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PITTORI: Oreste de Ferrari

Sant'Agostino e il Cristo pellegrino

Sant'Agostino e il Cristo pellegrino

 

 

ORESTE DE FERRARI

1605-1657

Genova, Accademia Ligustica

 

Sant'Agostino e il Cristo pellegrino

 

 

 

 

La tela di Oreste de Ferrari riprende un celebre episodio frequentemente ricordato nella iconografia agostiniana: la leggenda del Cristo pellegrino che appare ad Agostino sotto le spoglie di un viandante a cui Agostino ha lavato i piedi con umiltà. Un giovane Cristo si rivolge ad Agostino ormai anziano, calvo, con una folta barba e gli dice: Magne Pater Augustine hodie meruisti videre Filium Dei in Carne. Tibi commendo Ecclesiam meam. Le parole fuoriescono dalla bocca del Cristo e roteando finiscono ad Agostino che ascolta con attenzione. Indossa il saio degli eremitani mentre con una mano afferra il polpaccio del viandante-Cristo per lavarlo nella bacinella d'acqua. A destra un frate osserva l'operato di Agostino.

L'opera è conservata a Genova all'Accademia Ligustica. Girando l'angolo della seconda sala del Museo Ligustico si nota il "Sant'Agostino che lava i piedi a Cristo in sembianze di pellegrino", capolavoro di Orazio De Ferrari della metà del Seicento. Rispetto all'opera di uguale soggetto dello Strozzi (provengono entrambe da chiese dei Frati Agostiniani) della sala precedente, al De Ferrari sono bastati meno personaggi, gesti ponderati e colori tenui per raffigurare lo straordinario evento (insolito l'uso quasi fumettistico della scritta che esce dalla bocca secondo un costume proprio della pittura primitiva), segno di una raggiunta maturità espressiva. 

 

Questa leggenda mette in luce la carità di Agostino e divenne molto cara agli Eremitani ed ai Canonici. Secondo M. Aurenhammer, che lo affermò nel suo Lexikon der christlichen Ikonographie (Vienna, 1953), la leggenda sarebbe stata elaborata in Spagna, dove in effetti appare per la prima volta. Da lì si diffuse nelle Fiandre.

Probabilmente fu estrapolata da qualche frase di Giordano di Sassonia, che nel suo Liber vitasfratrum scrisse: "Unde in Vitaspatrum legitur, quod sanctus Apollonius fratribus suis praecipiebat attentius, ut advenientes fratres quasi Domini susciperent adventum: "Nam et adorari adventantes fratres propterea", inquit, "traditio habet ut certum sit in adventu eorum adventum Domini nostri iesu Christi haberi, qui dicit: Hospes fui et susceptistis me". Et hoc sumpta est illa laudabilis observantia Ordinis, ut fratres hospites recipiantur cum genuflexione et manuum deosculatione."

N. CRUSENIUS nel suo Monasticon Augustinianum, I, 7 pubblicato a Vallisoleti nel 1623 a sua volta scrive: "Ad interiora deserti secedens, Christum hospitio suscipit, pedes lavat et audit: 'Augustine, Filium Dei hodie in carne videre meruisti; tibi commendo Ecclesiam meam.' S. Prosper et alii ", dove questi alii sarebbero Ferdinando vescovo di Tarragona e Jean Maburn canonico regolare.

Il primo a produrre questo tema iconografico fu Huguet, ma sarà Bolswert con le sue incisioni a diffonderlo ampiamente. La valenza di questo soggetto è teologicamente importante sia perchè abbondano i testi agostiniani che sottolineano il valore dell'ospitalità al pellegrino, e perchè Agostino stesso diede molta importanza all'ospitalità nei suoi monasteri. Già nelle Costituzioni Agostiniane del 1290 si trova il passo che stabilisce per i pellegrini la possibilità di lavarsi i piedi nel monastero. Nel 1686 si ribadisce che bisogna lavare i piedi dei pellegrini come se fossero la persona di Cristo.

Il tema di Agostino che lava i piedi al Cristo ha un grande valore anche teologico, poiché secondo la tradizione degli agostiniani eremitani, Agostino quando era monaco a Tagaste si sarebbe ritirato in un eremo con finalità di pura contemplazione. L'apparizione di Cristo in forma di pellegrino, gli avrebbe imposto di ritornare al mondo per testimoniare con la parola e le opere la vita cristiana.

Spesso la scena è accompagnata dal testo "O grande padre Agostino, ti affido la mia Chiesa", tratto da un apocrifo ambrosiano. E' un chiaro segno per giustificare la vita mista fra contemplazione e azione propria degli eremitani, con l'invito a seguire l'esempio del santo fondatore.