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Giulio Cesare: Il carattere e i costumi dei Galli

Frammento graffito di vaso ad impasto argilloso grossolano proveniente dalla località 
					Pieguzza a Cassago

Frammento graffito di vaso ad impasto argilloso (Pieguzza)

 

Il carattere e i costumi dei Galli

 

 

L'animo dei Galli è pronto ed audace quando si tratta di iniziare una guerra, altrettanto fiacca e niente affatto resistente è la loro indole di fronte alla sconfitta.

Cesare, De bello gallico, III, 19

 

 

I Galli hanno l'abitudine di far fermare i viandanti, anche quando questi non ne hanno voglia, e di chiedere loro cosa abbiano sentito dire o abbiano saputo su qualunque argomento; i mercanti vengono circondati sulle piazze dalla folla e devono raccontare da quali regioni vengono e che notizie ne riportino. Secondo questi racconti essi poi prendono le loro decisioni anche per affari importanti ed è inevitabile che prima o poi abbiano a pentirsene, giacché danno ascolto a incerte dicerie o a risposte falsate per assecondare la loro volontà.

Cesare, De bello gallico, IV, 5

 

 

Gli uomini, fatta la stima dei denari e dei beni che ricevono come dote dalle mogli, ve ne uniscono altrettanti, tolti dai loro; amministrano poi l'intera somma e ne accumulano i frutti. Quello dei due coniugi che sopravvive eredita sia il capitale di entrambi, sia il frutto degli anni precedenti. Gli uomini hanno diritto di vita e di morte sulle mogli e sui figli, e quando muore il capofamiglia di nobile stirpe i suoi parenti si riuniscono tutti. Se per quella morte sorge qualche sospetto sulla moglie, conducono, in merito, le indagini come usano per gli schiavi. In caso di colpevolezza la donna è condannata a morire fra le fiamme o con altri atroci supplizi. I funerali sono, per quel che la loro civiltà permette, veramente lussuosi: viene gettato sul rogo tutto ciò che era caro al vivo, anche gli animali. Poco tempo fa anche i servi e i clienti cui era particolarmente affezionato venivano bruciati insieme al cadavere dopo la celebrazione dei riti.

Cesare, De bello gallico, VI, 19

 

 

Quando accade qualcosa di grave o di notevole, i Galli usano trasmettersi la notizia attraverso i campi e le regioni con alte grida che altri sentono e trasmettono successivamente ai vicini.

Cesare, De bello gallico, VII, 3

 

 

Fra i Galli vi sono due categorie di uomini che sono tenuti in gran conto e in grande onore; quelli che appartengono alla plebe sono considerati come schiavi e non prendono da soli nessuna iniziativa né partecipano ad alcuna assemblea; molti poi, quando sono oberati da debiti o da tributi troppo gravosi o sono tormentati dalle offese dei potenti, si fanno servi dei padroni sugli schiavi. Delle due categorie una è quella dei druidi, l'altra quella dei cavalieri. I druidi si interessano del culto, provvedono ai sacrifici pubblici e privati, interpretano le cose attinenti alla religione: presso di loro si raccoglie per istruirsi un gran numero di giovani ed essi sono tenuti in grande onore e considerazione. Sono chiamati a decidere in quasi tutte le controversie pubbliche e private e se viene commesso qualche delitto, se avviene qualche uccisione, se sorge una lite per un'eredità o per la delimitazione di terreni, sono i druidi a decidere e a stabilire i risarcimenti e le pene. E se qualcuno, sia che si tratti di un cittadino privato che di un intero popolo, non si attiene al loro giudizio, lo bandiscono dalle funzioni del culto, pena che é, presso i Galli, gravissima, poiché quelli che sono a questo modo banditi sono considerato empi e scellerati; tutti si allontanano da loro, evitano di incontrarli e di parlare con essi, per non essere contaminati dal loro contatto; non ottengono giustizia anche se la chiedono, né alcun onore. Tutti i druidi obbediscono ad un unico capo che ha su di loro la più alta autorità. Quando costui muore, gli succede chi eccelle tra gli altri per dignità e se più di uno gode della stessa stima, allora decidono dell'assegnazione del primo posto con una votazione e talvolta anche con le armi. I druidi in un periodo fisso dell'anno siedono in giudizio in un luogo sacro ... qui vengono da ogni parte coloro che hanno delle controversie e si sottopongono al loro giudizio e alle loro decisioni ... I druidi non partecipano alle guerre, né pagano i tributi come gli altri, sono esenti dal servizio militare e da ogni altro gravame. Attirati da così grandi privilegi, molti giovani di loro volontà si recano da loro per esserne discepoli e molti sono mandati dai genitori e dai parenti. Da loro, a quanto pare, debbono imparare a memoria un gran numero di versi; per molti il tempo del noviziato dura venti anni. Non ritengono lecito scrivere i loro sacri precetti; invece per gli altri affari, sia pubblici che privati, usano l'alfabeto greco ... Il principale loro insegnamento é l'immortalità dell'anima e la sua migrazione, dopo la morte, da un corpo all'altro; essi ritengono che questa dottrina, eliminato il timore della morte, sia il più grande incitamento al valore. Vengono anche trattate ed insegnate ai giovani molte questioni sugli astri e i loro movimenti, sulla grandezza del mondo e della terra, sulla natura, sull'essenza e sul potere degli dei. L'altra classe privilegiata é quella dei cavalieri. Costoro, quando ce n'é bisogno, in caso di qualche guerra, accorrono tutti per combattere e quanto più sono nobili e facoltosi, tanto più numerosi servi e clienti hanno con sé. Conoscono questa sola specie di autorità e di potenza.

Cesare, De bello gallico, VI, 13-15

 

 

I Galli attaccavano lanciando dardi, avvicinandosi in formazioni coperte dagli scudi; continuamente forze fresche sostituivano quelle stanche.

Cesare, De bello gallico, VII, 85

 

 

Quando non vi fu più per loro speranza di vittoria, mostrarono tanto eroismo che, caduti i primi, quelli che venivano dietro si fermavano e combattevano sui corpi dei compagni e quando anche questi venivano uccisi, i superstiti da dietro i mucchi dei cadaveri lanciavano dardi contro i nostri e rimandavano indietro i giavellotti che potevano raccogliere.

Cesare, De bello gallico, III, 27

 

 

I Galli sono molto dediti alle pratiche religiose, perciò quelli che sono ammalati gravemente o si trovano in guerra o in pericolo, fanno sacrifici umani o fanno voto di immolare vittime umane e si servono dei druidi come esecutori di questi sacrifici: essi credono infatti che gli dèi immortali non possano essere soddisfatti se non si dà loro, in cambio della vita di un uomo, la vita di un altro uomo. Fanno perciò anche sacrifici ufficiali di questo genere. Certe popolazioni costruiscono statue enormi, fatte di vimini intrecciati, che riempiono di uomini vivi ed incendiano, facendoli morire fra le fiamme. Credono che cosa più gradita agli dèi sia il sacrificio di coloro che sono sorpresi a rubare, rapinare o commettere qualche altro delitto; ma quando mancano costoro, sacrificano anche degli innocenti. Tra gli dèi venerano soprattutto Mercurio: le sue statue sono numerosissime. Lo credono inventore di tutte le armi, guida delle strade e dei viaggi, patrono di grandissima potenza per la ricerca di guadagno e per i commerci. Dopo di lui adorano Apollo, Marte, Giove, Minerva, ai quali danno quasi le stesse attribuzioni degli altri popoli. Credono che Apollo scacci le malattie, che Minerva insegni i princìpi delle opere e delle arti, che Giove sia il re dei celesti, che Marte diriga le guerre. A Marte, per lo più, quando decidono di combattere, fanno voto del bottino e dopo la vittoria sacrificano il bestiame catturato e accumulano in un punto tutto il resto: si possono vedere in molte terre tumuli innalzati, con le spoglie della guerra, in luoghi consacrati ed è raro che qualcuno trascuri i suoi doveri religiosi e nasconda il suo bottino o osi prendere qualcosa dal tumulo del dio: per questo delitto é stabilita la pena della morte con il supplizio.

Cesare, De bello gallico, VI, 16-17