Percorso : HOME > Cassago > Medioevo > I nobili de Rode

I nobili de Rode 

Ceramica graffita proveniente dal castro medioevale di Cassago

Ceramica graffita proveniente dal castro medioevale di Cassago

 

 

I NOBILI DE RAUDE O DE RODE

di Luigi Beretta

 

 

 

Nell'XI secolo fu forse la nobile famiglia dei Capitanei de Rode o de Raude a vantare il possesso almeno su una parte dei territori di Cassago, che possiamo intuire si trovassero a Tremoncino o al Rosello. Un atto del 19 gennaio 1117 che tratta della compravendita di questi terreni li indica quali seniores qui dicuntur de Rode habitantes in civitate Mediolani (1). I de Rode erano originari di Rho e costituivano in quel secolo una delle più notabili famiglie milanesi.

Nel 1104 avevano addirittuta ospitato nel loro castello l'imperatore Enrico II (2), il che forse conferma la loro pretesa di discendere dal sangue imperiale dei duchi di Sassonia e di Baviera. Lo stemma di cui si fregiavano, composto da uno scudo a testa di cavallo con al centro una ruota a cinque raggi interni e dieci punte sulla circonferenza esterna, richiamava infatti direttamente quello imperiale, che per armi e insegne ebbero appunto la ruota bianca in campo rosso con cinque raggi a ricordo degli imperatori della casata e cioè Enrico I e II, Ottone I, II e III.

Allo stato attuale delle ricerche è difficile dire quando i de Rode acquisirono le loro proprietà in Cassago. Forse fu in seguito ai disordini prodotti dal movimento della Pataria o forse in occasione di conflitti nel milanese tra il papa Gregorio VII e l'imperatore Enrico IV, di cui furono ardenti partigiani. Un Arderico da Rho, assieme ad un nutrito schieramento di valvassori milanesi, quelli che da noi erano chiamati « capitanei », era presente a Bergamo quando Corrado re di Germania e figlio di Enrico IV nel 1088 promulgò un diploma (3).

Non a caso fu proprio un de Raude nel 1086 ad essere nominato vescovo di Milano dallo scomunicato e scismatico imperatore Enrico IV contro la volontà papale. Ma con l'eletto Anselmo III de Raude, che, se non era l'uccisore di Erlembaldo, era certamente uno della sua famiglia, si assiste a un capovolgimento di fronte. Nel suo episcopato coesistono in effetti tre periodi: dopo la irregolare consacrazione, appoggia il partito dell'antipapa, tanto da essere deposto da un legato pontificio; successivamente l'arcivescovo, non riconosciuto da Roma, purga in monastero, forse a Civate, le sue colpe e le sue origini scismatiche e infine, dopo la riconciliazione, in deroga ai canoni e per le necessità imposte dalla situazione milanese, fu reintegrato da papa Urbano II nelle sue funzioni di arcivescovo nel 1088 e tale rimase sino alla morte nel 1093. Poco prima di morire Anselmo III aveva incoronato re d'Italia Corrado, già re di Germania e duca di Borgogna. Dopo la morte fu sepolto a Milano nella chiesa di S. Nazzaro (4). L'acquisizione delle terre cassaghesi è con ogni probabilità un episodio della parabola politica ascendente di questo ordine dei Capitanei de Raude nel corso dello scorcio finale dell'XI secolo, che li condusse a gestire un ruolo di primo piano anche in Brianza, legando a sè con l'istituto del beneficium gli abitanti locali. La loro influenza si farà sentire per tutto il XII secolo poichè oltre a disporre di una probabile località fortificata in località Rode a Castelmarte (5), essi ebbero grande potere nella Basilica di S. Giovanni di Monza. L'elenco dei canonici monzesi infatti indica numerosi de Raude (6), oltre ad un arciprete di nome Ariprando (7).

Altrettanto frequenti sono inoltre esponenti di questa famiglia nella qualità di testimoni in occasione della stesura di atti (8) che riguardano i possedimenti di questa chiesa in Brianza. L'influenza dei de Rode in Cassago tuttavia è ancora tutta da esplorare sia per quanto concerne la definizione dell'entità e dell'origine delle loro proprietà sia per quanto riguarda i rapporti che intrattennero con i residenti e con la chiesa di S. Maria, che appare dotata in questo secolo di propri beni fondiari. L'atto del 1117 è comunque interessante per vari motivi: innanzittutto si apprende che i seniores qui dicuntur de Rode milanesi, in un'epoca imprecisata avevano concesso in beneficio le loro terre di Cassago, le case e tutto quanto vi apparteneva a un gruppo di uomini di Renate, tali Obizone, Loterio, Arderico e Amizone. L'istituto giuridico del beneficio risaliva ai carolingi (9) e si era perpetuato durante l'epoca ottoniana fino a rappresentare un simbolo della cultura e della civiltà medioevale. In forza del beneficio i poteri su cose e persone venivano affidati nel diritto di governare a signori o enti ecclesiastici in cambio di servigi e della fidelitas o sottomissione. Di fatto a lungo andare i benefici e i beneficiati acquisirono una inevitabile indipendenza con l'esito finale di favorire le autonomie locali e il costituirsi dei Comuni. Per motivi non precisati, ma presumibilmente addebitabili alle incertezze politiche di quel secolo, in quell'anno 1117 quegli uomini di Renate si erano risoluti a concedere in affitto al monastero di Pontida le terre e i cascinali di Cassago con un contratto a livello della durata di ventinove anni rinnovabili però in perpetuo. Di fatto si trattava di una subinvestitura che trasferiva diritti e impegni verso la proprietà dai coltivatori Renatesi ai monaci di Pontida. In cambio di questa cessione di partecipazione al beneficio gli uomini di Renate oltre alla liquidazione in capitale di alcune decine di danari, si assicurarono una candela lunga una spanna da ricevere ogni anno durante la festa di S. Martino. Nella premessa di questa subinvestitura sono inoltre elencate le rendite annue del beneficio con la singola quantificazione e specificazione degli affitti a carico dei massari da pagarsi sia con beni in natura che con una quota in denaro.

Quest'ultimo aspetto è interessante perchè rivela l'esistenza di una economia anche locale basata sul commercio dei prodotti nell'ambito presumibile di mercati e piazze di scambio stabilmente istituite nel castro di Cassago o in quello viciniore di Cremella (10). Nello stesso tempo apprendiamo notizie circa qualche abitante di Cassago, la cui onomastica rivela accanto a nomi tipicamente barbari la sopravvivenza di insediamenti di origine latina. I massari citati sono Gezo, Alberga sua cognata, Pagano, Petrus, Otto, Bruneto, Petrus Landulfus e Petrus sertor. I terreni coltivati da quest'ultimo furono indicati e riconosciuti fino a tutto il '600 con il nome di questo contadino medioevale, sertor o sertore dal latino Sertorius. Questo atto, stipulato a Cremella dal presbitero locale Giovanni (11) nella sua veste di rappresentante di Teudoaldo priore del monastero di Pontida, getta inoltre un nuovo squarcio di luce nella storia di Cassago, poichè segna l'inizio della presenza e della espansione di quel monastero in questo paese, la cui influenza perdurerà fino alla metà del '400. Lo stesso atto segna probabilmente l'inizio del trapasso delle prerogative feudali su Cassago dai de Rode al monastero di Pontida, che già nel XIII secolo ne governerà il castro nominando un proprio castaldo.

La motivazione di questa consegna di poteri dai de Rode al monastero di Pontida si inserisce forse nel disegno politico attuato dall'arcivescovo Anselmo III e dalla sua famiglia nella fase finale del suo episcopato milanese, quando fu sollecito nel favorire la diffusione dei monasteri dipendenti dall'abate di Cluny. Nel 1088 ad esempio aveva donato alla abbazia borgognona la chiesa di S. Maria di Calvenzano sulla strada per Lodi, sottraendola ad ogni altra giurisdizione compresa la propria (12).

 

 

(1) A. S. M., Arch. Diplomatico, P. cart. 6.

(2) MURATORI, Antichità Italiche.

(3) GIULINI, Memorie Storiche di Milano, I, 283.

(4) G. L. BARNI, Dal Governo del vescovo a quello dei cittadini, in Storia di Milano, III, 217.

(5) A. S. M., Arch. Diplomatico, P. cart. 591, n. 161 atto del 1227.

(6) A. S. M., Arch. Diplomatico, P. cart. 592, n. 28 atto del 1233.

(7) A. S. M., Arch. Diplomatico, P. cart. 590, 591, 588.

(8) A. S. M., Arch. Diplomatico, P. cart. 588 n. 57 e n. 64; cart. 590 n. 31; cart. 589 n. 68. Cfr. anche Biblioteca Capitolare di Monza, Pergamene, cart. 6, n. 96 A.

(9) Il termine beneficium fu di preferenza usato per indicare le liberalità provvisorie, largite, contro la corresponsione di servigi, a favore di persone addette alle case dei Signori e soprattutto a favore dei Vassalli. In epoca carolingia una stretta necessità di governo contribuì con ineluttabile vigore a fissarne il significato linguistico. Per procurarsi le terre destinate ad ottenere loro l'appoggio di numerosi fedeli, i Carolingi attinsero senza pudori all'immensa ricchezza del clero. La prima spoliazione sotto Carlo Martello fu brutale. I suoi successori non rinunciarono affatto a queste requisizioni, ma regolarizzando a un tempo l'operazione passata e quelle del presente e dell'avvenire, si preoccuparono di conservare in qualche modo i diritti dei legittimi proprietari. Costoro avrebbero riscosso d'ora innanzi un determinato affitto per il suolo che erano costretti a cedere in usufrutto al vassallo regio. Tale usufrutto era in linea di principio vitalizio. L'uso della parola «beneficio» per indicare tale concessione in cambio di un servigio e soprattutto del servigio di vassallaggio si perpetuò nel latino delle cancellerie e dei cronisti fino al sec. XIII.

(10) Un documento del 1120 circa indica in effetti l'esistenza di un mercato a Cremella con tanto di Canevario che custodiva "mensura vel pondera". Sembra anzi che esistessero delle unità locali specifiche "ad mensuram Cremelle", quali l'ansa, che esprimeva la capacità per il vino e lo stairolum, il copum, il rasum per le misure di solidi e aridi. Cfr. A. S. M., Pergamene per fondi, cassetta 588.

(11) Di questo Ioannem presbiterum de loco Cremella c'è forse un'altra traccia nella storia locale in un documento del luglio 1144 dove si ricorda un certo Ioannem presbiterum de eodem loco Cremella, I. ALLEGRI, La cura dei SS. Sisinio, Martirio e Alessandro di Cremella nelle visite pastorali di S. Carlo (1567-1583) in I Quaderni della Brianza, n. 127, 1999, 84.

(12) P. ZERBI, Monasteri e riforma a Milano dalla fine del sec. X agli inizi del XII, Aevum, 1950, 57.