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PITTORI: Antoine de Lonhy

Sant'Agostino vescovo e la chiesa

Sant'Agostino vescovo e la chiesa

 

 

ANTOINE DE LONHY

1462

Barcellona, Museo dell'Arte della Catalogna

 

Sant'Agostino vescovo e la chiesa

 

 

 

 

L'opera di scuola catalano aragonese è da certuni attribuita a Miguel Nadal ed è conservata a Barcellona al Museo dell'Arte della Catalogna. La tavola è databile al 1462. Sono molto evidenti le influenze stilistiche dell'arte sia catalana che aragonese, inclini ad un ricco uso di colori dorati e a sceneggiature abbondanti di particolari, quasi fosse una miniatura. Sant'Agostino vi è stato dipinto nella sua tradizionale raffigurazione di vescovo: in testa porta la mitra e il nimbo dei santi. Con la mano sinistra regge un modello della chiesa che lo ha invocato come patrono. L'espressione del viso è seria e autorevole, mentre con la mano sinistra alzata impartisce una benedizione.

Antoine de Lonhy, nato forse a Tolosa, autore di questa pala, detta Pala degli Agostiniani della Domus Dei Miralles è documentato ad Avigliana nel 1462. Maestro di vetrate, pittore, miniatore e disegnatore di ricami, l'artista è documentato anche a Barcellona nel 1460 e 1462, dove realizzò la vetrata del rosone centrale di Santa Maria del Mar e il polittico qui descritto raffigurante la Madonna col Bambino e Bertram Nicolau tra i santi Agostino e Nicola nel registro inferiore con l'Adorazione dei Magi. Il retablo che si trovava nel convento della Domus Dei a Miralles è ora conservato a Barcellona nel Museo de Arte de Cataluna.

La grande tavola catalana propone diverse scene in uno stile particolarmente ricco, tipico dell'arte locale del XV secolo. Di particolare interesse sono gli episodi nei comparti inferiori: a sinistra c'è Agostino che regge la Chiesa, al centro la Vergine in trono e nel comparto di destra è stato raffigurato san Nicola da Tolentino. In alto a sinistra Agostino consegna la veste ai frati. In altro scomparto compare la morte di Monica ad Ostia. La madre di Agostino è sdraiata su un letto mentre intorno a lei si assiepano in piedi numerosi monaci agostiniani in preghiera che seguono l'orazione pronunciata dal figlio che qui è stato raffigurato già come vescovo e con l'abito monacale sotto il piviale.Il pittore francese eseguì anche varie opere nel Piemonte occidentale, dato che è possibile identificarlo con il cosiddetto Maestro della Trinità di Torino. Al dipinto torinese si saldano, secondo una cronologia che va rivisitata, opere come la Natività del Museo Mayer van der Berg di Anversa, la tavola mutila con un San Francesco, sormontata da una Pietà (Avigliana, cappella di Battaglioni), e gli affreschi della chiesa abbaziale della Novalesa in Valle di Susa. Lo stile aristocratico e cosmopolita del Maestro, che aveva ben presenti stili provenzali, franco-borgognoni, ma non misconosceva influenze fiamminghe, ci sorprende per la qualità nelle scelte di morbido modellato, nella gamma preziosa dei colori, di delicata contenutezza tonale eppure egualmente calamitanti.

 

La leggenda della vita di san Nicola da Tolentino rappresentata da un ignoto pittore giottesco detto Maestro della Cappella di San Nicola, narra come i suoi genitori, ormai anziani, si fossero recati a Bari su consiglio di un angelo in pellegrinaggio alla tomba di san Nicola di Mira, per avere la grazia di un figlio. Ritornati a Sant'Angelo ebbero il figlio desiderato e, ritenendo di aver ricevuto la grazia richiesta, lo chiamarono Nicola. Il giovane Nicola entrò nell'Ordine degli Eremitani di Sant'Agostino.

Fece la sua professione religiosa (voti solenni) a meno di diciannove anni. Nel 1269 fu ordinato sacerdote. Dopo la sua ordinazione, predicò soprattutto a Tolentino, dove fu trasferito intorno al 1275. Nel convento di Sant'Agostino di Tolentino rimase fino alla sua morte nel 1305.

Celebri sin dal Medioevo sono i cosiddetti "panini miracolosi" di san Nicola, che servirono anche per la raccolta di farina da parte dei fedeli che si recavano al santuario e che dettero nome anche alla compagnia cerretana degli "affarinati", citata anche dal vescovo urbinate Teseo Pini nel suo Speculum Cerretanorum. Viene ricordato il 10 settembre.

La sua tomba, a Tolentino, è conservata con venerazione dai fedeli.

Il celebre santo marchigiano ha una propria amplissima iconografia, che ne trattano la vita e i miracoli. A Tolentino sorge la più bella e grande Basilica in suo onore. In diverse rappresentazioni Nicola viene raffigurato assieme ad Agostino, di cui fervente seguace sin dalla gioventù, quando indossò la tonaca nera degli agostiniani nel Trecento. Fu un asceta rigidissimo con se stesso e dolce e comprensivo con i poveri, i bisognosi e gli ammalati. Grande confessore, fu pieno di umana compassione per ogni tipo di miseria. L'incondizionata obbedienza, il distacco completo dai beni terreni, l'umiltà e la modestia furono costanti della sua vita.

Intorno a lui c'è sempre un'aura di prodigio, che comincia dalla nascita, avvenuta quando i genitori parevano destinati a non avere figli. Nel processo per la canonizzazione, aperto vent'anni dopo la sua morte, 371 testimoni verranno a parlare dei suoi moltissimi miracoli. Sappiamo inoltre che Nicola è anche un maestro di rigore ascetico, cioè di severità con sé stesso. Un insieme di elementi certo eccezionali, ma piuttosto staccati dal vivere comune della gente, incapace di miracoli e non ghiottissima di penitenza. Invece Nicola - a dispetto delle controindicazioni - è un santo sempre popolarissimo proprio tra la gente comune, di secolo in secolo: è l'amico dei giorni feriali, che viene in casa portando la festa.