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Agostino d'Ippona

Tolle lege: affresco di Benozzo Gozzoli

Tolle lege: affresco di Benozzo Gozzoli

 

 

Il rus Cassiciacum di Agostino d'Ippona

di Luigi Beretta

 

 

Nelle confessioni S. Agostino ricorda di essersi ritirato a Cassiciaco fra il 386 e il 387 d.C. in un periodo cruciale della sua vita, che vide maturare la sua conversione e il suo battesimo. Nella ricorrenza del XVI centenario di quegli eventi sorge naturale chiedersi dove si trovasse Cassiciaco e soprattutto se è possibile riconoscerlo in qualche località odierna. Questa preoccupazione è quanto mai attuale perchè richiama il desiderio di rivivere quella famosa esperienza rivisitando i luoghi che videro maturare nella fede il retore africano, in uno scenario impareggiabile quale ci viene assicurato dalla lettura dei Dialoghi. Questi testi, scritti proprio a Cassiciaco, ci danno una prima indicazione di quell'ambiente, che tuttavia non è decisiva per localizzare il luogo, al contrario di quanto hanno esageratamente e senza ragione messo in rilievo molti autori che si sono occupati della questione. Da queste letture si può apprendere che Cassiciaco era certamente una località amena, vicina ai monti, circondata da boschi, dove si praticava, almeno intorno alla villa di Verecondo, una consistente attività agricola. Altre indicazioni del paesaggio Agostino non ne dà, preoccupato piuttosto di approfondire alcuni temi filosofici e morali assieme ai suoi amici africani. Solo Licenzio accennerà qualche anno più tardi agli alti monti di Cassiciaco, ma non aggiungerà nulla di preciso. Neppure il corso d'acqua che suscita una notte l'attenzione di Agostino aiuta molto a precisare la località, poichè di ruscelli come quello descritto se ne trovano dappertutto.

I Dialoghi ci assicurano comunque che Cassiciaco non era molto lontana da Milano, forse a poche ore di distanza tanto da poter essere raggiunta, come fece Alipio, in un solo e breve pomeriggio di metà novembre. Se vogliamo localizzare Cassiciaco dobbiamo affidarci ad altri criteri, fra cui un posto di primo piano spetta sicuramente alla tradizione. Come è noto, essa nasce sempre da una primitiva verità storica, talvolta amplificata o distorta da posteriori aggiunte.

Ebbene nell'ambiente milanese già dalla fine del '400 la località agostiniana era abitualmente identificata con l'odierna Cassago in Brianza. Vi fa cenno lo storico Tristano Calchi nella sua Mediolanensis Historiae Patriae del 1490. Più tardi la stessa identificazione verrà ripresa in piena età borromaica, in un periodo cioè di profonda rinascita culturale, dallo storico Giuseppe Ripamonti, dottore dell'Ambrosiana, nonchè dallo stesso Cardinal Federigo Borromeo, il quale, dopo aver visitato per ben tre volte la parrocchia di Cassago, testualmente afferma: "Ed è verosimil cosa, che la villa e la foresta da lui (Agostino) cotanto honorata, sia per ragion di lontananza, e del sito, e del nome, e dell'antichità degli edifici, quella che hora chiamasi comunalmente Cassago". (F. Borromeo, De' piaceri della mente christiana, Milano 1625). L'identificazione dotto letteraria del Cassiciaco agostiniano con Cassago va di pari passo con lo sviluppo e il consolidamento della devozione popolare al santo di Ippona in questo paese. Prima del '600 questo culto è attestato soprattutto verso oggetti particolari che richiamavano in qualche modo alla mente la presenza di S. Agostino. È il caso ad esempio di un bassorilievo ligneo, forse antina di un mobile o sportello d'altare, di autore ignoto, che raffigura un Agostino vescovo di canoni rinascimentali. O anche della cosiddetta "fontana di S. Agostino" restaurata di recente, ubicata presso la chiesa parrocchiale e luogo abituale di pellegrinaggio della pietà popolare. Nè va trascurata la pietra ceriza, su cui il Popolino, poco istruito, pensò erroneamente avesse celebrato addirittura il Santo. Conservata oggi nell'altare di S. Agostino in Cassago, questa pietra proviene da un oratorio demolito nel 1611 ed è un indice sicuro del livello a cui era giunta a quell'epoca la devozione al Santo. Anche il primo parroco di Cassago, un certo don Antonio Brambilla, nativo del luogo, vi fa un cenno in una sua carta del 1574 ove riferendosi alla sua parrocchia, definisce il paese con il termine "caseatus", cioè formaggioso, fertile, proprio come Agostino aveva qualificato Cassiciaco nelle sue Confessioni, quando ringraziò Verecondo per l'ospitalità ricevuta. Ma è certamente nel '600 che la tradizione agostiniana in Cassago fa un salto di qualità. Con più precisione possiamo riferire l'episodio agli anni che seguirono immediatamente la drammatica pestilenza del 1630, di manzoniana memoria. Una pagina del Chronicon, scritta dal parroco don Filippo Balsamo, dichiara infatti che Cassago uscì indenne dalla pestilenza del 1630 grazie alla intercessione di S. Agostino.

Il parroco aggiunge inoltre che il santo di Ippona venne invocato patrono in questo paese soprattutto perchè si tramandava che vi avesse dimorato. Questa annotazione è unica nel suo genere ed è importante non solo perchè specifica le origini ufficiali di questa devozione in Cassago, ma soprattutto perchè attribuisce ad Agostino qualità taumaturgiche del tutto eccezionali. Agostino infatti non era mai stato invocato nè ringraziato quale protettore dalla peste. Contro le pestilenze, che cronicamente affliggevano l'Europa di quei secoli, di solito era chiesto l'aiuto di San Rocco o di San Sebastiano. A Cassago, per quanto esistesse un oratorio dedicato a San Rocco, fu invece Agostino a essere invocato.

Quello di Cassago è l'unico esempio sinora noto in tutta la cristianità, dove tradizione dotta e popolare si fondono in una sintesi, che non verrà mai più meno nei secoli successivi. La prima festa di devozione documentata risale al 1631, proprio all'indomani della fine della pestilenza. Altre sono note nel 1664, 1665 e 1670. In quegli anni si sviluppò moltissimo del resto l'0nomastica del santo, che mantenne a lungo la sua vitalità tanto da giungere ai nostri giorni. Nel 1665 il parroco don Antonio de Capitani de Lavello sbagliò addirittura il titolo della parrocchiale scrivendo al suo Vicario Foraneo di Missaglia. Anzichè San Giacomo scrisse infatti Cura di S. Agostino. Sul finire del '600 mons. Filippo Pirovano, primogenito dell'omonima famiglia che possedeva il castello in Cassago, lasciò in Roma un legato di 100 scudi alla chiesa di S. Agostino. Ma è ancora nel '700 che la devozione per questo Santo ci offre nuovi esempi di profonda pietà popolare. Nel 1760 in occasione della costruzione della nuova chiesa parrocchiale, che è l'attuale, si decise di costruire un altare dedicato al Santo e nello stesso tempo la Fabbriceria commissionò la statua lignea, che lo ritrae con il cuore fiammante in mano. Il Cardinal Pozzobonelli, arcivescovo di Milano, sottoscrisse poi nel 1765 l'autentica di una reliquia dalle ossa di S. Agostino da esporre al culto nella chiesa di Cassago. Poco più tardi, nel 1776, il parroco don Alfonso de la Hoz Hortiz ottenne da papa Pio VI l'indulgenza per chi visitava la chiesa di Cassago in occasione della festa del santo Patrono. Un lascito testamentario di mons. Giovanni Vincenzo Visconti di Modrone, abate e prevosto della Chiesa Metropolitana di Milano, assicurò a partire dal 1797 una rendita di sei zecchini d'oro da destinarsi alla annua celebrazione della festa del Santo. Questo legato ebbe un effetto straordinario nell'800 quando la devozione popolare rese solenne la festa, certamente la più importante della parrocchia. Più volte la pietà del popolo si raccolse per invocare il Santo nei momenti difficili per la comunità, proprio come avevano fatto gli avi, secoli prima, con il flagello della peste. Sul finire del secolo si volle addirittura dedicare una via del paese al Santo, mentre incominciarono a fiorire e a diffondersi numerose leggende relative al suo soggiorno. Ancora nel nostro secolo la devozione al Santo si è mantenuta vivissima. Nel 1930 a Cassago, dal 28 agosto, vi furono 3 giorni di festa eccezionali ai quali intervenne anche il card. Schuster. In quella occasione furono presenti più di 3.000 giovani provenienti da tutta la Brianza e dal Milanese. Sull'onda dell'entusiasmo di quei giorni, il coadiutore don Luigi Cazzaniga titolò al Santo l'oratorio maschile appena costruito, mentre nel 1950 il parroco don Motta fece affrescare la cappella di S. Agostino con temi tratti da scene dei Dialoghi, suggeritegli da mons. Giulio Oggioni suo concittadino.

Ancora nel 1954 si ebbero nuove manifestazioni popolari di devozione religiosa nella ricorrenza della nascita, mentre dal 1962 l'Amministrazione Comunale offre ogni anno l'olio per la lampada che arde perennemente all'altare del Santo. La profonda vivacità e gli stimoli offerti dalla tradizionale devozione a S. Agostino in Cassago sono sfociate infine nel 1967 nella costituzione di una Associazione, che si richiama a S. Agostino di cui vuole valorizzare la memoria con particolare riferimento al suo soggiorno a Cassiciaco. In vent'anni di attività la Associazione S. Agostino ha senz'altro mantenuto fede allo spirito dei padri fondatori. Le numerose iniziative realizzate hanno infatti ulteriormente valorizzato le memorie antiche oltre a razionalizzare attraverso studi e ricerche l'origine e il senso di questa tradizionale devozione ultracentenaria. Nel 1986 è stato attrezzato un parco storico-archeologico dove hanno trovato allocazione numerosi reperti archeologici, la fontana di S. Agostino e il monumento al Santo opera del Maestro Enrico Manfrini, inaugurato e benedetto dal cardinale Carlo Maria Martini arcivescovo di Milano. Il luogo, che riproduce la serenità dell'atmosfera dell'antico rus Cassiciacum di Verercondo, è meta di pellegrinaggi e di viaggi di studiosi di tutto il mondo. Dal 1986 viene inoltre organizzata la Settimana Agostiniana con incontri e dibattiti sulla figura del Santo e sulla storia del paese. Spetta certamente a questa Associazione il merito di aver condotto studi sinora inesplorati riguardo al Cassiciaco agostiniano i cui risultati sono già stati esposti in numerose pubblicazioni. I risultati di queste indagini si possono riassumere rispetto a tre piste essenziali che riguardano le fonti storiche e archivistiche, le scoperte archeologiche e la toponomastica.

Quanto alla prima traccia non v'è alcun dubbio che chi pensò al Cassiciaco agostiniano già dal tardo Rinascimento pensò sempre a Cassago. Il fatto di per sè è assai significativo, soprattutto se riferito all'area culturale milanese. Ma è la seconda traccia quella che ha rivelato un nuovo orizzonte e preziosissime informazioni. A partire dagli anni '60 in poi, in pieno boom edilizio, Cassago è stata sede di molteplici ritrovamenti archeologici disseminati un po' su tutto il territorio, i quali manifestano la presenza di insediamenti gallici e romani a partire dal Il sec. a.C. fino a tutto il V-VI sec. d. C.. In una località in modo particolare, la Pieguzza, un vasto pianoro rialzato con una panoramica che spazia su tutta la Brianza con alle spalle l'imponente arco montuoso prealpino, a più riprese sono stati messi in luce, con scavi occasionali, due cisterne e molteplici tombe. I diversi oggetti rinvenuti e il tipo delle ceramiche evidenziano la presenza in sito di un insediamento agricolo associato a una residenza signorile. Alcune patere di raffinato stile risalgono proprio al IV sec., al periodo di soggiorno di Agostino nella villa dell'amico Verecondo. Che questa zona fosse romanizzata da tempo è noto grazie anche alla testimonianza di Virginio Rufo, la cui villa sorgeva presso Valle Guidino a pochi Km. da Cassago.

Ed è proprio a Valle Guidino che nel 1875 venne portata alla luce una lapide che frammentariamente riportava l'iscrizione I.O.M. VERECUNDUS. Che fosse l'amico di Agostino? Di certo non si sa, certo è però che la lapide testimonia la presenza della gens Verecunda in queste zone. Anche l' ultimo aspetto della toponomastica conforta l'ipotesi che l'antico Cassiciaco sia l'odierna Cassago. Tra le carte medioevali, dopo una pergamena dell'845 che testimonia insediamenti in Cassago ancora nel medioevo, troviamo infine nel XII sec. un manoscritto dell'Abbazia di Pontida che cita Cassago tra i suoi possedimenti sotto la voce CASSCIACO, una dicitura che costituisce il trait-d'union fra la forma antica e la moderna. Per quanto la controversia intorno al Cassiciaco agostiniano non possa dirsi ancora risolta, non v'è dubbio che, come argutamente concludeva lo storico brianzolo don Rinaldo Beretta, "Chi oggettivamente e serenamente studia la questione non potrà fare a meno di convenire che oggi come oggi ... Cassago conserva tuttora, se non la certezza, seri indizi di corrispondere al Cassiciaco agostiniano".