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PITTORI: Cristoforo Majorana

Sant'Agostino contrasta i Manichei

Sant'Agostino contrasta i Manichei

 

 

CRISTOFORO MAJORANA

1480-1485

Parigi, Biblioteca Nazionale ms. Lat. 2082

 

Sant'Agostino contrasta i Manichei e Fausto

 

 

 

La miniatura del codice "Contra Faustum" Lat. 2082 conservato alla Biblioteca Nazionale di Parigi viene comunemente attribuita a Cristoforo Majorana. La sua realizzazione fu eseguita probabilmente a Napoli all'epoca di Ferrante I (1458-1494) presso la cui corte l'artista lavorò dal 1480 al 1492. Dalla biblioteca reale napoletana il volume passò in Francia nel Cinquecento. La miniatura dalle dimensioni di 8,5x7,5 cm ha una forma leggermente rettangolare e si trova all'inizio del primo libro "Contra Faustum" di Agostino.

In alto a destra è posizionata la I capolettera, per cui l'intera miniatura funge anche da capolettera I(n civitate mitelevitanus eloquio ..) dell'incipit del testo agostiniano. Il santo, da una tribuna lignea, sta predicando a braccia aperte. Questa specie di pulpito è posto davanti a un tempio della classicità romana. Ad Agostino, che si presenta in paramenti episcopali con la mitra in testa, si oppone la figura di Fausto, ritto in piedi, con un turbante in testa, una folta barba e un mantello rosso che si sovrappone a una tunica verde.

Tutto attorno a Fausto ci sono altri tre personaggi, tutti con il cappello come Fausto, che quasi sicuramente sono da riconoscere nei suoi discepoli o adepti alla medesima setta manichea. Dalla parte di Agostino se ne stanno altri tre personaggi privi di turbante, che si manifestano come sostenitori delle argomentazioni di Agostino. Costui indossa un piviale rosso, sopra il quale è ben evidente la cocolla nera della tunica degli eremitani.

 

1. Ci fu un certo Fausto di stirpe africana, cittadino di Milevi, piacevole nel conversare, avveduto per natura, seguace della setta manichea e, per conseguenza, corrotto da un nefando errore. Ho conosciuto di persona quest'uomo, come ricordo nei libri delle mie Confessioni. Costui pubblicò un volume contro la retta fede cristiana e la verità cattolica. Il volume giunse nelle mie mani e fu letto dai fratelli. Questi a loro volta espressero il desiderio e insistettero, per il diritto derivante loro dall'amore che mi lega al loro servizio, perché fornissi una mia risposta. Mi accingo pertanto a quest'impresa nel nome e con l'aiuto del Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo in modo che tutti coloro che leggeranno si rendano conto che non hanno nessun valore un ingegno acuto ed un eloquio fluente se i passi dell'uomo non sono guidati dal Signore. Questo privilegio fu concesso a molti, benché tardi e deboli d'ingegno, grazie ad un segreto atto di amore da parte della provvidenza divina, mentre molti altri, forniti d'acutezza d'ingegno e di abilità oratoria, ma abbandonati dall'aiuto divino, si volsero verso questo errore con prontezza e pertinacia allontanandosi per largo tratto dalla via della verità. Ritengo quindi utile riportare a nome di Fausto le sue precise parole e a nome mio la mia risposta.

AGOSTINO, Contro Fausto Manicheo 1, 1

 

Il Manicheismo fu la religione fondata dal partico Mani nella seconda metà del III secolo d. C. frutto di una rivelazione ricevuta dal suo fondatore da parte dello Spirito della luce che si presentò a lui come suo "gemello" spirituale. Il Manicheismo si basava sulla netta divisione della realtà in due principi opposti in lotta tra loro: il Bene ed il Male, o meglio, la Luce e le Tenebre. All'origine dei tempi il Regno delle tenebre, dominato dall'aggressività e dalla ottusità, invase il Regno della luce e, dalla loro commistione, ebbero origine il Mondo e gli uomini. Qualche volta è stato affermato che alcuni collegamenti con il cristianesimo furono introdotti quando il manicheismo iniziò a rapportarsi con l'Occidente, in realtà essi furono intessuti fin dall'inizio dallo stesso Mani, poiché il cristianesimo era, probabilmente, la religione più diffusa in tutta la Mesopotamia.

Ad occidente il manicheismo si diffuse nell'Africa Proconsolare, dove sembra abbia avuto un secondo apostolo inferiore solo a Mani, un'ulteriore incarnazione del Paraclito, Adimantus. Prima del 296 il Proconsole Giuliano aveva scritto all'imperatore che i manichei minavano la pace della popolazione e provocavano danni alle città. Diocleziano rispose con un editto di persecuzione e non se ne seppe più nulla fino ai tempi di Agostino, che aderì alla setta per ben nove anni prima di convertirsi al cristianesimo. Comunque, l'esponente più famoso del manicheismo africano fu Fausto di Milevi, che Agostino confutò in un'opera di 33 libri.

Il manicheismo fu bandito da un editto di Diocleziano del 296, che comminava la pena di morte o il lavoro nelle miniere. Una legge del 382 di Teodosio puniva con la morte la maggior parte di loro, Nonostante ciò ve n'erano moltissimi, anche nella capitale dell'Impero, dove si trovavano Uditori ed Eletti.

 

 

Majorana Cristoforo

Non è nota la data di nascita di questo miniatore originario di Napoli. Si ipotizza una formazione e una lunga permanenza (1465-1480 circa) nella bottega di Cola Rapicano con il quale collaborò in diverse occasioni. La prima documentazione che lo riguarda risale alla fine del 1472 quando ha per committente la corte aragonese e i suoi più importanti esponenti, per cui lavorò tutta la vita. A dicembre di quell'anno riscosse 10 ducati a saldo per "miniare cierti libri" per Alfonso d'Aragona, duca di Calabria.

Un ordine di pagamento della Tesoreria reale, datato 13 ottobre 1480 gli assegnava un acconto "per lo minar de Agostino super salmis", opera individuata nell'esemplare della British Library di Londra (Add. Mss., 14779-83), appartenuto a Ferdinando I e caratterizzato da un bellissimo frontespizio architettonico all'antica che apre il terzo libro, con l'iniziale "A" raffigurante S. Agostino nello studio.

Fu di nuovo pagato nel 1481 per un codice con le Favole di Esopo. Il suo stile è caratterizzato da una notevole padronanza della miniatura rinascimentale all'antica, con frontespizi di opere costituite da architetture classiche e putti. Ha tratto ispirazione dai manoscritti che venivano realizzati a Padova e Roma, dove è probabile che si sia recato. I suoi modelli sono Gaspare de Padova e Giovanni Todeschino di cui tuttavia semplifica le forme. Il suo stile richiama quello del suo maestro Cola Rapicano, mentre si distingue per i personaggi di vecchi con barba fluente e guance pizzicate.