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PITTORI: Maestro boemo

Agostino e il mistero della Trinità

Agostino e il mistero della Trinità

 

 

MAESTRO BOEMO

1750-1780

Bratislava, Galleria Nazionale Slovacca

 

Agostino e il mistero della Trinità

 

 

 

La pittura che raffigura sant'Agostino è di ignoto pittore dell'Europa centrale della seconda metà del Settecento. Il dipinto misura in  altezza 88 cm. e in larghezza 65. Soggetto della raffigurazione è sant'Agostino che è seduto nel suo studio davanti allo scrittoio con un gran libro aperto. La sedia curiosamente ha una gamba a forma di zampa. Il santo tiene nella mano sinistra una penna e nella destra un cuore fiammante. Argomento della scena è la ricerca del mistero della Trinità che Agostino cercò di conoscer per gran parte della sua vita. Il santo, dall'aspetto relativamente giovanile, con una foltissima barba riccioluta, ha lo sguardo quasi assente, completamente rivolto al pensiero della Trinità, che appare in alto a sinistra in mezzo alle nubi.

La camera si apre  a destra verso un ampio orizzonte marino, dove si nota un bambino che sta giocando con la sabbia in riva al mare. La sua presenza richiama una leggenda medioevale che coinvolge Agostino e la sua indagine sulla Trinità. L'episodio descritto in questa leggenda è abbastanza noto: Agostino, grande ricercatore del mistero della Trinità, un giorno passeggiava per una spiaggia quando incontrò un bambino-angelo che con un secchiello prendeva dell'acqua di mare e la versava in una piccola cavità nella sabbia. Alla domanda del Santo su che cosa stesse facendo, il bambino avrebbe risposto che voleva porre tutto il mare dentro quel buco. Quando il Santo gli fece notare che ciò era impossibile, il bambino avrebbe replicato che così come non era possibile versare tutto il mare dentro la buca allo stesso modo era impossibile che i misteri di Dio e della SS. Trinità entrassero nella sua piccola testa di uomo.

 

Questa leggenda è stata studiata da L. Pillion in La Légende de s. Jérome in Gazette des Beaux-Arts del 1908. L'episodio che godrà di molta fortuna nella iconografia agostiniana riprende un testo della Lettera apocrifa a Cirillo che avrebbe scritto lo stesso Agostino. In un passo Agostino ricorda una rivelazione divina con queste parole: "Augustine, Augustine, quid quaeris ? Putasne brevi immittere vasculo mare totum ?".

Questa leggenda si troverebbe forse già nel XIII secolo, sotto forma di exemplum, in uno scritto di Cesare d'Heisterbach (cfr. H. I. Marrou, Saint Augustin et l'ange, une légende médioévale, in l'Homme devant Dieu, Mélanges offerts au P. de Lubac, II, 1964, 137-149).

Questa leggenda sulla Trinità soppiantò ben presto la leggenda della Vedova che trattava dello stesso argomento della Trinità. L'origine di questa tematica iconografica non proverrebbe dunque dalla agiografia medioevale quanto piuttosto dalla predicazione. P. Antonio Iturbe Saìz ha a sua volta proposto una possibile ricostruzione della sua origine: nel secolo XIII si scrivevano "exempla" per i predicatori e in uno di questi apparve questa leggenda applicata a un professore di scolastica di Parigi con un fine chiaramente morale: criticare la alterigia e la superbia dei teologi.