Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Seicento: Alonso de Herrera

PITTORI: Alonso de Herrera

Sant'Agostino e il mistero della Trinità

Sant'Agostino e il mistero della Trinità

 

 

ALONSO DE HERRERA

1620-1640

Puebla, Museo José Luis Bello y Zetina

 

Sant'Agostino ferito d'amore per Cristo e il mistero della Trinità

 

 

 

L'opera che raffigura Agostino intento a scrivere al suo scrittoio mentre una freccia gli trafigge il cuore è opera del pittore messicano seicentesco Alonso De Herrera.

La tela è conservata Puebla in Messico nel Museo José Luis Bello y Zetina.

Le collezioni conservate in questo museo sono in gran parte dovute a José Luis Bello y Gonzalez, nonno Don José Luis Bello e Zetina, che si trasferì dalla natia Veracruz alla città di Puebla nel 1822. Alla sua morte lascia 324 dipinti che sono distribuiti tra i quattro figli. Uno di loro, di nome Mariano Bello e Acedo, concede allo Stato la sua eredità, che aveva aumentato significativamente, per creare nel 1944 il "Museo José Luis Bello y Gonzalez". Un altro figlio, Rodolfo, diventa il fondatore del museo.

La casa che ospita la collezione d'arte di Don José Luis Bello e Zetina faceva parte del convento monumentale dell'Ordine di San Domenico de Guzman, che ha coperto due interi isolati.

Jose Luis Bello y Gonzalez aveva acquistato la parte del convento che costituiva l'antico reparto di accoglienza dei pellegrini.

 

Il santo, vestito da vescovo, con la mitra in testa, ha un aspetto molto giovanile, con una folta barba nera che gli scende sul petto.

L'iconografia di Agostino trafitto da una freccia si trova codificato in un testo seicentesco di CORNELIUS LANCELOTZ, Sancti Aurelii Augustini Hipponensis episcopi et S.R.E. doctoris vita   pubblicato ad Anversa nel 1616, dove si trova scritto: "Nihilominus asserunt nonnulli viri grave (forsitan inducti verbis hisce Augustini, sageiitaveras tu Domine caritate tua cor meum etc.) non tantum spirituali vulnere seu tralaticio, verum etiam arcanis sacrorum vulnerum Iesu Christi stigmatis sanciatum Augustini cor fuisse.".

La scena ha come comune denominatore l'amore per Dio padre e la ricerca del senso del mistero della Trinità. La finestra che si apre a destra mostrando un ampio tratto di mare con navi alla fonda e all'orizzonte, presenta a sua volta un'altra scena famosa relativa alla Trinità.

Questa leggenda è stata studiata da L. Pillion in La Légende de s. Jérome in Gazette des Beaux-Arts del 1908. L'episodio che godrà di molta fortuna nella iconografia agostiniana riprende un testo della Lettera apocrifa a Cirillo che avrebbe scritto lo stesso Agostino. In un passo Agostino ricorda una rivelazione divina con queste parole: "Augustine, Augustine, quid quaeris ? Putasne brevi immittere vasculo mare totum ?".

Questa leggenda si troverebbe forse già nel XIII secolo, sotto forma di exemplum, in uno scritto di Cesare d'Heisterbach (cfr. H. I. Marrou, Saint Augustin et l'ange, une légende médioévale, in l'Homme devant Dieu, Mélanges offerts au P. de Lubac, II, 1964, 137-149).

Questa leggenda sulla Trinità soppiantò ben presto la leggenda della Vedova che trattava dello stesso argomento della Trinità. L'origine di questa tematica iconografica non proverrebbe dunque dalla agiografia medioevale quanto piuttosto dalla predicazione. P. Antonio Iturbe Saìz ha a sua volta proposto una possibile ricostruzione della sua origine: nel secolo XIII si scrivevano "exempla" per i predicatori e in uno di questi apparve questa leggenda applicata a un professore di scolastica di Parigi con un fine chiaramente morale: criticare la alterigia e la superbia dei teologi.

Ma come poi tutto ciò fu collegato ad Agostino ? Due possono essere le spiegazioni: primo che necessitava un protagonista alla storia stessa e Agostino era l'uomo adatto in quanto era considerato un sommo teologo. La seconda spiegazione sta nella diffusione del testo di un apocrifo in cui san Gerolamo (come è stato anticipato all'inizio) discute con Agostino sulle capacità umane di comprendere il mistero divino. In ogni caso la prima volta che si incontra questa leggenda applicata ad Agostino corre nell'anno 1263. In margine va ricordata la disputa sul luogo dove si sarebbe svolto l'incontro tra Agostino e Gesù Bambino: sulla spiaggia di Civitavecchia o di Ippona ? Gli Eremitani e i Canonici si batterono a lungo sul tema, soprattutto perché ciascuno sosteneva che Agostino era stato il vero fondatore del loro Ordine religioso.

 

 

Fray Alonso de Herrera

Messicano di nascita (1579-1654), questo pittore è stato anche un sacerdote domenicano. Per le sue qualità diventò il pittore ufficiale di questa congregazione, e suoi quadri si trovano nei conventi di Oaxaca, in Messico e in altri luoghi. Per la sua grande abilità nel rappresentare temi religiosi, fu chiamato "El Divino Herrera". Il dipinto che raffigura Agostino è realizzato su lamina di rame e dipinto da entrambi i lati: l'altra faccia raffigura san Domenico. Questa particolarità suggerisce che abbiamo a che fare con lo sportello di un Sacrario. Sul frontale, dove si nota la firma dell'artista, è rappresentato sant'Agostino, con i paramenti del vescovo in un atteggiamento di estasi mentre riceve del Cielo l'ispirazione per la scritto che sta eseguendo. Tiene nella mano destra una penna per scrivere. La ricchezza del suo mantello, luminoso e colorato, è realizzata con grande dettaglio e competenza. Sul dritto è dipinto san Domenico, con il suo bianco e nero abito monacale, con lo sguardo rivolto in alto, come se fosse in estasi. Sulla sua testa cadono i raggi di ispirazione celestiale. Nelle sue mani regge una piccola croce e un giglio, simbolo di purezza.