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Torelli: Secoli Agostiniani - Tomo IV

Agostino e san Giovanni: affresco a Tolentino

Agostino e san Giovanni: affresco a Tolentino

 

 

ANNO 1272

Anni di Christo 1272 - della Religione 886

 

 

 

 

1 - Habbiamo nel principio di quest'Anno, la venuta del nuovo Pontefice in Italia, et il suo arrivo nella Città di Viterbo, ove in questi tempi, quasi per ordinario facevano la loro residenza li Sommi Pontefici, a cagione delle continue rivolte, che bene spesso terminavano in aperte Ribellioni de' Romani; e poco doppo il di lui arrivo, fu Consagrato, e con solenne pompa Coronato. Subito poi cominciò egli a trattare con gran premura di spedire nuove Armate al soccorso di Terra Santa, esortando con gran calore Filippo Re di Francia, a volere anch'esso concorrere a così santa impresa, dimostrandosi in ciò glorioso imitatore del suo Santissimo Padre Luigi. E per potere più facilmente agevolare una così eroica impresa, procurò molto da senno, di pacificare le due potenti Republiche di Venetia, e di Genova, con prohibire espressamente alla prima, il trasmettere Mercantie ne' Paesi de' Saracini; e così per questo effetto, come anche per unire le due Chiese, Latina e Greca, si dichiarò di volere celebrare un Concilio Generale, quale poi in effetto celebrò con felice riuscita nella Città di Lione in Francia l'Anno 1274, come in quel tempo vedremo.

2 - Prima però, che giungesse in Viterbo, e che fosse Coronato Sommo Pontefice, ritrovandosi di passaggio in Orvieto li si presentarono davanti li nostri Superiori maggiori della Toscana, e con un'humile Memoriale rappresentarono alla Santità Sua, le molte e gravi molestie, che ricevevano da alcuni, che sprezzando gli Apostolici Privilegi, che da' Pontefici suoi Antecessori havevano ottenuti, li maltrattavano, e nelle facoltà, e per infino nelle proprie Persone; fu subito spedita a loro favore una Bolla all'Arciprete della S. Chiesa di Lucca, affinchè con la sua Apostolica autorità, procurasse in ogni conto di reprimere l'audacia di que' miscredenti, che tali molestie davano a que' poveri Religiosi, adoprando anche contro di loro, quando il bisogno lo richiedesse, l'ecclesiastiche Censure, senza ammettere Appellatione di sorte alcuna; avvertendo però di non s'ingerire punto in quelle cose, che richiedessero più esatta cognitione della causa, o che non toccassero, o appartenessero allo sprezzo de' suddetti Indulti, o Privilegi della S. Sede. Fu data questa Bolla, durevole per tre Anni soli, in Orvieto a' 2 di Gennaio l'Anno primo del suo Pontificato, e si legge nel Bollario a car. 127 in questa forma: Gregorius Episcopus Servus Servorum Dei.

3 - Dilecto filio Archipresbytero Ecclesiae Lucensis, salutem, et Apostolicam benedictionem. Sub Religionis habitu vacantibus studio piae vitae, ita debemus esse propitij, ut in divinis beneplacitis exequendis, malignorum non possint obstaculis impediri. Cum itaque dilecti filij, Prior Provincialis, et Fratres Eremitarum in Tuscia Ordinis S. Augustini, a nonnullis, qui nomen Domini recipere in vacuum non formidant, graves (pro ut accepimus) patiantur iniurias, et iacturas. Nos eorum providere quieti, et malignorum malitijs obviare volentes, discretioni tuae per Apostolica scripta mandamus, quatenus dictos Priorem, et Fratres, pro Divina, et nostra reverentia favoris oportuni praesidio prosequens, non permittas eos contra Indulta Privilegiorum Apostolicae Sedis ab aliquibus indebite molestari; molestatores huiusmodi per Censuram Ecclesiasticam (appellatione postposita) compescendo. Non obstante si aliquibus, a praedicta Sede Indultum, quod suspendi, vel interdici, aut excommunicari non possint per Literas Sedis eiusdem, nisi de Indulto huiusmodi plena, et expressa, in eis mentio habeatur. Attentius provisurus, ut de ijs, quae causae cognitionem, exigunt, vel quae Indulta huiusmodi non contingunt, te nullatenus intromittas. Nos enim si secus praesumpseris, tam praesentes Litteras, quam etiam processum, quem per te illarum auctoritate haberi contigerit omnino carere iuribus, ac nullius fore decernimus firmitatis. Huiusmodi ergo mandatum nostrum sic sapienter, et fideliter exequaris, ut eius fines quomodolibet, non excedas. Praesentibus post triennium minime valituris. Datum apud Urbemveterem, quarto nonas Ianuarij, Pontificatus nostri Anno primo.

4 - Tre Mesi doppo, havendo inteso, che alcuni scelerati in Bologna, havendo ingiustamente percossi nelle proprie persone, tre Religiosi nel Monistero nostro di S. Giacomo di Bologna, spedì una Bolla rigorosa al Vescovo di Parma. nella quale strettamente li comanda, che informatosi prima della verità, scomunichi que' malvagi, ne mai ardischi di darli l'Assolutione, anzi li fugga, e li facci parimente da gli altri fuggire, dichiarandosi, che se vorranno essere assoluti, diano prima la dovuta soddisfatione alle parti offese, e poi vadino a piedi del Pontefice, col testimonio dell'istesso Vescovo d'havere ubbidito e sodisfatto, che all'hora poi riceveranno l'assolutione. Fu data questa Bolla nel Laterano alli 5 d'Aprile l'Anno primo del suo pontificato, e questa si conserva nel nostro Archivio di S. Giacomo, e però quivi conforme il solito, la trascriviamo:

Gregorius Episcopus Servus Servorum Dei.

5 - Venerabili Fratri Episcopo Parmensi, salutem, et Apostolicam benedictionem. Dilecti filij, Prior, et Fratres Eremitarum S. Iacobi Bononien. Ord. S. Augustini, nobis conquerendo monstrarunt, quod Lambertinus Pigella, Benvenutus Fornarius, Ioannes quondam Bonixini, et Ioannellus Servitor Prioris Sanctae Mariae de Pugiola Laici Bononiensis Civitatis, et Dioecesis, in Paulum, Ioannem, et Anonium Fratres praedicti loci Sancti Iacobi manus iniecerunt, Dei timore postposito, temere violentas. Ideoque Fraternitati tuae per Apostolica scripta mandamus, quatenus, si est ita, dictos sacrilegos tamdiu appellatione remota excommunicatos publice nuncies, et facias ab omnibus arctius evitari, donec super ijs satisfecerint, competenter, et cum tuarum testimonio literarum ad Sedem venerint Apostolicam absolvendi. Testes autem, qui fuerint nominati, si se gratia, odio, vel timore subtraxerint per Censuram Ecclesiasticam appellatione cessante, compellas veritati testimonium perhibere. Dat. Laterani, nonis Aprilis, Pontif. nostri Anno primo.

6 - Non haveva appena proveduto il Papa a questo disordine di Bologna, quando di nuovo il Provinciale, et i Padri della Provincia di Romagna comparvero con nuove querele contro molti Potenti, i quali li davano gran molestie, e travagli nelle loro Possessioni, et altri Beni, ed in fatti nulla rispettando, né havendo alcun riguardo a' suoi Privilegi Pontificj, in mille maniere gli opprimevano, ed oltraggiavano, che però humilmente richiedevano la diffesa del suo braccio poderoso; per le quali cose gravemente adirato il Pontefice, ordinò al Vescovo di Ferrara, che dovesse con ogni calore possibile intraprendere la diffesa di quella Religiosa Provincia, e non permettere in verun conto, che fossero in cosa alcuna danneggiati i Padri di quella, e che si dovessero in ogni maniera osservare li Privilegi, che detti Padri havevano dalla S. Sede ottenuti, Scomunicando chiunque ardisse di fare il contrario; non dovesse però ingerirsi nelle cose, che non spettassero a' detti Privilegi, e richiedessero cognitione della Causa. Fu data la Bolla in Orvieto a' 29 d'Agosto di quest'Anno, che fu il primo del suo Pontificato; questa pure conservasi nel nostro Archivio di Bologna, ed è la seguente:

Gregorius Episcopus Servus Servorum Dei.

7 - Vener. Frati Episcopo Ferrariensi, salutem, et Apostolicam benedictionem. Sub Religionis habitu vacantibus studio, piae vitae, ita debemus esse propitij, ut in Divinis beneplacitis exequendis malignorum non possint obstaculo impediri. Cum itaque dilecti filij, Prior Provincialis, et fratres Eremitarum, in Romaniola Ord. S. Augustini, a nonnullis qui Nomen Domini recipere in vacuum non formidant, graves, sicut accepimus, super Possessionibus, et alijs bonis suis patiantur molestias, et paessuras. Nos eorum providere quieti, et malignorum malitijs obviare volentes Fraternitati tuae, per Apostolica sripta mandamus, quatenus eosdem Priorem, et fratres, pro Divina, et nostra reverentia favoris opportuni praesidio prosequens, non permittas ipsos contra Indulta. Privilegiorum Sedis Apostolicae ab aliquo indebite molestari; molestatores huiusmodi per Censuram Ecclesiasticam, appellatione postposita, compescendo. Non obstante si aliquibus, a praedicta sit Sede Indultum, quod suspendi, vel interdici, aut excommunicari, non possint per Literas Apostolicas, nisi de Indulto huiusmodi plena, et expressa mentio habeatur; Attentius provisurus, ut de ijs, quae causae cognitionem exigunt, vel quod Indulta huiusmodi non contingunt, te nullatenus intromittas. Nos enim si secus praesumpseris, tam praesentes Litteras, quam etiam Processum, quem per te illarum auctoritate haberi contigerit omnino carere viribus, ac nullius fore decernimus firmitatis. Huiusmodi ergo mandatum nostrum sic prudenter, et fideliter exequaris, quod eius fines quomodolibet non excedas. Praesentibus post triennium minime valituris. Dat. apud Urbemveterem 4 Kal. Septemb. Pont. nostri Anno I.

8 - Occorse in questo tempo istesso che havendo, alcun tempo prima, un certo F. Filippo d'Argenta, donato (mentre era ancor Secolare) alcuni beni stabili, consistenti in certe Possessioni, e Terre, delle quali n'era assoluto patrone, e potevale lasciare, e donare, a chi più li piaceva, al Priore et a' Frati del Convento di S. Giacomo di Bologna, essendo poi, dopo detta Donatione entrato nella Religione, e ricevuto l'Habito nel detto Convento, e fattavi anche la solenne Professione; poco appresso pentitosi di quanto haveva fatto, se n'era uscito fuori, e gettando l'Habito, havevasi usurpati li suddetti Beni donati, e se ne stava nel Secolo con grave scandalo del Mondo, e danno de' detti Padri, e rovina dell'Anima sua. Hor vedendo i Padri, che le loro ammonitioni, ed anche minacce nulla giovato havevano con quel protervo Religioso Apostata, ricorsero dal Papa, affinchè ordinare si compiacesse al sudetto Vescovo di Ferrara, che dovesse fare restituire gli usurpati Beni al predetto Monistero di S. Giacomo, e quel miserabile, sforzasse a ritornare al suo Convento, e religione; le quali cose dal Pontefice intese, subitamente spedì all'accennato Vescovo la seguente Bolla, che pure tuttavia anch'ella conservasi nell'Archivio di questo Monistero.

Gregorius Episcopus Servus Servorum Dei.

9 - Vener. Fratri Episcopo Ferrariensi, salutem, et Apostolicam benedictionem. Sua Nobis, dilecti filij, Prior, et Fratres Domus Erem. S. Iacobi Bonon., Ordin. Erem. S. Augustini conquestione mostrarunt, quod Philippus de Argenta Frater eiusdem Ordinis quasdam Terras, Possessiones, et res alias ad eum iure haereditario spectantes, quas ipse veluti non feudales libere potuisset alijs elergiri, dictis Priori, et Fratribus, ac eidem Domui donavit pure, ac libere inter vivos; ac postmodum Ordinem ipsum assumens, in Domo ipsa Professionis vinculo se adstrinxit. Sed dictus Philippus, ab eodem Ordine propria temeritate recedens, morari in saeculo, et Terras, et Possessiones, et Bona praedicta detinere praesumit, in Animae suae periculum, plurimorum scandalum, et ipsorum Prioris, et Fratrum praeiuditium, et gravem, quo circa Fraternitati tuae, per Apostolica scripta mandamus, quatenus, si est ita, dictum Philippum, quod ad Ordinem redeat, ac eisdem Priori, et Fratribus, et Terras, Possessiones, et bona praedicta sine qualibet difficultate restituat sub ipsius Prioris obedientia moratenus, monitione praemissa, per Censuram Ecclesiasticam appellatione remota, praevia ratione compellas. Datum apud Urbemveterem 4 nonas Septembris, Pont. nostri Anno primo.

10 - Scrivessimo già sotto l'Anno del Signore 1256, dal num. 50 fino al 57 exclusive, che nella Città di Milano in vigore della Bolla della Grande Unione fatta in quell'Anno per ordine anco del Card. Riccardo Diacono di S. Angelo nostro Protettore, s'unì pur anche alla nostra Religione, un Ordine, che si chiamava de' Poveri Cattolici, li quali havevano alcuni Conventi nelle parti di Lombardia, et erano governati da' suoi Priori sotto la direttione d'un Provinciale, il quale appunto in propria persona, e di tutti li Frati del suo Ordine fece la Cessione di titto l'Ordine suddetto nelle mani di F. Giacomo da Cremona, Procuratore Gener. dell'Ordine Eremitano, in nome del Generale Lanfranco da Milano, qual Cessione registrassimo sotto il numero 68 dell'Anno istesso. Hor fra gli altri Conventi che s'incorporarono, vi fu anche quello di Milano, che intitolavasi di S. Agostino, il quale stava fra la Porta Orientale e la Pusterla di Monteforte, li Frati del quale, havendo preso l'Habito nostro, come gli altri furono indi a poco levati per la maggior parte di quello, e posti di stanza nel Monistero nostro antico, che era poco da quello lontano, di S. Marco chiamato; questi dunque, doppo essere vissuti con somma pace per molto tempo, alla per fine non potendo sopportare la grande osservanza, che in quella Santa Casa in quel tempo facevasi, desiderosi di vivere con quella libertà, che prima essi forse nel loro Monistero di S. Agostino facevano, pentitisi d'essersi in quella guisa uniti, e d'havere preso l'Habito nostro, istigati dal demonio, un certo F. Gasparo con alcuni altri di quelli, ch'erano stati di quell'Ordine già estinto, et al nostro incorporato, di notte tempo armati, ed accompagnati da molti Secolari suoi amici, quali armati, fuggendo fuori del Convento di S. Marco, ove stavano di stanza, et essendo andati al Monistero di S. Agostino, ove stavano molti Religiosi de gli antichi Eremitani nostri, li cacciarono a viva forza fuori, ed essi entrati dentro, ne presero di nuovo il possesso, et ivi mutando il suo habito preso, e ripigliando il vecchio, et ogni altra cosa, temerariamente sconvolgendo, stettero in questa pertinacia molti Anni, eccettuati alcuni pochi, che riconoscendo il loro errore ritornarono all'Ordine, e Convento di S. Marco malamente abbandonato. Hora havendo perseverato in questa perfidia fino a questo tempo, alla fine un certo F. Anselmo, il quale poco dianzi era stato fatto Priore da' suoi Compagni, considerando con quelli, che lo stato nel quale si ritrovavano era molto pericoloso, anzi era Stato di manifesta dannatione, e che si come Iddio haveva permesso, che molti de' loro Compagni fossero malamente morti, altri dato in reprobo senso, così ben presto haverebbe anche loro indubitamente, e con molta severità castigati, risolvettero in fine di venire a penitenza, e di restituire il suddetto Convento a' frati di S. Marco, a' quali havendo fatto sopra di ciò parlare, affinchè si degnassero di riceverli a penitenza, finalmente que' buoni Padri benignamente promisero d'accettarli, e di riceverli come loro Fratelli; così dunque aggiustato il tutto, alli 3 d'Ottobre di quest'Anno 1272, in giorno di Lunedì, si fece un pubblico Istromento nel quale il detto F. Anselmo Priore intruso, ed alcuni altri Frati suoi Compagni, confessando i suoi errori, chiedono perdono, e rendono il Monistero di Sant'Agostino, e promettono in avvenire di voler vivere come veri Religiosi di Sant'Agostino, con altre cose, che nell'Istromento si leggono, quale benchè sia molto lungo, tuttavolta a perpetua memoria de' Posteri, et a confusione de' Contumaci, vogliamo in questo luogo distendere, et è il seguente per appunto:

11 - In Nomine Domini Amen. Anno a Nativitate eiusdem 1272 die Lunae, tertio die Mensi Octobris, Indictione prima. In loco S. Marci Mediolani, Fratrum Eremitarum Ord. S. Augustini, coram Testibus infrascriptis Frater Anselmus de Gardano, qui, ut dicit, modico transacto tempore, per Fratres, quorum nomina sequuntur, fuit eorum, et loci S. Augustini, siti supra Fossatum Civitatis Mediolani, inter Portam Orientalem, et Pusterlam Montis Fortis Prior electus, et F. Gaspar de Lictis, et F. Benedictus de Certate, et F. Gabriel de Cremona, et F. Benvenutus de Aliate, et F. Petrus de Mapello, et F. Lanfrancus de Pergamo, et F. Amicus de Modoetia, et F. Iacobus de Porta Romana, et F. Martinus de Caxirate dicti Fratres Pauperes Cattolici, omnes in praedicto loco S. Augustini Conventuales confessi, et protestati, sine ullius impulsione, sed proprio motu fuerunt dicentes, tamquam de facto se scire, quod cum D. Riccardus Dei gratia S. Angeli Diac. Card. de speciali mandato fel. rec. D. Alex. Papae IV diversarum Professionem Fratres, sive Domos, i unum Fratrum Eremitarum Ordinem sub Regula B. Augustini, et Voto unius Professionis, et unius Generalis Prioris cura unisset idem D. Cardinalis, Provinciali, et Conventualibus Prioribus, et Fratribus dictis Pauperibus Catholicis in Lombardia constitutis, misit Literas spetiales, et ipsius D. Papae authoritate mandavit, ut ipsi dicto Ordini Fratrum Eremitarum se ipsos, et eorum Domos, et bona quaelibet, et iura omnia ad eos quocumque iure, vel modo spectantia, dare, et offerre, unire, et incorporare deberent; ac idem Provincialis, Priores, et Fratres omnes dicti D. Card. mandatis obedire volentes, se ipsos, et sua omnia Ordini praedicto Fratrum Eremitarum dederunt, et obtulerunt integre, sicut praedictae Literae continebant. Cumque Prior, et Fratres qui tunc in paedicto loco S. Augustini Conventualiter residebant, se ipsos, et Domum, sive locum, et bona omnia, et iura quaelibet eorum Priori, et Fratribus, sive Conventui loci S. Marci Mediolani de praedicto Ordine Fratrum Eremitarum dedissent, et obtulissent, et unissent, ponentes ipsos Priorem, et Conventum de S. Marco, in Possessionem, et quasi Possessionem, et tenutam, et Dominium praedicti loci S. Augustini, et omnium bonorum, et iurium ad eos spectantium, et ipsi se ipsos, cum praedictis omnibus bonis eorum ad dictum Ordinem Fratrum Eremitarum, sive ad dictum Locum, vel Conventum de S. Marco spetialiter transtulissent, ac Prior coram suo, et aliorum, nomine ipsi omnes cuidam Fratri Iacobo Generali Procuratori Ordinis Fratrum Eremitarum Sindico ad hoc misso obedientiam, secundum formam ipsius promsissent, et multo tempore in praedicto loco S. Marci Conventualiter, in Choro, Refectorio, Dormitorio, et in Capitulo sicut ipsius Ordinis Fratres solemniter professi fuissent, tandem dicti, Frater Gasparus, et plures alij ex primis dictis Confratribus suis post tam solemne datum per Professionem, tam identitate habitus, quam cohabitationis longae contubernio, solemnizatam, magis libertate damnosa uti, quam salutari obedientiae; sub esse volentes, de praedicto loco Sancti Marci fugientes de nocte praedictum locum S. Augustini invaserunt, de eo Fratres, quosdam de praedicto loco S. Marci, qui praedictum locum S. Augustini, tamquam rem suam custodiebant adductis secum armatis pluribus per insolentiam eiecerunt; sicque de facto posidentes ius alienum, et super stipulam aedificantes ipsos Fratres sic confitentes, sic protestantes in eorum fratres in praedicto loco S. Augustini, qui ut fures, et praedones invasarant, nunc unum, nunc alium, per successionem, et intervalla temporum reiecerunt; qui ibidem permanserunt, usque ad haec tempora malae fidei possessores. Fratres vero dicti, Frater Anselmus, et Socij suprascripti, sic confessi, et sic protestati attendentes, quod de praedictis fratribus qui eos receperunt aliqui viam sunt universae carnis ingressi aliqui crimina criminibus cumulantes nefandis actibus, se dederunt; et aliqui relicto devio, ad praedictum Ordinem, sive ad praedictam Domum de Sancto Marco, unde inordinate discesserant reversi sunt, in eadem laudabiliter conversantur, considerantes se malorum Parentum malam sobolem esse, et reos paterni criminis se teneri, et quod dictus locus S. Augustini ad eorum manus devenerit, et eum in Animarum suarum praeiuditium detinere occupatum, volentes propriae saluti consulere, seipsos, et quidquid boni, et iuris ullius habent Priori, seu Conventui praedicti loci de S. Marco, seu praedicto Ordini dederunt, et obtulerunt praedictum locum S. Augustini, et omnia alia quae occupata tenebant, eidem Ordini sive restituentes, et dantes cum omni eorum iure, si quid habent, vel haberent in illis rebus, sive bonis, et loco, et iure usurationis, et praescriptionis, seu alia occasione, seu qua dictus Ordo fuit Prior, vel Conventus dicti loci de S. Marco fratres, ipsos non inquietassent, nec eos sub ordinario Iudice convenissent. Renunciaverunt insuper dicti Fratres Anselmus, et Socij omni Iuri, et Usuj, et Consilio, et Privilegio exceptioni, quam vel quibus ab hoc dato, et ab hac oblatione possint ullo modo, vel ingenio excusari, vel ed ea, non teneri dicentes, et protestantes se esse eternae damnationis poenis adstrictos si non fecissent, quod in hac parte, de praedictis data, et oblatione, et protestatione fecerunt, vel ullo modo venirent in posterum, extra ea, vel aliquid eorum, vel ea etiam in modico impedirent, vel consentirent, quantum in eis est impedirent. Praedicti vero Prior, et Conventus de Sancto Marco suo nomine, et Ordinis eorum praedictos ipsos Fratres receperunt, et se obtulerunt, sicut superius per singula continetur. Actum, ut supra, etc. Interfuerunt ibi testes Secha Filius Pagani de Paganis de Affario, et Occabellus filius quondam Delphini Ariomundi filius quondam Remundi de Casalio, qui stat cum Domino Episcopo de Corsica. Et ego Gasparus Notarius filius D. Castelli Notarij de Corcomano Civit. Mediolani, Rogatus interfui, et publicavi, et scripsi.

12 - Da questo così lungo Instromento due cose ne caviamo, una certa, l'altra dubbiosa; la certa si è, che il suddetto F. Anselmo, con la maggior parte di que' Frati, che fanno la restitutione al Convento di S. Marco, non erano Religiosi, quando quel F. Gasparo con gli altri suoi adherenti, fuggirono di S. Marco, e levarono armata mano il luogo di S. Agostino a' nostri, che ivi pacificamente si stavano, ma s'erano fatti poi Religiosi, et havevano preso l'Habito per mano di que' Ribelli.

13 - La dubbiosa, et incerta è, che non ostante, che il suddetto Convento di S. Agostino tornasse nelle mani de' Frati di S. Marco, non si sa però, che cosa ne avvenisse, perochè hora, né il detto Luogo è più in piedi, né v'è memoria di quello succedesse di lui; io per me mi persuado, che li PP. di S. Marco, incorporando i Beni al loro Convento, affinchè non avvenisse, come la prima volta, profanassero la Chiesa, et insieme con il detto Luogo, la vendessero a qualcheduno, perché non v'è hora vestigio di sorte alcuna.

14 - Scrive il P. Crusenio nella terza Parte del Monastico Agostiniano, che Papa Gregorio X spedì quest'Anno una Bolla diretta al Priore, et a' Frati del nostro Convento di Mastrich in Fiandra, nella quale raccomanda quel Monistero con i suoi Religiosi, concedendo alcune Indulgenze a tutti quelli, che gli havessero con le loro limosine, e carità soccorsi; confirmando in oltre alli stessi Religiosi, tutte le Gratie, Indulti, et Immunità, concesse loro per il passato da qual si sia altro Pontefice suo Predecessore. Non produciamo la Bolla, perché egli per maggior brevità, non la produce. Da questo racconto però ne caviamo questo di certo, che il Monistero di Mastrich è più antico di quest'Anno, se bene poi, è totalmente ignota la di lui origine. Come poi per la di lui antichità, et anche a cagione del fiume Mosa, fosse in altra parte della Città trasferito, lo scriveremo, col Divino volere, sotto l'Anno del 1608.

15 - Vedendo altresì quest'Anno li Padri del Convento di S. Ginesio fuori della Città di Cartagena in Ispagna, che il loro Monistero, per essere molto lontano dalla Città, pativa molti travagli delle continue scorrerie de' Barbari Mori, diedero Memoriale al Serenissimo Re D. Alfonso di Castiglia detto il Savio, pregandolo, che facesse loro carità, di donarli la Chiesa di San Giovanni, mezza lega solamente distante dalla Città, vicino al Mare, et egli con un gratiosissimo rescritto, non solo concesse loro la detta Chiesa, ma di vantaggio gli applicò molti Poderi e Possessioni, affinchè con minimo travaglio, potessero ivi mantenersi; conservasi il Privilegio di questa Donatione nell'Archivio del Convento nostro di S. Leandro, tanto attesta Francesco Cascales nella sua Historia della Città di Murcia.

16 - Li padri nostri ancora di Lisbona, passarono in quest'anno nella Città dal Luogo fabbricatoli 28 o 29 anni prima da una certa Signora chiamata Susanna, ove vennero ad habitare dall'antico Convento di S. Ginesio, come vedessimo sotto l'Anno 1243 ad un luogo dentro della Città chiamato Almafala, ove fabbricarono una nuova Chiesa, sotto il titolo del P. S. Agostino, benchè, hoggi giorno si chiami nostra Signora delle Gratie, in riguardo d'una miracolosissima Immagine della B. Vergine, che in quella Chiesa si ritrova, della cui miracolosa Inventione a suo tempo tratteremo, e spetialmente sotto l'anno 1362. Vedi l'Errera, e Marquez, Lodovico de Angelis, et altri. Devo però qui notare, che se bene passarono quest'anno in questo Luogo, non lasciarono però l'antico ma lo tennero, e lo ritengono ancora fino al giorno d'hoggi, et addimandasi S. Maria del Monte.

17 - Già scrivessimo nell'Anno scorso alli numeri 6 e 7 che la nostra Religione ottenne dal vescovo di Trento, di fondare un Convento nella detta sua Città; il quale anche di vantaggio raccomandò li nostri Padri a tutta la sua Diocesi, affinchè li suoi Popoli gli prestassero soccorso di copiose limosine per fare tal Fondatione; e nello stesso tempo ottennero anche la medesima licenza dal Conte del Tirolo, come appresso vedremo. Ma, perché la Communità di Trento fece forse in questi principj qualche ostacolo alla suddetta Fabbrica del Convento e della Chiesa; quindi n'avvenne, che ciò havendo inteso così il Vescovo, come il Conte sudetto, si dichiararono ben tosto con la sudetta Communità, che cessati tutti gli ostacoli, in conto alcuno non fossero detti Padri impediti nella Fabbrica del loro Convento; per la qual cosa, si compiacque in pieno Conseglio la stessa Communità di condescendere anch'essa a quell'opera pia, laonde fecero il seguente favorevole Decreto:

18 - Anno Domini millesimo ducentesimo septuagesimo secundo, Indictione 15, die 9 exeunte Decembri, Tridenti, in Palatio Superiori. In praesentia Domini ... Iudicis, et Assessoris Domini E. Episcopi Tridentini, et Domini M. Comitis Tirol. etc. Ibique in Palatio Superiori Episcopatus in pleno Consilio, ad sonum Campanae more solito congregato, cum propositum fuisset per Dominos Firtedum de Tacuingenstan, et Conradum de Heben Capitaneos, iam suprascriptorum Dominorum E. Episcopi, et M. Comutis de Tiril, quod responsio fieri deberet Literis olim lectis in eodem Consilio, quibus continebatur, quod praelibatus Dominus M. Comes de Tirol Fratribus Eremitis de Ordine S. Augustini nolebat in aliquibus ullatenus obviari; per maiorem Consilij partem tale responsum datum, et factum fuit, quod praedicti Fratres Eremitae, non obstante aliquo alio Statuto, seu Consilio anterius facto, possint, et valeant Fratres Eremitae superius nominati in Civitate Tridenti locum habere, vel extra Civitatem Tridenti, prout eisdem melius expedire videbitur, dicentes Consiliarij, quod sive intra Civitatem, sive extra Civitatem locum eligentibus praedictis Fratribus Eremitis inhiberi nolebant. Quibus omnibus ita factis, et auditis, praedicti Domini Capitanei assenserunt. Ego Nasimbenius Notar. Sacri Palatij interfui suprascriptis, et Scripsi.

19 - Essendosi dunque in questa guisa quietata ogni difficoltà, cominciò di buon senno il Priore di quel Convento a proseguire l'incominciata Fondatione, e perché per fondare la Chiesa gli era necessaria una Casa ivi vicina, che era d'un tal Giovanni di Cavedeno, Giudice, et habitante nell'istessa Città, fattagliene per tanto humile richiesta il sudetto Priore, che F. Antonio da Padova chiamavasi, quel benigno Signore cortesemente glie la donò; cosa, che costa per publico Istromento rogato l'istesso Anno, e giorno, come di sopra, per Varino de Bono Notaio del Sagro Palazzo.

20 - In questo medesimo anno habbiamo la fondatione del Convento di S. Catterina di Cantiano Terra dello Stato di Urbino, e ciò costa per un Diploma di Gregorio della Porta Archidiacono Placentino Vicario in spirituale del Ducato di Spoleto, in cui da licenza a' nostri padri di S. Agostino di poter fondare un Convento nel Borgo di Cantiano: fu dato in Foligno in questo medesimo anno 1272 nell'Inditione 15, a' 12 d'Ottobre l'anno 2 del pontificato di papa Gregorio X.

21 - Nello stesso Anno diede la medesima facoltà di fare la suddetta Fondatione, per quanto a lui spettava, Giacomo Vescovo di Gubio a F. Matteo Provinciale della Valle di Spoleto, et a F. Deodato. Questo F. Matteo fu poi da Papa Bonifacio VIII creato Vescovo di Faenza l'Anno 1301, come nel suo tempo torneremo a scrivere. Aggiungiamo, che è traditittione della Provincia dell'Umbria, che lo stesso F. Matteo fondasse parimente il Convento di Sigillo, e quello di Gualdo di Nocera, e portano per fondamento di ciò, perché amendue questi Conventi sono intitolati col nome di S. Catterina, come quello di Cantiano. Noi habbiamo rivoltate le Scritture tutte di questi tre Conventi, e si come habbiamo ritrovato le due accennate Scritture con le quali si convince, che il Convento di Cantiano fu fondato in quest'Anno, così non habbiamo potuto rinvenire la certa origine de gli altri due; ben sì solo habbiamo ritrovato nel Convento di Sigillo le Costitutioni antiche, che furono fatte nel Capitolo Generale celebrato in Firenze l'Anno 1287, le quali furono trascritte l'Anno 1383, da F. Paolo da Sigillo per uso del detto suo Convento, dal che si scorge, che il detto Convento di Sigillo è molto più antico del detto Anno 1383, e così vienesi a rendere più probabile la sopradetta traditione della Provincia dell'Umbria, che fosse, cioè a dire, anch'egli fondato intorno a questo tempo, et Anno del 1272. Del Convento poi di Gualdo di Nocera, non habbiamo ritrovata memoria più antica dell'Anno 1297, e questa non in alcuna Scrittura, ma ben sì nella Tavola vecchia dell'Altare di S. Catterina, la quale appunto fu fatta dipingere nel detto Anno da F. Ambrogio da Gubbio, Priore in quel tempo del detto Convento; e tutto ciò si legge nella stessa Tavola con queste parole: Hoc opus factum fuit sub Anno Domini 1297, tempore Prioris F. Ambrosij de Eugubio; e nella stessa Tavola v'è il Ritratto del detto Frat'Ambrogio Priore genuflesso davanti l'Immagine della Santa Martire.