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PITTORI: Maestro slovacco

Agostino e il bambino sulla spiaggia

Agostino e il bambino sulla spiaggia

 

 

MAESTRO SLOVACCO

1470-1475

Spišské Podhradie, Spisska Kapitula

 

Agostino e il bambino sulla spiaggia

 

 

 

Spišská Kapitula è una cittadella ecclesiastica, che sorge nel comune slovacco di Spišské Podhradie, ai piedi del castello di Spiš. La cittadella comprende la cattedrale di san Martino e un ex monastero di origini medioevali circondati dalle mura cittadine. Il luogo divenne un importante centro ecclesiastico della regione dello Spiš nel XII secolo, sede di una collegiata e di un capitolo. Nel 1776 la prepositura fu elevata a diocesi di Spiš. La cattedrale fu costruita tra il XIII e il XV secolo in stile romanico e gotico. Al suo interno sono conservati diversi altari medievali e le sepolture della famiglia Zápolya, che ebbe la signoria sulla regione di Spiš. Un dipinto murale del 1317 raffigura l'incoronazione di Carlo Roberto d'Angiò a re d'Ungheria; un altro dipinto della cattedrale è attribuito all'anonimo Maestro di Kirchdrauf.

Su un pannello di una pala d'altare troviamo questa raffigurazione di Agostino alle prese con un bambino seduto ai suoi piedi con in mano un cucchiaio. L'opera che risale al 1470-1475 ed ha le dimensioni di 72,5x30 cm è stata realizzata su legno e dipinta a tempera.

Agostino indossa i paramenti episcopali con la mitra in testa e un nimbo che la avvolge. Con la mano sinistra regge il bastone pastorale, mentre con la destra accenna a una benedizione. Lo sguardo si volge verso il bambino, che a sua volta alza il suo viso per osservare Agostino. L'episodio fa riferimento ad una leggenda medioevale il cui soggetto è costituito dal desiderio di Agostino di conoscere il mistero della Trinità.

L'episodio descritto in questa leggenda è abbastanza noto: Agostino un giorno passeggiava per una spiaggia quando incontrò un bambino-angelo che con un secchiello prendeva dell'acqua di mare e la versava in una piccola cavità nella sabbia. Alla domanda del Santo su che cosa stesse facendo, il bambino avrebbe risposto che voleva porre tutto il mare dentro quel buco. Quando il Santo gli fece notare che ciò era impossibile, il bambino avrebbe replicato che così come non era possibile versare tutto il mare dentro la buca allo stesso modo era impossibile che i misteri di Dio e della SS. Trinità entrassero nella sua piccola testa di uomo.

 

Questa leggenda è stata studiata da L. Pillion in La Légende de s. Jérome in Gazette des Beaux-Arts del 1908. L'episodio che godrà di molta fortuna nella iconografia agostiniana riprende un testo della Lettera apocrifa a Cirillo che avrebbe scritto lo stesso Agostino. In un passo Agostino ricorda una rivelazione divina con queste parole: "Augustine, Augustine, quid quaeris ? Putasne brevi immittere vasculo mare totum ?".

Questa leggenda si troverebbe forse già nel XIII secolo, sotto forma di exemplum, in uno scritto di Cesare d'Heisterbach (cfr. H. I. Marrou, Saint Augustin et l'ange, une légende médioévale, in l'Homme devant Dieu, Mélanges offerts au P. de Lubac, II, 1964, 137-149).

Questa leggenda sulla Trinità soppiantò ben presto la leggenda della Vedova che trattava dello stesso argomento della Trinità. L'origine di questa tematica iconografica non proverrebbe dunque dalla agiografia medioevale quanto piuttosto dalla predicazione. P. Antonio Iturbe Saìz ha a sua volta proposto una possibile ricostruzione della sua origine: nel secolo XIII si scrivevano "exempla" per i predicatori e in uno di questi apparve questa leggenda applicata a un professore di scolastica di Parigi con un fine chiaramente morale: criticare la alterigia e la superbia dei teologi.