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 Entrata dell'Istituto don Guanella ai Campiasciutti

Entrata dell'Istituto don Guanella ai Campiasciutti

 

 

 

SANT'ANTONIO DA PADOVA

 

 

 

La chiesetta dei Campiasciutti è dedicata a san Giuseppe, ma la festa che si celebra a metà giugno in quella frazione con maggiore partecipazione e intensità è quella di sant'Antonio da Padova.

Alla sua diffusione hanno contribuito i padri guanelliani che reggono dal 1945 l'Istituto don Guanella per l'educazione della Gioventù. Negli anni sessanta sotto la direzione di don Leo Brazzoli vennero organizzate delle feste patronali per sant'Antonio di grande intensità cui accorreva molta gente anche per vedere i fuochi d'artificio.

Attualmente la festa viene ancora celebrata, sia pure in tono minore.

Antonio da Padova è un santo invocato da tanta gente soprattutto come taumaturgo perché sulla sua tomba si moltiplicarono le guarigioni.

I teologi però preferiscono porre l'accento sui suoi Sermoni, che gli hanno valso il titolo di dottore della Chiesa. È detto da Padova perché ivi svolse la sua principale attività e trascorse gli ultimi anni della sua vita; egli era nato però a Lisbona (1195 o forse 1191) dalla nobile famiglia Bulhom, che erroneamente si è cercato di mettere in relazione con la famiglia di Goffredo di Buglione.

A 15 anni, studioso e contemplativo, entrò fra i Canonici regolo di S. Agostino, prima in patria e poi a Coimbra; non è chiaro se vi ricevesse il sacerdozio, ma certo vi acquistò una solida formazione teologica e scritturale. Nel 1220 assistette al trasporto delle spoglie di 5 frati francescani martirizzati nel Marocco, e se ne sentì infiammato a cercare anch'egli il martirio. Si aggregò ad alcuni frati venuti presso Coimbra, ne vestì l'abito e si fece man- dar nel Marocco, ma qui, ammalatosi, dovette reimbarcarsi e nel viaggio una tempesta lo spinse sulle coste della Sicilia. Di qui andò ad Assisi, dove si teneva il Capitolo generale del 1221; ad Assisi si incontrò con S. Francesco ed ottenne di esser aggregato alla prov. di Romagna, nel convento di Fornovo.

Forse allora soltanto fu ordinato sacerdote; si diede quindi alla predicazione, rivelandosi grandissimo oratore, tanto che su questa sua attività fiorì ampiamente la leggenda.

Testimonianza innegabile dell'attività apostolo di S. Antonio sono però le paci da lui promosse tra persone e partiti in lotta, le usure represse, le restituzione di cose rapinate, le donne perdute ricondotte alla virtù, i prigionieri liberati, i banditi convertiti. Nella grande questione che divise sin dalle origini l'Ordine francescano, tra i rigoristi ed i seguaci della regola temperata. Antonio tenne decisamente per i primi ed avversò Frate Elia da Cortona.

Percorse predicando l'Alta Italia e la Francia meridionale; pare fosse nominato provinciale di Lombardia (1227); nel '30 riprese la vita del predicatore, poi, già ammalato di idropisia, si ritirò a Padova e vi predicò la quaresima all'aperto, essendo le chiese incapaci a contenere le folle accorse ad udirlo. In quel tempo affrontò coraggiosamente il tiranno Ezzelino da Romano per chiedergli il riscatto dei Guelfi prigionieri a Verona, ma senza risultato, sebbene la leggenda abbia trasformato questo incontro in una scena edificante. Stremato di forze, si ritirò a Camposampiero; avendo chiesto di essere riportato a Padova, morì, giovanissimo (non aveva ancora quarant'anni) sulla strada nel convento delle Clarisse dell' Arcella (13/61231).

Fu deposto nella chiesa di S. Maria Mater Domini e sulla sua tomba sorse la celebre basilica. Fu canonizzo nel 1232, dopo soli 11 mesi dalla morte; la sua festa si celebra il 13 giugno. Sant' Antonio segna una profonda modificazione in seno all'Ordine francescano; egli infatti ottenne da S. Francesco - incline a tenere i suoi Frati lontani dall'attività specificamente intellettuale - il permesso di coltivare gli studi, sempre s'intende in quanto diretti all'apostolato. L'opera sua di scrittore e teologo consta soprattutto di Sermoni e di Commenti alla S. Scrittura, e fino a questi ultimi tempi non era stata convenientemente studiata, giacchè l'attenzione era principalmente rivolta alla sua azione pratica.

Ricerche recenti ne hanno messo in luce le caratteristiche, cioè la fusione del- la teologia di tipo agostiniano con la peculiare affettività francescana nelle grandi tesi della Grazia, del Cristo, di Maria, sulla mistica, ecc. Nel 1946 Pio XII ascriveva il Santo di Padova tra i Dottori della Chiesa. Molte storie, molti racconti e leggende sono circolate su Antonio. Alcune sono gustose, altre avventurose, qualcuna romanzata. Tra le tante ne abbiamo scelto tre.

 

L'origine di alcune tradizioni popolari

Da quando a Brive la-Gaillard recuperò un prezioso manoscritto rubato da uno dei confratelli, Antonio viene invocato per ritrovare gli oggetti smarriti. Questo novizio, stanco della vita conventuale, era fuggito portando con sé il famoso Discorso sui salmi. Assai afflitto per la perdita, Antonio si mise a pregare e scongiurò il Signore di fargli ritrovare l'opera. Meno di una settimana dopo, il colpevole ritornò a Brive, restituì il manoscritto e raccontò come, nel momento in cui durante la fuga si apprestava ad attraversare un fiume, avesse ad un tratto veduto davanti a sé un demonio: «Sotto pena di morte - gli avrebbe detto il diavolo - ti ordino di tornare indietro e di rendere, senza perdere tempo, l'oggetto che hai rubato» (Analecta). La storia del diavolo che va in aiuto di un santo ha molto colpito la fantasia.

Essa è parsa rivelatrice dell'efficacia dell'intercessione di Antonio nel campo di attività materiali come lo smarrimento o il furto di un oggetto. Quanto alla pratica delle «lettere di sant'Antonio», costituisce un'usanza che viene dal Portogallo. Una infelice di quel paese era continuamente assillata da Satana, il quale le suggeriva di suicidarsi. Prima di gettarsi nelle acque, essa sostò in una cappella dove per un momento si addormentò. Le apparve sant'Antonio e le tese una lettera dicendo che d'ora in avanti avrebbe dovuto tenerla sempre addosso. Al risveglio, la lettera era proprio lì.

La poveretta se la appese al collo come un ciondolo, e subito in lei ogni idea di suicidio svanì. Il «Breve miracoloso» venne riprodotto e messo in circolazione; i miracoli si moltiplicarono. Ma, a forza di proliferare, queste copie hanno perso la loro natura originaria, fino a diventare ai giorni nostri occasione di sordidi ricatti e qualche volta di oscuri rackets. Da ultimo, la celebre rappresentazione di Antonio col Bambino Gesù tra le braccia rievoca un miracolo che ebbe luogo a Chateauneuf-la-Foret, nel Limousin. Un borghese della città aveva offerto ospitalità al predicatore francescano.

Durante la notte, preso da un'improvvisa curiosità, il borghese guardò del tutto candidamente all'interno della camera di Antonio dal foro della serratura. "Vide tra le braccia del Beato un fanciullo di grande bellezza, che lo abbracciava con tenerezza; da parte sua, il santo lo baciava ed accarezzava, e non distoglieva un istante lo sguardo da quella incantevole figura." (Liber miraculorum).

Da questa versione popolare di una scena che rappresenta l'attaccamento mistico del santo per il Figlio di Dio fatto uomo nasce la più diffusa delle rappresentazioni di sant'Antonio.