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PITTORI: Anonimo romano

Sant'Agostino

Sant'Agostino nel suo studio

 

 

ANONIMO ROMANO

1600-1699

Roma, Basilica di S. Pietro in Vincoli

 

Sant'Agostino nel suo studio

 

 

 

Il dipinto di ignoto autore raffigura sant'Agostino nel suo studio mentre è intento a trovare l'ispirazione per i suoi scritti. Il santo, vestito da vescovo ha la mano sinistra deposta su un libro, che trattiene sulle ginocchia, mentre la mano destra si alza leggermente con un gesto simbolico che esprime attesa in qualche cosa che sta per accadere. I simboli della sua dignità episcopale sono stati riposti poco lontano: la mitra sul tavolo, mentre il bastone pastorale si intravede dietro il copro del santo, seduto su una sedia. Lo sguardo del santo esprime una forte estasi, quasi un colloquio intimo con il divino. La scena è stata ripresa più volte da diversi artisti, che hanno rappresentato il santo nel suo scrittoio seduto in atto di scrivere. La scena è spesso il complemento o l'ambientazione preferita per le rappresentazioni tradizionali di Agostino vescovo e Dottore della Chiesa: sua caratteristica è proprio quella di avere scritto un gran numero di opere. La scena tuttavia qualche volta viene scambiata dagli artisti con quella del sogno di san Gerolamo, che si svolge anch'essa nello studiolo del santo mentre è intento a scrivere. L'opera si trova a Roma, nella Basilica di S. Pietro in Vincoli

Questa basilica è nota anche con il nome di basilica eudossiana in analogia alla fondatrice, l'imperatrice romana Licinia Eudossia. La chiesa è famosa anche perchè ospita il Mosè di Michelangelo nella tomba di Giulio II.

La basilica venne costruita nel 442, presso le Terme di Tito all'Esquilino, da Licinia Eudossia, figlia di Teodosio II e moglie di Valentiniano III sul luogo di un precedente luogo di culto. L'imperatrice volle l'edificazione della chiesa per avere un luogo sacro dove custodire le catene (vincula) di san Pietro. Queste catene erano state portate a Roma da sua madre, l'imperatrice Elia Eudocia, che le aveva avute in dono da Giovenale, patriarca di Gerusalemme durante il suo viaggio in Terra Santa. Queste catene "palestinesi" erano di poi conservate assieme alle catene che avevano legato il santo nel carcere Mamertino. Una leggenda narra che papa Leone I, avvicinandole per confrontarle, le abbia viste congiungersi tra loro tanto da diventare inseparabili. L'edificio fu restaurato una prima volta da papa Adriano I nel 780, e poi successivamente da papa Sisto IV e da Giulio II. A Giulio II si deve l'architettura attuale della chiesa, con il portico d'ingresso, e la ristrutturazione del convento annesso.