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Diodoro Siculo: Il popolo dei Galli

Frammento graffito di vaso ad impasto argilloso grossolano proveniente dalla località 
					Pieguzza a Cassago

Frammento graffito di vaso ad impasto argilloso (Pieguzza)

 

 

Il popolo dei Galli

 

 

I Galli sono di taglia grande, la loro carne é molle e bianca; i capelli sono biondi non solo di natura, ma si industriano ancora a schiarire la tonalità naturale di questo colore lavandoli continuamente all'acqua di calce. Li rialzano dalla fronte verso la sommità del capo e verso la nuca ... con queste operazioni i loro capelli si ispessiscono al punto da assomigliare alla criniera dei cavalli. Alcuni si radono la barba, altri la lasciano crescere con moderazione; i nobili conservano nude le guance ma portano dei baffi lunghi e pendenti a tal punto che coprono loro la bocca ... Si vestono con abiti stravaganti, cioè con delle tuniche colorate dove si mescolano tutti i colori e dei pantaloni che chiamano braghe. Vi agganciano sopra dei sai rigati di stoffa, a pelo lungo d'inverno, e liscia d'estate, a fitti quadrettini colorati di tutte le gradazioni. Nella conversazione la parola dei Galli è breve, enigmatica, e procede per allusioni o sottintesi, spesso iperbolici quando si tratta di esaltare se stessi o di sminuire gli altri. Hanno un tono minaccioso, altezzoso, tragico, e nonostante ciò lo spirito penetrante e non privo di attitudine per le scienze.

Diodoro Siculo, Biblioteca storica, V, 28-31

 

 

Ai nemici caduti, tagliano la testa che attaccano al collo dei loro cavalli; poi, rimettono ai loro servi le spoglie insanguinate, e portano questi trofei, lodando gli dei e cantando un inno di vittoria; poi inchiodano alle loro case queste primizie del bottino, come se avessero abbattuto degli animali feroci in qualche caccia. Quanto alle teste dei loro nemici più illustri, impregnate di olio di cedro, le conservano in un cofano e le mostrano agli stranieri, mentre ciascuno si glorifica per l'importante somma d'argento che, per tale o tal altra testa, uno dei suoi avi, suo padre o lui stesso, non avevano voluto ricevere in ricompensa. Si dice che qualcuno tra loro si vanti di non aver accettato per una di queste teste il suo peso in oro, mostrando così una grandezza d'animo considerevole per dei barbari, poiché non è nobile vendere i trofei del proprio valore.

Diodoro Siculo, Biblioteca, V, 29