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Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Novecento: Maestro di LoanoPITTORI: Maestro di Loano
					   	        Agostino, la Vergine e santa Rita
MAESTRO DI LOANO
1998
Loano, convento di sant'Agostino
Agostino, la Vergine e santa Rita
Nel 1998 furono celebrati i 400 anni di fondazione del convento e della chiesa di sant'Agostino a Loano. Dedicati ad Agostino e santa Rita gli edifici agostiniani hanno visto la presenza di quest'ordine per ben quattro secoli. Per tale occasione venne realizzato un manufatto che riporta, oltre al ricordo del centenario, una tavola che riproduce le immagini di Agostino a sinistra, della Vergine al centro, e di santa Rita a destra. Agostino è raffigurato a mezzo busto nelle sue vesti episcopali, con la mitra in testa e l'aureola dei santi che circonda il suo capo. Con entrambe le mani regge un grande libro.
Il testo della lapide annessa recita: ALLA BEATA VERGINE MARIA A S. AGOSTINO S. RITA CON RICONOSCENZA E SPERANZA LA COMUNITA' AGOSTINIANA NEL IV CENTENARIO DELLA CHIESA E DEL CONVENTO 1598 1998.
Dal 1575 in poi il convento e la chiesa di Nostra Signora della Misericordia diventano parte integrante del disegno per l'organizzazione dello spazio urbano di Loano, insieme al palazzo principesco, al complesso conventuale del Carmelo, ai giardini e al grande viale alberato percorso da fontane. Una prima chiesa con annesso convento, terminata nel 1581, è affidata ai Frati di San Francesco da Paola, subito sostituiti nel 1582 dagli Agostiniani della Congregazione di Santa Maria della Consolazione. Nonostante la soddisfatta relazione del visitatore apostolico monsignor Mascardi, del 1586, che riserva parole di elogio anche per i due benefattori, Giovanni Andrea Doria I, nipote dell'ammiraglio Andrea Doria, e la moglie Zenobia Del Carretto, nel 1588, viene posta la prima pietra di una nuova più grande chiesa, sempre su progetto di Giovanni Ponzello, architetto del Principe e allievo di Gaelazzo Alessi, in collaborazione con il maestro Giuseppe da Lucca. La seconda chiesa è terminata nel 1598, dotata di tre navate divise da colonne in pietra di Finale, decisamente più grande e ricca di quella precedente, una semplice chiesa "campestre" con "pareti intonacate e imbiancate, decentissima e devota" (Sacro e Vago giardinello, tomo I, f. 564); l'ultimazione della fabbrica viene addirittura annunciata in una lettera che il Principe scrive al cardinale Carlo Borromeo (Roma, Archivio Doria Pamphilj, 65/59).
La costruzione del convento appare invece più protratta nel tempo, inizia infatti nel 1604, un ritardo forse dovuto alla morte di Giovanni Andrea: è infatti noto che tutto il lato Ovest lungo la chiesa, coperto a terrazzo, è costruito solo nel 1638. La Relazione sullo stato dei conventi del 1650 riflette la situazione ormai compiuta: “convento in quadro, canne 16, verso mezzogiorno una loggia coperta con suoi balaustri e all'occidente un'altra anche coperta colla quale è congiunta la chiesa. A oriente ha un dormitorio doppio di sedici camere che servono per forestieri. Il claustro è d'altezza proporzionato col pavimento in pietra di Lavagna, il cortile è diviso in quattro da una crociera di mortella ove sono alberi d'aranci. Contiene nove stanze che servono per refettorio capitolo, cantina, dispensa, cucina, granaro, mandracio, barberia, legnaro”. Abbandonato solo dal 1859 al 1930, ora è sede del Noviziato agostiniano. Vero e proprio fulcro delle costanti attenzioni della committenza è stata, naturalmente, la chiesa con i suoi eleganti spazi.
Opera perduta di Taddeo Carlone e Batta Orsolino è il "maestoso tabernacolo di bianco marmo, quasi alabastrino, con due riverenti angeli, ch'ammirano et adorano il sacro contenuto" (Sacro e Vago giardinello, tomo I, f. 564); lungo le pareti si aprono ampi nicchi che ospitano le statue della Vergine, dell'Angelo annunziante e dei quattro Evangelisti, “da celebre et insigne scultore superbamente et oculatamente delineate” che il Libro dei Conti ha indicato essere lo scultore originario di Urbino Maestro di Loanoello Sparzo (Roma, Archivio Doria Pamphilj, Libro dei Conti, 1590, 27 agosto). Ancora, le fonti citano preziose tele di Brandimarte, del Calvi, di Piola, di Luca Cambiaso, di Gio Battista Paggi, di Alessandro e Giulio Cesare Semino (Sacro e Vago giardinello, tomo I, f. 564). Solo il Sant'Andrea del Paggi e il Battesimo di Gesù dei fratelli Semino sono ancora sui rispettivi altari.