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70 anni di storia dell'Istituto S. Antonio

Immagine dei ragazzi interni dell'Istituto

Immagine dei ragazzi interni dell'Istituto

 

 

70 anni di storia dell'Istituto guanelliano di S. Antonio ai Campiasciutti

di Luigi Beretta

 

 

 

"E' molto più quello che la parrocchia deve all'Istituto che quello che l'Istituto deve alla Parrocchia." Con questa affermazione, di semplici ma significative parole, inizia la personale riflessione che il parroco di Cassago don Giovanni Motta annota nel 1965 sul Chronicon, in occasione dei festeggiamenti per la beatificazione di don Luigi Guanella. Segue una intima confessione, che il parroco scrive nel silenzio del suo studio e che affida a un foglio, che resterà nascosto, quasi gelosamente custodito, per quasi cinquant'anni, e che ora riemerge in tutta la sua profonda spiritualità: "Nel nome del suo fondatore - prosegue don Motta – ho più volte confidato le mie speranze ed i miei affanni. Non posso dimenticare il conforto che mi è venuto in momenti particolarmente importanti della mia vita." A quali episodi si riferisse don Motta non è dato di sapere, ma si possono immaginare all'interno di tutte quelle numerose iniziative che avviò e realizzò tra mille fatiche e incomprensioni in campo sia sociale che spirituale.

Il pensiero di don Motta risponde positivamente alle sollecitazioni di p. Charles allorché un paio di mesi fa mi propose di riesaminare la storia dell'Istituto S. Antonio soprattutto rispetto ai suoi rapporti con la parrocchia e la gente di Cassago. Per quanto ho potuto, oggi tenterò di rivivere con voi una storia lunga settant'anni di presenza guanelliana a Cassago, dove non sono mancati significativi episodi che vedono protagonisti persone eccezionali che cercherò di mettere a fuoco quanto meglio. Don Luigi Guanella fu beatificato il 24 ottobre 1964, ma è solo nel 1965 che l'Istituto guanelliano di Cassago riesce, dopo aver tentato più volte, a celebrare la festa "a titolo di riconoscenza particolare." Il parroco don Motta ricorda che molte furono le difficoltà per stabilire una data. Ma alla fine si riuscì a trovare il giorno giusto: il 5 giugno 1966. L'intera parrocchia "aderì e ne venne una celebrazione religiosa e cittadina" che si sviluppò "con decoro e per certi aspetti con entusiasmo, nelle celebrazioni religiose come nella invocazione." Cosa si fece quel giorno ? Alle 15.30, come attesta l'invito in originale conservato in parrocchia a Cassago, la gente si riunì nel salone dell'Oratorio maschile, dove in un primo tempo il rev. don Olimpio Ciampedraglia tenne una relazione sul tema "Don Guanella uomo della carità". Seguì uno spettacolo-concerto della Corale che eseguì canti polifonici alternati da componimenti letterari.

Il primo brano fu "O Vergine della luce", mentre l'ultimo fu un Inno al beato don Luigi Guanella, probabilmente composto dallo stesso Maestro del Coro, quel don Alberto Antonini, che ebbe un ruolo di primo piano nella vita cassaghese grazie al suo impegno per il canto ed alla sua estrosa genialità, che tutte le persone del paese di una certa età ricordano ancora, anche per sentito dire. Non a caso don Motta chiosò la manifestazione scrivendo che "per chi se ne intende (scrive proprio così, perché non nascose mai di non sapere nulla di musica, a differenza dei suoi parrocchiani che si piccavano di essere cultori sopraffini di quest'arte) la manifestazione artistica riescì alla perfezione sotto la guida di don Alberto Antonini, sacerdote guanelliano e istruttore della Cantoria che per l'occasione dimostrò tecnica, disciplina e grazia." Don Alberto Antonini è uno tra i grandi protagonisti della lunga presenza guanelliana a Cassago. Sono settant'anni di storia vivacissimi e ricchi di umanità, generati in questo paese da un'occasione che potremmo dire casuale, se non fosse che esiste una Provvidenza capace di stupirci ogni volta con i suoi disegni. Le vicende che hanno portato i Guanelliani a dare vita a Cassago all'Istituto S. Antonio hanno un grande protagonista, don Leo Brazzoli, che avrà un ruolo importante anche vari decenni dopo in momenti di scelte difficili, un luogo, Milano, la grande metropoli a cui Cassago ha sempre volto il suo sguardo, e un tempo, la seconda guerra mondiale, foriera di grandi cambiamenti e scelte coraggiose in situazioni tragiche. Più precisamente, se disponessimo di una macchina del tempo, per rivivere quei momenti, dovremmo tornare all'autunno del 1942. Dopo gli iniziali successi, l'Asse italo-tedesco ha già incominciato a conoscere pesanti sconfitte, fra cui la tragica ritirata di Russia e il tracollo in Africa dopo la battaglia di El Alamein. E a Milano incominciano a cadere le bombe su una città incapace di difendersi con la contraerea. E' nel pomeriggio del 24 ottobre che la città subisce uno degli attacchi aerei più devastanti con un bombardamento a tappeto che non risparmia nulla. I danni agli edifici sono enormi, ma soprattutto la città prende coscienza della sua insicurezza e che la vita è sempre a rischio.

L'Istituto S. Gaetano non subì gravi danni, ma i responsabili Guanelliani si rendono subito conto della gravità della situazione perché non possono garantire alcuna sicurezza ai ragazzi che frequentano la scuola. L'idea di chiudere l'Istituto fu accantonata, soprattutto perché nel momento del bisogno è necessario assicurare il massimo aiuto. I responsabili cercano quindi una soluzione per mettere al sicuro i loro giovani ospiti e seguono una via scelta da molti altri milanesi: sfollare in campagna. Ma dove ? Le cronache raccontano che il neo Direttore don Gaetano Bassani, giunto il giorno prima da Roma, è rimasto sconvolto dai bombardamenti, mentre l'economo generale don Filisetti, fra i fondatori della casa milanese, giudica impraticabile e difficilissima l'impresa. Interviene a questo punto un personaggio chiave in tutta questa vicenda: è don Leo Brazzoli, cui tocca il compito di cercare un luogo e tessere le fila dei negoziati. Guanelliano sanguigno e autorevole, don Leo era nato il 22 luglio 1913 e all'epoca non aveva ancora trent'anni. Per quanto giovane aveva già dato prova di coraggio e capacità di decidere rettamente anche nelle difficili condizioni create dalla guerra. Vorrei citare al proposito un esempio emblematico, che è poi la testimonianza di uno studente romano che risale a quegli anni ..."

Nel 1954 - racconta - frequentavo, a Roma, la seconda media in un istituto religioso dalle parti della Via Aurelia Antica. Ricordo che il Superiore dell'Istituto, don Leo Brazzoli, subito dopo il pranzo veniva a chiacchierare in cortile con noi ragazzi. Un giorno entrò il vecchio postino, che era un ebreo, a consegnare la posta. Il postino si mise a parlare anche lui con don Leo, che conosceva da anni. Ad un tratto si lanciò in ginocchio e tentò di baciargli i piedi dicendo: - Questo prete mi ha salvato la vita! Don Leo si scherniva e sollevò il postino per non permettergli quel bacio. Ci raccontò poi che durante l'occupazione nazista di Roma aveva accolto nella casa religiosa molti Ebrei, che in caso di rastrellamenti si nascondevano nella vasta proprietà della casa e sfuggivano alla deportazione."

Questo tanto per capire quale era lo spirito che lo animava e la tenacia che profuse anche nella questione milanese. Don Leo Brazzoli è ottimista e non si scoraggia e, come testimonierà più tardi "combinai – racconta – di andare a Como a parlarne con don Mazzucchi, il superiore generale. Mi diede la sua approvazione e il suo incoraggiamento." In realtà il Superiore propone di provare in Curia per godere dell'uso della Villa del Seminario a Breccia, ma non se ne conclude nulla. Don Ambrogio Buzzi suggerisce a don Leo di tentare con una grande villa brianzola che da qualche anno il Seminario arcivescovile di Lodi utilizzava per il soggiorno estivo dei propri chierici. Don Leo si reca subito a Lodi dal vescovo mons. Pietro Calchi Novati, ma purtroppo è ancora una volta in ritardo perché altri Istituti religiosi l'hanno già richiesta. Ma sia le Figlie di Maria Ausiliatrice di Milano, sia il Collegio di San Carlo provvidenzialmente rinunciano al diritto di prelazione e lasciano via libera a don Leo. Ottenuto il permesso di usufruire della villa, il nostro, dopo varie peripezie, riesce finalmente a vederla e a visionarla. "Arrivai a Cassago con don Dante Redaelli – ricorda don Leo – e visitammo la casa. Facemmo i nostri piani, mangiammo un boccone portato con noi, nel mezzanino posto sopra la direzione e tornammo felici. Sarebbe stata per noi una sede ideale: vasta, con tutti i locali necessari, un luogo fuori dal pericolo e abbastanza comodo per Milano." Comoda certamente, perché sorgeva a un centinaio di metri dalla stazione, che in un'ora e mezza permetteva di raggiungere la città. Questa villa, "ideale" per don Leo, esiste ancora oggi, sia pure modificata e adattata alle nuove esigenze ed è quella che ancora ai nostri giorni a Cassago chiamiamo villa Romagnoli, dove è insediato l'odierno Istituto guanelliano di S. Antonio. Una nota, che risale all'agosto 1944, un anno dopo quei fatti, ci esprime come don Enrico Colnaghi, parroco del luogo, "visse" questo arrivo dei guanelliani nella sua parrocchia di Cassago e, nel contempo, veniamo a conoscenza di una breve cronistoria degli eventi, sia pure con qualche imprecisione, in cui egli ebbe parte attiva.

"L'oratorio dei Campi Asciutti - scrive - con l'annesso podere fu venduto dal cav. Antonio Romagnoli al sig. Marchese Parravicini (il che accadde il 16 agosto 1920 su delega a Conte Bruno di Conte Manfredo erede della famiglia Parravicini) il quale lo rivendé quasi subito al signor Ballabio di qui, per la somma di lire 280.000 (Questo passaggio non è certificato all'Ufficio Distrettuale delle Imposte Dirette di Merate: probabilmente Ballabio fu solo il mediatore). Nell'anno (qui il parroco non specifica alcuna data probabilmente perché non ne era a conoscenza: oggi noi sappiamo che fu nel 1925) … il Seminario di Lodi si diede attorno per vedere se la Brianza prestava un bel comodo luogo di villeggiatura pei suoi chierici e dopo aver cercato un po' pose gli occhi su questo Oratorio e appezzamento dei Campiasciutti. Io come parroco compii volentieri tutte le funzioni di mediatore, senza d'altra parte pensare minimamente alla mediazione che invece molto gentilmente mi fu data nello studio del notaio Gallizia a Milano." Il parroco prosegue citando alcuni interessanti aneddoti che coinvolgono personaggi destinati a lasciare una traccia di sé.

"I Ballabio - continua don Enrico – vendettero a mons. Antonelli, vescovo di Lodi, per la somma di Lire 280.000. Rilevo come prima della compera, in una visita al sito, fatta da mons. Antonelli, vi fosse pure presente il Visitatore Apostolico di allora mons. Schuster attuale vescovo di Milano." Il seminario di Lodi fece in seguito tutta una serie di adattamenti alla villa necessari per il soggiorno estivo dei chierici. La villa Romagnoli venne quindi ribattezzata dai seminaristi "Villa Immacolata."

La villa aveva un proprio Oratorio che assicurava sul posto la regolarità delle funzioni religiose. Non sappiamo quando venne costruito questo oratorio, però una nota del parroco don Carlo Biffi (1899-1907) ci assicura che era una proprietà privata del cav. Arturo Romagnoli. Lo stesso parroco annota che "per quanto abbia inquisito e fatto inquisire non venni a capo di nulla circa la sua origine e le sue vicende." Non è che oggi si sappia molto di più, tuttavia è certo che nel Settecento una nobile famiglia di origini forlivesi - i Romagnoli per l'appunto – decise di fare costruire una villa ai Campiasciutti nella campagna poco distante dal centro abitato di Cassago. È un edificio di buon pregio architettonico, in stile barocchetto, che prevede anche una piccola chiesa a navata unica e un portico a tre arcate che guarda al cortile d'onore. Straordinario è il pregevole cancello in ferro battuto che dà su quello che deve essere stato, un tempo, un rigoglioso giardino all'italiana. Sappiamo anche che collegato a questo oratorio c'era un legato di 12 messe come è attestato da una effemeride conservata nell'archivio parrocchiale di Cassago e questo legato fu adempiuto dal 1866 in avanti. Il parroco Biffi fa quindi una interessante annotazione laddove assicura che i parrocchiani si portavano processionalmente ai Campiasciutti il secondo giorno delle litanie e in quella occasione si celebrava la S. Messa.

Altre celebrazioni si svolgevano sporadicamente "quando si ha bisogno di sacramentare gli infermi di quella frazione."

E' in questo ambiente, con questa sua storia, che arrivano da Milano i guanelliani con i loro ragazzi. Don Enrico Colnaghi nell'agosto del 1944 commenta: "Dall'anno scorso (quindi dal 1943 o forse da novembre del 1942) lo stabile (la villa Romagnoli) è affittato per 20000 lire al Pio Istituto "San Gaetano" di don Guanella, il quale, sinistrato nei bombardamenti di Milano, vi ha trasferito le Scuole Medie per i suoi orfanelli." L'attività principale che si svolge nell'Istituto è quella educatrice, che viene svolta sostanzialmente dagli stessi insegnanti delle scuole elementari del S. Gaetano di Milano. Anche il Direttore didattico è lo stesso, il prof. Giobbi. Nel contempo vengono introdotte anche le classi di Avviamento professionale e ad insegnare vengono chiamati don Antonelli (per le materie letterarie), don Pavesi (per la matematica), don Brazzoli (per francese e computisteria) e successivamente don Rollino (per dattilografia e stenografia) e don Uglietti (per le materie letterarie). L'apertura della scuola riscosse un grande successo, perché parecchi ragazzi dei dintorni la trovarono comoda da frequentare senza essere costretti a recarsi lontano. Con gran gioia degli studenti il primo anno di insegnamento finì senza esami, ma nel 1944 e 1945 questi vennero sostenuti a Milano.

Da subito si fece sentire la solidarietà della gente e degli industriali per l'Istituto e per tutti i ragazzi che ospitava. In particolare vanno ricordati il salumificio Vismara e la Sepral. L'Istituto da parte sua ricambiava con dedizione nel campo educativo e in quello pastorale, dove si distinsero il Direttore don Gaetano Bassani e don Pavesi. Non mancano a tal riguardo episodi che vedono i sacerdoti guanelliani coinvolti nella vita della parrocchia. Sabato 30 settembre del 1944, ad esempio, ebbe luogo la terza visita pastorale del cardinale Schuster a Cassago e in preparazione a questo straordinario evento si celebrò un triduo che fu tenuto dal guanelliano don Luigi Pavesi. Per l'occasione il cardinale arrivò in piazza della chiesa alle 17 in ritardo per i continui allarmi aerei a Milano: infatti verso le 16 veniva bombardata Erba. La guerra finalmente finì, ma quella che doveva essere una soluzione temporanea prese una piega del tutto nuova.

I progetti prevedevano in effetti di abbandonare la villa già nella primavera del 1945, a guerra finita, ma qualcosa cambiò tutti i piani. La scuola infatti funzionava bene e già nell'anno scolastico 1945-46 il Provveditore agli Studi di Como aveva concesso l'autorizzazione a funzionare autonomamente. Nel 1946 gli esami si svolsero a Cassago con la presenza di un Commissario, perché la scuola si era staccata da Milano. Per quell'anno Preside, il primo di una lunga serie, fu don Antonelli. E nel giugno del 1947 il Ministero decreta l'apertura di una Scuola con l'autorizzazione a formare tre classi. Questa bella esperienza educativa, che stava proseguendo nel dopoguerra aveva fornito nuove speranze alla comunità del posto e l'occasione per acquisire competenze tecniche per un futuro migliore, tanto che, venuto il momento di rientrare in città, l'Opera don Guanella si sentì rivolgere dalla gente di Cassago e del circondario la richiesta di rimanere e di lavorare ancora con i giovani della Brianza. Pur nel breve periodo della loro permanenza, la gente aveva imparato ad apprezzare il lavoro dei Servi della Carità e la loro dedizione ai ragazzi per cui saranno in molti a darsi da fare perché i guanelliani restassero in Brianza.

Erano persone di varia estrazione sociale, semplici e facoltosi, tutti uniti nel richiedere che da temporanea l'esperienza cassaghese divenisse permanente. Sono molte le pressioni sui religiosi guanelliani affinché restino dove sono arrivati per caso, o forse, come qualcuno incomincia a pensare, per un disegno della Provvidenza. La richiesta, impegnativa anche dal punto di vista economico, non cadde nel vuoto perché le persone che chiedevano sapevano soprattutto donare, e sono gli industriali della zona che pagano completamente le spese per rendere definitiva la presenza guanelliana. Il Direttore don Bassani aveva cercato un posto dove proseguire questa esperienza a Barzanò, a Merate, a Tavernerio, ad Anzano. Ma si scontrò con le difficoltà economiche. A febbraio 1949 maturò l'idea di fermarsi a Cassago, dove la Casa già era in attività. Si fa avanti quello che potremmo chiamare l'uomo della Provvidenza, il signor Alessandro Pizzi, giovanissimo industriale tessile generoso quanto cristianamente pietoso.

Portava il nome del nonno, fondatore della omonima ditta tessile di Cremella, ed era un uomo abituato a rimboccarsi le maniche: appena ventenne nel 1943 era stato richiamato a casa da Milano, dove si trovava a completare i suoi studi, perché era morto il papà Guglielmo a soli 55 anni. Alessandro si era diplomato a Bergamo come perito industriale nel 1942 e, un po' per passione (anche se preferiva ingegneria) e un po' per le necessità dell'azienda di famiglia, l'anno seguente si era iscritto alla facoltà di economia e commercio all'Università di Milano. Alla morte del padre è costretto ad abbandonare gli studi per affiancare lo zio Ettore nella conduzione della fabbrica. Papà Guglielmo aveva un carattere mite, quasi paterno verso i suoi collaboratori, era molto bravo nel suo lavoro e saggio nelle decisioni. Era portato per organizzare e risolvere le questioni tecniche che si creavano in fabbrica. La responsabilità che Alessandro Pizzi deve assumersi sulle spalle è grande, perché deve raccogliere l'eredità del padre, il vero artefice della crescita dell'azienda dal punto di vista produttivo, dato che lo zio non aveva competenze tecniche e preferiva occuparsi dell'amministrazione. Con l'aiuto dello zio Alessandro riuscirà a traghettare l'azienda verso la ripresa economica del dopoguerra e con lui la Ditta Pizzi dai 20 operai del 1945 raggiungerà il massimo sviluppo con circa 150 occupati.

Tanto per capire di che pasta era fatto basti ricordare che nel 1950, proprio nel periodo in cui matura il suo impegno per l'Istituto guanelliano di Cassago, Alessandro Pizzi si reca negli Stati Uniti assieme ad un altro industriale brianzolo attivo nella produzione di bulloni, il signor Luigi Fontana di Veduggio, per valutare la possibilità di aderire al piano Marshall. I due prendono i loro contatti con le autorità americane nel Massachusset dove trovano un favorevole accordo. Alessandro Pizzi riuscirà ad acquistare 40 nuovi telai automatici che andranno a sostituire e rinnovare il vecchio parco di telai meccanici prodotti negli anni Trenta prima della guerra. Largo di veduto e con le speranza in orizzonti nuovi, non esita a offrire ai Guanelliani un milione di lire di tasca sua per comprare la villa di Cassago. Inoltre riesce a procurare il resto con una cordata di industriali brianzoli, capeggiati dai Vismara, che hanno costituito nel primo dopoguerra la "Fondazione Industriali della Brianza per l'educazione dei Figli degli Operai."

Il loro comunicato, datato Cassago Brianza 19 Marzo 1949, e rivolto agli industriali locali, è un significativo appello sociale a intervenire in un progetto di grandi speranze, che, se realizzato, produrrà enormi benefici per tutti.

Questo comunicato, scritto sotto forma di lettera, riprende e specifica le motivazioni della presenza guanelliana a Cassago; ma va oltre, mettendo a fuoco un progetto e una richiesta degni della capacità manageriale che farà della Brianza una regione industriosa.

"Lo sfollamento - recita il testo - durante il trascorso periodo bellico, di una parte dell'Istituto S. Gaetano di Milano dell'Opera Don Guanella, che provvede alla educazione morale e professionale dei figli delle famiglie meno abbienti e degli orfani, ha suggerito l'idea di rendere permanente nella nostra zona una istituzione tanto necessaria e così opportuna nelle attuali condizioni di vita sociale.

La sede provvisoria di sfollamento è ancora oggi uno stabile denominato istituto S. Antonio, sito nel Comune di Cassago Brianza, di proprietà del Seminario di Lodi, il quale solo oggi a seguito di trattative intercorse, lo cede ad alcuni industriali della Brianza che l'avevano chiesto per dar vita ad una Fondazione che continuasse la benefica attività.

Dato però il rilevante numero delle domande ed il successo avuto dalla istituzione durante questi primi anni di attività appare oggi senz'altro opportuno completare l'opera con l'acquisto anche di altro stabile, fortunatamente già attrezzato allo scopo ad oggi disponibile: ossia la Villa situata ad Anzano del Parco di proprietà del Collegio S. Giuseppe.

Tale soluzione pur richiedendo un onere finanziario non indifferente permetterebbe a tutti indistintamente gli industriali della nostra zona di concorrere ad un'opera altamente sociale e cristiana offrendo loro nel contempo un modo facile di poter provvedere in luogo all'educazione ed istruzione professionale del figlio dei loro dipendenti.

Si ritiene quindi che gli industriali della Brianza vorranno largamente finanziare quest'opera in modo da permettere l'acquisto definitivo dei due stabili al cui funzionamento penserebbe poi l'Opera stessa Don Guanella: la quale è diretta con criteri tali da permettere l'accettazione degli alunni a rette sempre modestissime e talora in modo completamente gratuito.

Per poter essere considerato Socio fondatore, il cui nome sarà inciso su apposita lapide, occorre una quota di almeno L. 150.000 (centocinquantamila). Naturalmente saranno ben accette anche offerte inferiori, mentre chi volesse intestare al proprio nome o al nome di persone cara qualche locale dell'Istituto dovrà offrire una somma proporzionata  all'area del locale stesso.

Allo scopo di poter concretare nei dettagli la FONDAZIONE saranno tenute alcune particolari riunioni nella Sede stessa dell'Istituto, anche per sentire i suggerimenti che ognuno intendesse sottoporre, mentre chi fin d'ora volesse provvedere al versamento delle proprie offerte lo potrà fare rimettendo la somma sul CONTO aperto a favore dell'ISTITUTO S. ANTONIO di Cassago Brianza presso la BANCA AGRICOLA MILANESE - Sede di Barzanò."

Fin qui l'accorato appello, che viene sottoscritto da un primo nucleo di industriali che si qualifica come "Gruppo Promotore". Sono i FRATELLI CORTI di Barzanò, la Ditta MOLTENI E C. di Lambrugo, la Ditta MOLTENI GIOVANNI di Nibionno, la Ditta PIZZI di ALESSANDRO di Cremella, la Ditta ROSSINI di Costamasnaga e la Ditta VISMARA FRANCESCO di Casatenovo.

La sollecitazione non cade nel vuoto e altri industriali e persone facoltose della zona  aderiscono come Soci Fondatori. Probabilmente tutti erano ben consci che avere una scuola professionale sul posto avrebbe creato tecnici e operai qualificati assolutamente indispensabili per le necessità di uno sviluppo industriale della Brianza.

Immagine dell'Istituto in una vecchia fotografia

Immagine dell'Istituto in una vecchia fotografia

La trattativa con il Seminario di Lodi può ora procedere su basi solide, con la concreta speranza di andare a buon fine. Uno scambio epistolare fra

Don Angelo Rollino economo dell'Opera don Guanella di Cassago Brianza e don Domenico Siboni economo della Diocesi di Lodi illustra bene il procedere delle trattative, che vengono avviate con qualche tortuosità e incomprensione ma che poi si appianano fino ad un accordo pienamente condiviso.

Al centro della trattativa è don Domenico Siboni che nello stesso tempo cerca di accogliere le richieste dei guanelliani senza pregiudicare le esigenze del Seminario di Lodi.

Siboni è una figura straordinaria, uomo e sacerdote di primo piano nella storia della diocesi di Lodi nel Novecento. Diventerà monsignore e sarà il Decano dei sacerdoti della diocesi di Lodi: nato a Guardamiglio il 15 giugno del 1913 e fu ordinato presbitero l'11 giugno del 1938. Nel corso della sua lunghissima esistenza sacerdotale (ben 70 anni) don Domenico ha ricoperto numerosi incarichi, che vogliamo ricordare per sottolineare la generosità del suo servizio alla Chiesa: Segretario dell'Ufficio amministrativo diocesano (1938), collaboratore pastorale a Dovera (1939), tecnico geometra dell'Ufficio amministrativo diocesano (1940); collaboratore pastorale a S. Maria della Fontana in Lodi e a Casalmaiocco (1941); Economo e insegnante in Seminario (1944-1958); Direttore delegato dell'Ufficio amministrativo diocesano (1958-1968); dal 1961 al 2000 Canonico effettivo del Capitolo della Cattedrale e dal 2000 in poi canonico onorario.

Morirà nel settembre del 2008.

E' don Siboni, il 10 marzo 1949, a comunicare a don Angelo Rollino che "Sua Eccellenza Ill.ma e Rev.ma il Vescovo di Lodi mi incarica di assicurarla che quanto venne comunicato in iscritto a mezzo della lettera del Rettore firmata anche dal sig. Pizzi circa la cessione della Villa non deve destare nessun dubbio. I consensi degli organi giuridici diocesani sono già stati dati. Roma non avrà certo eccezioni da sollevare in quanto tutto è giuridicamente vagliato e completato."

L'accordo è stato raggiunto: l'acquisto tuttavia verrà perfezionato solo due anni dopo. Nel frattempo vengono raccolti i fondi necessari, cui partecipano con generosità gli industriali locali. l'elenco è lungo, ma è doveroso elencarli, in ordine alfabetico, come come appaiono su un foglio dattiloscritto di quegli anni: Beretta (Barzanò), Besana (Verdegò), Bestetti (Casatenovo), Bonomelli (Dolzago), Bracchi (Molteno), Briantea (Casatenovo), Catenificio Regina (Merate), Cazzaniga (Nibionno), Cazzaniga (Torrevilla), Cementeria, Colombo Francesco (Lambrugo), Corti (Besana), Corti Ilario (Cassago), Crippa Giovanni (Besana), Donadeo (Oggiono), F.lli Agrati (Cortenuova), Locatelli (Sirtori), Longoni (Casatenovo), Macchi (Renate), Mambretti Filippo, Molteni (Inverigo), Molteni (Lambrugo), Molteni (Nibionno), Molteni Silvio (Cassago), Motta (Bulciago), Nessi (Bevera), Onofri (Cassago), Panzeri (Costa), Panzeri (Veduggio), Perego, Pizzi (Cremella), Randon (Torricella), Redaelli (Nibionno), Riva (Molino), Rossini Dario (Costa Masnaga), Sangiorgio (Bulciago), Segalini (Molteno), Terenghi, Torri Battista, Valagussa (Missaglia), Valli (Renate), Viganò (Nibionno), Villa (Bevera), Vismara (Casatenovo).

Dopo l'acquisizione definitiva, il 25 maggio 1951 per la villa vengono saldati all'economo don Domenico Siboni a titolo definitivo 10 degli 11 milioni pattuiti, la villa Immacolata cambiò titolo e assunse il nome ufficiale di "Istituto S. Antonio", un luogo che per quarant'anni sarà sinonimo di educazione e di assistenza con l'apertura di scuole elementari, commerciali, e medie. Di questo importante passaggio c'è traccia nel Chronicon parrocchiale grazie ad una nota del 26 agosto 1953 scritta dal parroco don Giovanni Motta in un periodo quando la presenza guanelliana era ormai consolidata ed anzi già si pensava al futuro. "Il Pio Istituto S. Gaetano - annota don Motta - ritornò a Milano e quello di Cassago divenne una nuova Casa sotto il titolo di S. Antonio. Da affittuario l'Istituto divenne proprietario nel 1951 e intende sistemarsi, forse anche svilupparsi. C'è un progetto di ampliamento, per ora fermato dal loro Superiore di Como." Il progetto non si fermerà e la storia che inizia in quel primissimo dopoguerra produrrà per decenni, sino ad oggi, una ricca offerta di strutture educative con scuole elementari, commerciali, medie, centri educativi: il tutto dedicato all'assistenza dei ragazzi, dei giovani, di coloro che hanno bisogno di assistenza. La struttura parallelamente subisce mutamenti per essere ampliata e adattata ai bisogni sempre nuovi che vengono avanti.

A don Bassani succede don Gino Mambretti che realizza l'impianto di riscaldamento che mancava da prima della guerra e inoltre crea degli spazi di comunità importanti: un portico di collegamento e un'aula adibita a palestra e teatro. Ma la vera rivoluzione architettonica la realizza il suo successore don Angelo Rollino rientrato nel 1956 a Cassago, dove negli anni drammatici della guerra era stato economo e insegnante di stenodattilografia dal 1944 al 1950. Don Rollino avvia i lavori per realizzare una nuova sede per la scuola, una sede moderna ed efficiente. Su progetto dell'ing. Pietro Paglia fra il 1958 e il 1959 realizza l'edificio che ospita ancora oggi le Scuole Medie. Inoltre su una parte del terreno agricolo annesso alla villa crea un vero e proprio campo per giochi, che verrà pavimentato in porfido da don Enrico Alimandi alla fine degli anni Sessanta. In questi anni vive a Cassago un personaggio straordinario che abbiamo già avuto occasione di citare: don Alberto Antonini. Insegnava musica, ma potremmo dire che incarnava la musica. Nato nel 1924 e fattosi guanelliano, aveva prestato la sua opera a Ceglie Messapico nella Casa della Congregazione e lì conobbe, strani casi della vita, un giovane seminarista, il cui fratello avrebbe ritrovato a Cassago. E' a questa persona e a sua moglie, che entrò giovanissima nel Coro diretto da don Antonini che debbo le conoscenze che esporrò. Prima di lui esisteva già un coro a Cassago ed era composto di soli uomini, diretto dal coadiutore don Piero e il cui organista era Angelo Finetti. Don Antonini allarga il coro alle voci femminili e anche l'organista è una donna, una giovane maestra soprannominata la "Galeazza", autrice fra l'altro di vari libri di poesia. Con lui il Coro raggiunge 40 componenti, per lo più di Cassago con qualche aggiunta da Renate. Questi ultimi erano una decina di bassi, uomini ormai sposati che avevano frequentato il Collegio guanelliano di Cassago e che si erano tenuti in contatto con don Antonini. Organista e compositore eccellente diresse il Coro di Cassago per 15 anni con grande autorevolezza e ottimi risultati. I coristi si ritrovavano una e anche due volte la settimana per riuscire ad esibirsi degnamente in alcune importanti occasioni religiose. Per don Antonini il Coro infatti non doveva stimolare il pubblico a cantare ma erano i fedeli che dovevano ascoltare chi sapeva cantare bene.

Al contrario di don Motta, il parroco, che non dava molta importanza né alla musica né al Coro, perché lo riteneva quasi un'esibizione, lui ci metteva l'anima perché il canto riuscisse bello e ammirabile. Era perciò necessario cercare la "perfezione corale" e questo costava duri sacrifici: le prove venivano fatte in chiesa sull'organo o all'asilo e si andava avanti, al freddo, dalle otto alle undici di sera. E nel periodo natalizio i coristi quando finivano le prove si fermavano davanti all'Asilo e fare una cantata alle Suore. Lui arrivava con la sua lambretta verde che spesso poi non ripartiva. I coristi lo stimavano e la lunga frequentazione aveva generato un gruppo ben amalgamato, che si ritrovava in compagnia con piacere. Una volta all'anno in genere, gli uomini di Renate organizzavano una gita. Memorabili sono state quelle di Nervi e Camogli dove i coristi si esibirono in piazza attirando un sacco di gente o quella di Campodolcino quando don Antonini stracciò una composizione che riteneva inadeguata e musicò di getto un inno in onore di don Luigi Guanella. Don Antonini più di una volta compose dei pezzi ad hoc per il Coro. Era talmente immedesimato nella musica che spesso - si racconta - mentre stava mangiando abbandonava tavola, si allontanava e se ne andava a scrivere un pezzo che aveva in mente. Di solito il Coro cantava a Natale, a Pasqua, alla Cresima, alla Comunione e in qualche festività solenne. Per la messa di Natale, a mezzanotte si cantava solo nella chiesa dei Guanelliani ai Campiasciutti, perché a Cassago non veniva celebrata. Dopo la funzione religiosa il Coro si riuniva per mangiare il panettone e a cantare, spesso fino alle tre del mattino. Non si dormiva nemmeno, ma subito su di corsa in parrocchia per la messa delle sei: a Natale don Giovani Motta ne celebrava solo due, una alle sei e l'altra alle otto e trenta del mattino! E cosa faceva la gente per il resto della giornata ?

Strano a dirsi, ma a Natale, in quegli anni andava di moda recarsi dal parrucchiere a tagliare i capelli. C'era la fila, anche a Capodanno. E' solo dopo il 1970 che i barbieri chiuderanno negozio la domenica. Don Antonini era un tipo riservato, restio a raccontare le sue cose. Era anche po' balbuziente, tant'è che lo scherzavano con nomignolo di ta beta anche se quando cantava questo difetto spariva. Uno dei suoi ultimi concerti ebbe luogo proprio ai Campiasciutti in occasione della festa del fondatore il 25 ottobre 1971 con la corale "Beato Luigi Guanella". Morirà nel 2010 dopo una lunga vita trascorsa fra le melodie della musica. Il successore di don Rollino fu nel 1962 don Giuseppe Cadenazzi che aveva grande esperienza e altrettanto grandi progetti. Con l'aiuto della locale Cementeria riuscì a raddoppiare la superficie del refettorio, dotandolo di una grande e luminosa vetrata, e inoltre trovò una degna sistemazione alla comunità di suore realizzando per loro, fra il 1965 e il 1966, una bella casa fra i pini secolari. Fra le iniziative interessanti di questo periodo va ricordata anche la nascita di una piccola azienda agricola con mucche che producevano latte e di un pollaio con lo scopo di fornire alimenti freschi ai ragazzi ospiti dell'Istituto. L'opera vigorosa di don Cadenazzi venne interrotta bruscamente a novembre 1966 quando lo colse improvvisamente la morte. Gli successe don Enrico Alimandi che si preoccupò di trasformare la scuola privata dell'Istituto in una scuola statale.

A dirigere la scuola erano stati chiamati a partire dagli anni Cinquanta don Fernando Antonelli e poi don Olinto Garavaglia, che avevano lavorato egregiamente, ma ora i tempi stavano cambiando rapidamente. C'era stata la riforma scolastica, con l'introduzione della media unificata, che aveva scombussolato l'organizzazione della scuola e poi eravamo alle soglie di quel Sessantotto che avrebbe cambiato molte cose. Fatto sta che don Alimandi nel 1967 fa richiesta al Ministero e nello stesso anno viene concessa la statalizzazione come sezione staccata della "E. Fermi" di Barzanò. Il nuovo anno scolastico viene inaugurato con una santa messa alla presenza del nuovo preside Salvatore Catalano. E a novembre viene introdotta una novità assai gradita: gli interni nel fine settimana possono ritornare a casa. Don Olinto che aveva condotto la direzione con intelligenza e competenza, guidando la crescita di centinaia e centinaia di ragazzi "interni" lascia il suo incarico. Don Olinto nel 2010 torna a Galbiate, dove prosegue la sua attività religiosa. Agli inizi di quest'anno ha fatto la sua voce autorevole "riprendendo" amorevolmente Adriano Celentano, dopo gli attacchi ai quotidiani cattolici nella prima serata del Festival di Sanremo. Prete della parrocchia di Galbiate, dove risiede il "molleggiato", don Olinto, di lui dirà che è «un artista molto amato e ammirato» ma «non credo abbia gli elementi per dire che non parliamo del paradiso. Non è vero quello che dice: noi parliamo del paradiso e qualche volta anche dell'inferno, questi sono i due poli, felicità e infelicità …. Rispetto la sua privacy. Non ce l'ha con i preti, non credo, era lui che chiamava me.

Una trentina di anni fa mi aveva anche chiesto di fargli qualche lezione di italiano, per fluidificare il discorso, con una professoressa di scienze con cui insegnavo al Gian Battista Grassi di Lecco, ho portato dei libri, una grammatica italiana, ci si dava del tu.". Persona colta, raffinata, don Olinto si è interessato di quanto succedeva a Cassago sul versante culturale. Quando nel 1967 nasce l'Associazione S. Agostino, ne segue i primi passi, e nel 1968, dopo l'allestimento di una mostra archeologica in occasione della scoperta della tomba gallica del Crotto, regalerà alcuni reperti di lacerti architettonici che aveva portato con sé da Avellino. A don Alimandi nel 1970 successe don Giuseppe Bernasconi, ma restò poco a Cassago perché fu ben presto nominato Provinciale del Nord Italia e quindi Vicario Generale della Congregazione. Quello stesso anno arriva a Cassago da Barza don Giulio Noseda in qualità di prefetto sostituendo don Giuseppe Campopiano che va a Bologna. Nel 1971 è don Luciano Botta che viene chiamato a dirigere la Casa apportandovi molte migliorie al riscaldamento e al sistema di conservazione degli alimenti. Il 16 maggio si celebra un grandioso convegno a cui partecipano ben 175 ex-allievi. Toccherà a don Leo Brazzoli, che ritorna a Cassago come direttore nel 1978, traghettare l'Istituto verso nuove forme servizio sociale a favore di giovani disadattati, portatori di handicaps e forti problematiche. A don Leo Brazzoli piaceva stare fra la gente con quel suo carattere cordiale e non disdegnava di occuparsi e partecipare a suo modo a quanto accadeva in paese. All'approssimarsi del centenario del soggiorno di S. Agostino a Cassago commissionò una vetrata che raffigurava il battesimo del santo che collocò nell'Oratorio di S. Giuseppe. Il 24 aprile di quel 1986 con don Gabriele Cantaluppi concelebra nella chiesa di Oriano l'anniversario del battesimo di Agostino. Prestò le sue attenzioni anche ai Campiasciutti, soprattutto alla sua festa a metà giugno e negli anni settanta organizzò delle belle feste patronali per sant'Antonio, di grande intensità cui accorreva molta gente anche per vedere i fuochi d'artificio. Per i suoi 50 anni di sacerdozio si farà una gran festa con una esibizione del Coro di Sabbioncello in chiesa parrocchiale. L'esperienza scolastica dell'Istituto prosegue fino al 1985 quando termina il servizio delle scuole con cui era incominciata l'avventura cassaghese nel 1942.

Don Leo, che l'aveva promossa, sarà anche colui che ne curerà, suo malgrado, la chiusura. Don Leo è senza dubbio una figura di prima grandezza nella storia di questo Istituto e della Congregazione, che si è spento a Milano nove anni fa il 29 maggio 2003 presso la comunità di San Gaetano. I suoi funerali si sono svolti a Como, nella Casa Madre dell'Opera ed è stato pietosamente sepolto nella tomba dei Confratelli nella città d'origine dell'Opera. Ha ricoperto numerosi e importanti incarichi e in questa occasione desideriamo ricordare due aspetti della sua personalità forte ed esemplare. Schietto e sanguigno, era un tipo preciso e puntuale. I confratelli di Milano raccontano che fino a quando le sue condizioni di salute glielo hanno permesso rimase fedele alla sua preghiera, in qualsiasi stagione, nelle prime ore del mattino a cui seguiva la celebrazione della Santa Messa, quella delle sette. Era sempre disponibile al confessionale, soprattutto al sabato pomeriggio e alla domenica mattina, tanto che numerose persone hanno riconosciuto di aver trovato in lui una guida spirituale sicura. A tutti è nota la sua devozione a San Gaetano e il suo amore per l'Istituto e la chiesa: restano molte artistiche vetrate a testimoniarlo. Forte era anche il suo interesse per la storia spirituale della Congregazione e a tutti è noto come con il volume "I Servi della Carità - Profili biografici" volle raccogliere e valorizzare la memoria dei suoi confratelli defunti fino al 1980. Alla partenza di don Leo l'Opera don Guanella riflette sul futuro dell'Istituto e nel frattempo l'8 settembre 1985 porta a Cassago, a titolo provvisorio, sotto la direzione di don Gabriele Cantaluppi, la sede del noviziato della Provincia religiosa "Sacro Cuore", quella del nord Italia. Si parte con 5 novizi e la loro presenza deve dimostrare se questa sede potrebbe essere definitiva e se la villa sarebbe adatta ad ospitare il principale luogo di formazione per i guanelliani del futuro. Non saranno molti gli anni del noviziato a Cassago, ma in quel tempo breve arriveranno giovani da tutto il mondo, dall'Italia e dalla Spagna, dalla Polonia e dalla Nigeria, dal Congo e dagli Stati Uniti, dal Madagascar e dall'India. La loro esperienza negli oratori vicini, nelle case guanelliane di Como e di Nuova Olonio sarà preziosa, lascerà un segno grande come quello che ciascuno di loro si porterà dentro: la Brianza è una terra generosa, che non si dimentica facilmente e che porta molto frutto. Nel 1988 le continue difficoltà di gestione spingono all'ipotesi di chiudere la Casa e di vendere tutta la villa. Il Comune di Cassago è interessato alla proposta, ma la mancanza di risorse fa accantonare il progetto di un grande complesso pubblico. Il Comune si accontenta di affittare l'ala nuova che viene destinata al suo decennale uso come sede della Scuola media statale. Ma i bisogni di una società in mutamento che fanno emergere nuove povertà, ridanno vigore al Carisma di don Guanella capace di rispondere con efficacia. Con questo spirito si progetta una ristrutturazione capillare e completa dell'Istituto, in cui operi ancora visibilmente quel "Carisma" che è il patrimonio più importante della Congregazione: si decide di creare un centro per disabili. In breve tempo a Cassago vengono aperti un Centro Socio Educativo ed una Comunità Alloggio per handicappati psichici medio-gravi, vero luogo in cui il carisma guanelliano può essere sperimentato e vissuto sia dai religiosi in formazione sia da parte dei molti volontari, volontarie ed ex-allievi che prestano la loro opera accanto alla professionalità degli educatori.

I lavori progettati dall'arch. Domenico Sgherzi vengono conclusi in due anni, dal 1991 al 1993, allorché il noviziato viene trasferito per un anno a Barza d'Ispra (VA). Il nuovo salone viene proposto come luogo di incontro e di mostre: una delle prime, se non la prima, ad essere ospitata è la prima edizione Settimana agostiniana nel 1991 che vedrà la presenza di studiosi di alto profilo, anche internazionali. Nel chronicon dell'Istituto al giorno 2 settembre qualcuno annota che "hanno inizio oggi alcune manifestazioni in onore di S. Agostino a ricordo del XVI centenario della sua ordinazione presbiterale. Infatti l'associazione storico-culturale S. Agostino di Cassago ha organizzato una serie di conferenze che si terranno nel nostro Istituto. Questa sera alle ore 20.30 tiene una conferenza p. Vittorino Grossi dell'Università Augustinianum di Roma." Nel 2005 sarà ospitata una spettacolare Mostra dello scultore e artista Silvio Russo. Il piccolo edificio un tempo adibito ad alloggio per le suore guanelliane a servizio dei ragazzi delle scuole, viene trasformato in una Comunità Alloggio capace di ospitare 10 portatori di handicap mentale. I primi ospiti arrivano nel 1992, a lavori ancora in corso e il 18 ottobre 1993, nella festività di S. Luca evangelista, viene inaugurato anche il Centro Socio-Educativo, in cui gli educatori accolgono ragazzi disabili da tutto il circondario e li seguono per l'intera giornata nel lavoro dei laboratori e della serra, cui presto si affiancheranno anche piccoli animali da cortile. Vengono assunti educatori che staranno a contatto dei ragazzi ospiti utilizzando il Progetto Educativo Guanelliano, che introduce uno stile di vita e di operare "diverso" da quello dei centri analoghi, lo specifico guanelliano che non può esserci altrove. Arriva anche una famiglia a reggere la Comunità Alloggio: sono i Macchi, originari del varesotto, che desiderano vivere una condivisone totale con i "buoni figli" di don Guanella. In pochi anni papà Giovanni e mamma Grazia riusciranno, con la figlia Antonella ed il nonno Carlo, a trasformare la Comunità in una seconda casa per i ragazzi che vi abitano. Questi ultimi, che avevano iniziato la propria attività nei laboratori e con gli educatori del CSE, diventano autonomi nel 1996 per utilizzare laboratori propri con educatori che si occuperanno esclusivamente di loro.

Il CSE si apre a nuovi orizzonti e all'accoglienza di altri ospiti ampliando il raggio d'azione della Carità guanelliana. Negli anni più recenti si alternano religiosi ed educatori, anche i ragazzi ospiti a volte partono e a volte arrivano, o tornano, mentre le strutture si adeguano alla legislazione vigente: la Comunità Alloggio diviene Centro Socio Sanitario, il Centro Socio Educativo si trasforma in Centro Diurno Disabili, cambiano i nomi ma cambiano anche i compiti che vanno però vissuti nello specifico spirito guanelliano, quello di un progetto educativo che si evolve e si adatta ai tempi ma resta ancorato alla figura di un fondatore, don Guanella, che teneva soprattutto ai più piccoli. È in questo spirito che, appena qualche anno fa, sorge una nuova comunità rivolta a persone colpite da disagio psichiatrico, una sfida ulteriore che però viene raccolta nella pienezza della carità guanelliana. Sono mutate le urgenze al volgersi dei giorni ed è a questi bisogni che l'Istituto si dedica per portare nella società l'idea di "dono di sé" che fu di don Guanella. Attualmente l'Istituto ospita il Centro diurno disabili accreditato per un massimo di 30 utenti gravi o gravissimi, che giungono dall'area del distretto sanitario di Merate. Questa struttura è stata aperta il 18 ottobre 1993, con l'originaria denominazione di Cse, per ospitare ragazzi e ragazze dai 15 ai 40 anni con handicaps plurimi e per i quali non è possibile pensare ad un inserimento lavorativo vero e proprio. A questo servizio socio-educativo se ne sono affiancati altri e attualmente assistiamo alla presenza di tre CSS (Centri socio sanitari), ovvero comunità residenziali rivolte a persone, dai 18 ai 65 anni, colpite da disagi di diversa natura ma caratterizzate da un certo grado di autonomia. Si tratta della Comunità di S. Antonio, del Sacro Cuore e della Madonna della Provvidenza, quest'ultima costituita nel 2008, ciascuna da 10 posti.

Per quanto riguarda le CSS il bacino di utenza è costituito da ragazzi provenienti dall'intera regione, che vivono nella comunità in pianta stabile, seguendo un percorso educativo finalizzato a far conseguire loro una maggiore autonomia, grazie anche all'organizzazione di vari laboratori. Tutte le attività sono seguite da uno staff costituito da 9 educatori, 3 asa, un coordinatore psicologo e un infermiere per quel che riguarda il Cdd; sono invece una decina gli educatori che operano nelle tre comunità, sotto la supervisione del responsabile Fratel Ivano. Questa presenza ha permesso ai ragazzi della vicina scuola media di avvicinarsi e conoscere questa realtà, sia in occasione della mostra natalizia dei lavoretti prodotti nei laboratori sia soprattutto come esperienza per coloro che, nella loro scelta del dopo medie, desiderano indirizzarsi in settori socio-assistenziali. Fra le più recenti ospitalità che l'Istituto ha concesso ai cassaghesi, vorrei ricordare, l'esperienza dei ragazzi ucraini coordinati dalla Associazione Cassago Chiama Chernobyl, che vengono qui ricevuti e accolti per poi essere distribuiti fra le famiglie del territorio. Il numero dei bambini ucraini ospitati che trascorrono le feste di Natale in Brianza è aumentato e l'anno scorso sono stati ben 62, accompagnati da quattro interpreti. Abitualmente partecipano alla messa di Mezzanotte presso la chiesa dell'istituto don Guanella, con alcune brani sacri letti in lingua ucraina. Anche la festa della Befana si svolge nel salone dell'istituto, con la consegna della tradizionale calza a tutti. E recentemente dal piazzale sono partite per l'Ucraina due autoambulanze benedette da padre Charles.

La stessa associazione all'epoca di don Carmelo Sgroi si è molto impegnata per ripristinare la festa di sant'Antonio ai Campiasciutti. Come si vede la fantasia non ha limiti nel fare il bene. La storia della Casa di Cassago è una storia lunga ormai settant'anni, che continua in un movimento di carità che è tanto più necessario alla Chiesa quanto più diviene difficile, oggi, donare un po' del proprio tempo e della propria persona al prossimo. Una storia, quella dell'Istituto di Cassago, che continua, grazie all'aiuto di molti volontari e di ex-allievi che si sono costituiti in una associazione, che si rinnova, che correrà ancora a lungo con la guida della Provvidenza e sotto la protezione di don Guanella, oggi santo.