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PITTORI: Alessandro Magnasco

Agostino e il Bambino sulla spiaggia

Agostino e il Bambino sulla spiaggia

 

 

ALESSANDRO MAGNASCO

1730-1740

Genova, Museo di Palazzo Bianco

 

Agostino e il Bambino sulla spiaggia

 

 

 

L'opera raffigura un celebre episodio iconografico agostiniano che vuole simbolizzare il desiderio di Agostino di conoscere il mistero della Trinità.

La tela fu dipinta dal genovese Alessandro Magnasco detto il Lissandrino (1667-1749).

Con la morte del padre Stefano, anche lui pittore allievo di Valerio Castello, Alessandro Magnasco, ad appena cinque anni, venne affidato a un mercante che, nel 1682 circa, lo condusse a Milano. Qui conobbe Filippo Abbiati di cui divenne allievo. Del periodo milanese gli resterà un grande ricordo soprattutto della coeva pittura veneziana, fatta di materia pastosa e sfaldata con violenti contrasti sia cromatici che luministici.

Questi effetti li possiamo notare nell'opera agostiniana, dove lo scenario si svolge in un contesto marino non ben definito, ma ricchissimo di elementi cromatici, Considerato uno dei pittori più originali del Settecento italiano, Magnasco si distinse, nella pittura di genere popolaresco, per la pennellata densa di contrasti luminosi che tendevano a costruire apparati oscuri e figure distorte, anticipando la pittura dei secoli successivi da William Turner agli Impressionisti.

Magnasco nella sua visione della luminosità aggiunge una forte dose di drammaticità ed un certo gusto tutto rococò di stampo scenografico e teatrale. In un panorama burrascoso dove le acque oscillano al fluir del vento Agostino e il Bambino sembrano minuscoli di fronte alla drammaticità dell'evento che si sta sviluppando intorno a loro con la natura scatenata come una furia. Agostino con in mano un libro aperto interroga il Bambino mentre il suo abito nero, la veste degli Eremitani, svolazza nell'aria scossa dal forte vento. Il Bambino si rivolge al santo offrendogli la tazza d'acqua che ha preso dalla vicina pozzanghera. Sullo sfondo, in tanto mulinare di vento, una torre dà quasi un senso di sicurezza e di forza in tanto ondeggiare.

"Pittore di un carattere particolare nelle sue pitture": così Carlo Giuseppe Ratti descrive Alessandro Magnasco nella biografia che dedica al grande pittore genovese. Carattere particolare, perché il protagonista è uno degli artisti più bizzarri e originali del suo tempo: quella di Magnasco è un'arte anticonformista e antiaccademica, dove i protagonisti non sono né re, né principi, ma sono spesso detenuti, zingari, quaccheri, frati, galeotti e, in generale, individui ai margini della società.

Questa leggenda è stata studiata da L. Pillion in La Légende de s. Jérome in Gazette des Beaux-Arts del 1908. L'episodio che godrà di molta fortuna nella iconografia agostiniana riprende un testo della Lettera apocrifa a Cirillo che avrebbe scritto lo stesso Agostino. In un passo Agostino ricorda una rivelazione divina con queste parole: "Augustine, Augustine, quid quaeris ? Putasne brevi immittere vasculo mare totum ?".

Questa leggenda si troverebbe forse già nel XIII secolo, sotto forma di exemplum, in uno scritto di Cesare d'Heisterbach (cfr. H. I. Marrou, Saint Augustin et l'ange, une légende médioévale, in l'Homme devant Dieu, Mélanges offerts au P. de Lubac, II, 1964, 137-149).

Questa leggenda sulla Trinità soppiantò ben presto la leggenda della Vedova che trattava dello stesso argomento della Trinità. L'origine di questa tematica iconografica non proverrebbe dunque dalla agiografia medioevale quanto piuttosto dalla predicazione. P. Antonio Iturbe Saìz ha a sua volta proposto una possibile ricostruzione della sua origine: nel secolo XIII si scrivevano "exempla" per i predicatori e in uno di questi apparve questa leggenda applicata a un professore di scolastica di Parigi con un fine chiaramente morale: criticare la alterigia e la superbia dei teologi.

Ma come poi tutto ciò fu collegato ad Agostino ? Due possono essere le spiegazioni: primo che necessitava un protagonista alla storia stessa e Agostino era l'uomo adatto in quanto era considerato un sommo teologo. La seconda spiegazione sta nella diffusione del testo di un apocrifo in cui san Gerolamo (come è stato anticipato all'inizio) discute con Agostino sulle capacità umane di comprendere il mistero divino. In ogni caso la prima volta che si incontra questa leggenda applicata ad Agostino corre nell'anno 1263. In margine va ricordata la disputa sul luogo dove si sarebbe svolto l'incontro tra Agostino e Gesù Bambino: sulla spiaggia di Civitavecchia o di Ippona ? Gli Eremitani e i Canonici si batterono a lungo sul tema, soprattutto perché ciascuno sosteneva che Agostino era stato il vero fondatore del loro Ordine religioso.