Percorso : HOME > Monachesimo agostiniano > Storia dell'ordine > Brettinesi > Costituzioni

LE COSTITUZIONI

Chiesa di S. Agostino a Cesena

 

Chiesa di S. Agostino a Cesena

 

 

LE COSTITUZIONI

di B. Van Luijk

 

 

 

Il priore generale Andrea dopo aver organizzato il governo dell'Ordine e si era procurata l'approvazione papale. La successione a fra Domenico sembra essere stata laboriosa. Fu la prima volta che si poneva il problema di una successione e in quel momento l'unità mancò in tal modo, che l'Ordine probabilmente rimase più a lungo di quanto fosse desiderabile privo d'un superiore maggiore. Nella prima costituzione papale emessa all'inizio del pontificato di Innocenzo IV nel 1243, il privilegio di predicare e confessare venne corroborato, ma con l'aggiunta che l'elezione del priore generale dovesse essere fatta entro tre mesi dopo il decesso del predecessore e che tale elezione spettasse ai definitori, ai visitatori e ai priori conventuali in carica (Nel breve Vota devotorum del 24 settembre 1243, L. 27). Dopo una settimana, il 1° ottobre, altre decisioni vennero approvate nel breve Quoties a Nobis petitur. Questo breve unisce alcuni privilegi generali e particolari ed è diviso in dodici paragrafi. Esso approvava la protezione apostolica dell'Ordine, l'accettazione della regola di S. Agostino e il possesso dei beni annessi all'eremo di S. Biagio di Brettino.

Ognuno poteva entrare nell'istituto e nessuno ne poteva uscire senza permesso scritto del priore; i membri non cadevano sotto l'interdetto (spesso emanato), salvo che non ne fossero stati la causa. Veniva prescritta la dipendenza dall'ordinario diocesano per quanto riguardava la cresima, l'olio santo, la consacrazione di chiese e di altari, e l'ordinazione dei chierici. L'eremo aveva il diritto di sepoltura, poteva eleggere liberamente il suo superiore e godeva la piena protezione papale dei suoi privilegi, possessi ed immunità (L. 28). Due anni dopo, questa costituzione papale venne confermata e ancora arricchita di altri privilegi col breve Religiosam vitam eligentibus (In data 3 novembre 1245, L. 55). In modo speciale si indicava che per possessi si intendevano il luogo stesso, con la chiesa, i giardini, i prati e i boschi, i terreni coltivati, i molini e le vie.

Questi possessi rimanevano liberi, quando lo fossero già, dalle tasse e dalle imposte: "in novalia vestra quae propriis manibus aut sumptibus colitis... sive de hortis sive virgultis et piscationibus vestris" (Queste esenzioni riguardano le imposizioni sui fitti e sui censi introdotte nel secolo decimo, cfr. L. NANNI, La parrocchia studiata nei documenti lucchesi dei sccoli VIII-XIII, Roma 1948, pp. 95-105. La povertà professata dai Brettinesi viene indicata come "spontanea" e mai assoluta, ma una descrizione dettagliata manca. Crediamo che la loro prassi somigli a quella dei Fratres de Poenitentia Iesu Christi, le cui costituzioni sono state studiate da A. C. LITTLE. Ne citiamo il paragrafo riguardo questa povertà, "The English Historical Review" 9 (1894), p. 124: Verum quia pauper Dominus noster Jesus Christus imitatores beatificat et exaltat, statuimus ut noster Ordo nullas habeat possessiones agrorum vel vinearum, nutrimenta animalium, census, redditus, nec aliqua immobilia nisi hortum et officinas. Unde si quae possessiones nobis datae vel relictae fuerint, licebit nobis eas recipere, dum tamen eas, quam cito bono modo poterimus, distribuamus in pietatis et caritatis operibus convertentes. Interim tamen ab amicis et familiaribus nostris sine periculo teneantur. Domorum autem ac officinarum nostrarum opera sint humilia et mediocra, in quibus non sint sumptus superflui nec voluptuosae et inutiles imagines picturarum). I vescovi non potevano di propria iniziativa liberamente usare i conventi per tenervi sinodi o cause giudiziarie; non potevano influire sull'elezione dei superiori o sulla nomina di qualsiasi frate. I superiori dell'Ordine a loro volta dovevano prestare obbedienza al vescovo diocesano secondo il diritto canonico, in quanto questo non contraddiceva le costituzioni particolari dell'Ordine, approvate dalla Chiesa.

Entro i limiti dei loro possessi (loca, nominati nei brevi per i Brettinesi) nessuno poteva costruire una chiesa se non con l'approvazione dell'Ordine, e con quella del vescovo, oppure con un permesso particolare della curia papale: un decreto per salvare l'unità nella direzione della cura d'anime e per evitare rivalità insane e litigiose. Infine vennero approvati l'abito in uso e le particolari aggiunte alla Regola di S. Agostino: le Institutiones eremiticae vitae fratrum Brictinensium, che finora non sono state ritrovate in extenso. Questa bolla papale era indirizzata al priore e ai frati di S. Biagio, mentre nel contenuto alcune direttive venivano assegnate a tutte le chiese, i conventi e i possessi dell'Ordine. Purtroppo questi titoli non sono nominatim elencati nella suddetta bolla, come in simili privilegi concessi ai Cistercensi Vallombrosani, Domenicani, Carmelitani ed altri, forse per mancanza di dati specifici alla curia papale, forse a causa della rapida espansione dei Brettinesi e per evitare che le fondazioni acquisite da ultimo fossero escluse dai privilegi papali. Nel 1248 il privilegio della questua venne expressis verbis sottoposto all'attenzione di tutta la gerarchia nel breve Circa opera pietatis (in data 4 luglio 1248, L. 69).

Furono rinnovate anche le due principali costituzioni apostoliche Quae omnium Conditoris e Religiosam vitam eligentibus aggiornando il contenuto secondo gli ulteriori sviluppi, per esempio cambiando la formulazione al singolare in quella al plurale, al fine di rendere validi i privilegi apostolici per tutte le fondazioni presenti e future (per il testo vedere L. 79, 96 e 126). Minuziosamente si descrisse il digiuno non omettendo quasi nessuna circostanza particolare. I cibi rafforzanti erano, per questi eremiti vegetariani, i "lacticinia"; l'uso della carne e di ogni lardo animale era proibito, eccetto che per i malati. Tre volte la settimana, fuori dai periodi dei digiuni ecclesiastici (la Quaresima di Pasqua e quella di S. Martino), erano concessi formaggio e uova. Coloro che non godevano di una salute robusta potevano essere dispensati dal digiuno particolare dell'Ordine da quello prescritto dalla Chiesa, con eccezione dei venerdì. Di tale dispensa godevano anche i frati viaggianti, i quali però non potevano mangiare "lacticinia" nei giorni delle quaresime generali della Chiesa. I laici non potevano partecipare alla mensa comune; i membri d'altri istituti religiosi e della gerarchia ecclesiastica soltanto quando le circostanze lo consigliassero. Il vestiario di ciascun frate comprendeva quattro tuniche, una cocolla, che in forma di "casula" con ampie maniche i Brettinesi portavano sopra la tunica, e due scapolari di stoffa semplice. I vestiti interiori, cioè mutande, camicie e la calzatura, che comprendeva calzini senza piede e sandali o zoccoli di legno, venivano prescritti dal priore (Per la descrizione del vestito, vedere § 8, e per il digiuno § 2-5 della costituzione papale Quae omnium Conditoris, L. 19 e 79).

Queste ed altre consuetudini, che vennero esplicitamente confermate in diversi decreti papali, costituivano l'interpretazione del tenore di vita di un Ordo già approvato dalla Chiesa. Quale questo fosse, non appare dai documenti brettinesi e neanche da una vita di un santo proveniente dal loro ceto come san Nicola di Tolentino, che circa il 1260 entrò nei Brettinesi, in quell'anno già uniti secondo i piani curiali, ma osservanti ancora le proprie consuetudini (Per la vita rimandiamo alle biograifie citate nell'articolo El Santoral de los Agustinos etc. in "Revista de Espiritualidad Agustiniana", 3 (1962), pp. 384-386). Non sembra impossibile che l'Ordo brictinensium riprendesse e interpretasse in modo severo l'osservanza descritta nella Regola di Petrus de Honestis, destinata alla congregazione canonicale di S. Maria del Porto fuori Ravenna (La Regula Clericorum Petri de Honestis, MPL. 163, 703-748, è stata scritta circa il 1115 ed approvata per il monastero di S. Maria di Porto da papa Pasquale II nell'anno seguente. Crediamo che i Brettinesi habbiano adoperato questa regola adattandola al loro tenore di vita, come è indicato nell'Appendice I, p. 87. Abbiamo dato i paralleli con i seguenti soggetti: Liber I. cap. 6: De priore eligendo; cap. 15: De paupertate; cap. 23: De foris mittendis fratribus; cap. 31: De vita arctiori; Liber 2. cap. 1-9: De ieiuniis; Cap. 10: De esu carnis; cap. 15-17: De cibis; cap. 21: De vestimentis; Liber 3, cap. 32: De hospitibus. Per la propagazione di questa regola, CH. DEREINE, Les Chanoines Réguliers dans l'acienne provincie ecclésiastique de Salzbourg d'après les travaux récents, RHE. 55 (1960). pp. 902-916). Questa regola ci permette una ricostruzione della vita interna. Giovani entrano come educandi e fanno la professione in età di diciotto anni, la formula è: Ego [Benignus] meipsum omnipotenti Deo offero et servitium ... ac oboedientiam quoque praelatis huius instituti secundum Deum et ordinem vestrum (secundum Regulam S. Augustini) in eo promitto. (Cap. IX C). La stessa regola descrive anche le officine di un convento: un oratorio, una piccola biblioteca, la sala del capitolo, il vestiario e dormitorio, il refettorio, una stanza comune con una stufa, gabinetti, cucina, cantieri, molino e panificio; in più un parlatorio, una infermeria e, se necessario, un educandato. Nel terzo libro viene descritto l'ufficio divino. Dal testo si può dedurre che i Brettinesi praticavano il coro notturno alle ore due, precedute da preghiere private.

Allo spuntar del sole si recitavano le "lodi", seguite dalla "prima"; nella mattina succedevano la "terza" e la celebrazione della S. Messa, fatta da uno dei frati-preti della comunità, durante la quale gli altri (preti, chierici e laici) potevano comunicarsi (Per quanto riguarda l'introduzione delle Messe private e la frequente Comunione, cfr. O. NUSSBAUM, Kloster, Priestermönch und Privatmesse, Bonn 1961, in cui annuncia anche studio particolare per Due e Trecento. Riguardo ai doveri spirituali per i laici-conversi (i non-sacerdoti), non abbiamo trovato alcuna indicazione, ma anche in questo si sono certamente adattati ai costumi già in uso, recitando 24 Pater Noster per il coro notturno, 5 per le lodi, 7 resp. per la prima, terza, sesta e nona, 12 per i vesperi e 7 per la compieta, come praticarono per esempio i Poveri Cattolici, J. B. PIERRON, Die Katholischen Armen, Freiburg i. Br. 1911, p. 156).

A mezzogiorno seguiva la recita della "sesta" che precedeva, tranne che nei tempi e giorni di digiuno, la colazione. Verso le ore quindici veniva recitata la "nona" e verso il calar del sole, dopo la cena, il "vespro"; il giorno si concludeva all'inizio del grande silenzio con la "compieta". Il carattere clericale dell'Ordine si deduce dai privilegi pontifici in cui la partecipazione dei Brettinesi alla vita attiva è descritta. Poiché le chiese ricevute non erano parrocchie in senso pieno, i Brettinesi ricevettero privilegi di dispensa rispetto ad alcuni decreti emessi nel concilio lateranense del 1123, i cui canoni avevano proibito a diverse nuove correnti religiose di predicare e di confessare, per accondiscendere ai desideri dei fedeli di essere sepolti nelle loro chiese o cimiteri con la condizione, però, di far pervenire le elemosine alla parrocchia a cui aspettavano secondo il diritto canonico. Le nuove correnti attiravano in tal modo i fedeli, che le parrocchie ne soffrivano in campo spirituale e ancora più in quello materiale. Per difendere il clero secolare la curia papale tentò di bloccare un ulteriore sviluppo della "vita vere apostolica" professata nei nuovi ordini, ripristinando i decreti del 1123, già parzialmente ripresi da Gregorio IX negli anni 1235-1237. Poco prima della morte di Innocenzo IV, che era promotore delle nuove tendenze, venne nel 1254 pubblicata la costituzione Etsi animarum affectantes, in cui si proibì a ciascun religioso o monaco la cura delle anime in qualsiasi forma.

Dopo cinque settimane però questa costituzione venne revocata (il 30 dicembre) in un breve di Alessandro IV, che incomincia con la toccante frase: Nec insolitum est che un pontefice cancelli i decreti del suo predecessore. Il nuovo papa ristabilì ed approvò la nuova prassi, che per mezzo del privilegio d'esenzione sottrasse sempre più i monaci e i mendicanti al controllo e alla giurisdizione del vescovo diocesano in favore della dipendenza dalla Sede Apostolica (Per la cura animarum praticata da monaci, vedere U. BERLIÈRE, L'exercise du ministère paroissial par les moins du XIIe au XVIIIe siècle, in "Revue Benedictine", 39 (1929), p. 312; P. COUSSIN, Précis d'histoire monastique, Tournai 1956, pp. 368-369; E. FEYARTS, De evolutie van het predikatierecht der religiuzen, in "Studia Catholica", nuova serie 25 (1950), pp. 177-190 e L. NANNI, op. cit., pp. 109-110, 116-120. I documenti papali: Etsi animarum del 21 novembre 1254, P. 15562 e Nec insolitum del 30 dicembre 1254, L. 120).