disputa sul luogo dove si sarebbe svolto l'incontro tra Agostino e Gesù Bambino: sulla spiaggia di Civitavecchia o di Ippona ? Gli Eremitani e i Canonici si batterono a lungo sul tema, soprattutto perché ciascuno sosteneva che Agostino era stato il vero fondatore del loro Ordine religioso.