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don giovanni motta: DI S. AGOSTINO E DELLA NOSTRA FESTA NELL'ANNO 1966

 don Motta al fonte battesimale

Cassago: don Motta al fonte battesimale

 

 

 

DI S. AGOSTINO E DELLA NOSTRA FESTA NELL'ANNO 1966

di don Giovanni Motta

 

 

 

Chi avrebbe detto allorché si faceva la storia, che gli avvenimenti che portano tanta risonanza avrebbero toccato da vicino anche noi ? Chissà se quando eravamo nei banchi della scuola la nostra mente era già capace di sintesi e si sarebbe soffermata su avvenimenti che ci interessavano e di cui noi stessi avremmo anche dato una mano perché si avessero a compire con decoro e con bellezza. Fuori di generici richiami e aderendo a quella che è la precisione dei dati e delle nostre finalità rifacciamoci alla storia che abbiamo studiato o che ci si è avvicinata per altri motivi e riandiamo con la mente e con buona volontà anche a quelle pagine che ci hanno messo addosso la passione e la gioia e l'ansia di essere italiani discendenti di quegli abitanti di Italia che hanno combattuto. La loro prestazione alla Divina Provvidenza hanno fatto quella Roma che tanta importanza ha nella nostra vita come formazione del nostro gruppo etnico di popolo italiano per cui viviamo e siamo nel mondo quello che siamo e che tanta importanza ha negli avvenimenti oltre che umani anche spirituali come possono essere gli avvenimenti del mondo spirituale del Cristianesimo in cui Roma come persecutrice e come stimolatrice ha avuto quella sì grande arte che se anche ci è impossibile segnalare e valutare nella sua analisi però ci colpisce e ci persuade nelle sue conclusioni.

Per amore di chiarezza il nostro ragionamento seguirà questo schema:

L'Africa - Cartagine - le guerre Cartaginesi - il Cristianesimo - S. Agostino - la sua conversione - la nostra terra di Cassago - il paganesimo - la nostra fede - la nostra carità - il mondo missionario - la partenza del nostro missionario.

 

L'AFRICA

Quando la fenicia Didone sbarcava in quella terra dove fondava quella città che sarebbe divenuta Cartagine, quella terra nella geografia della antichità si chiamava Africa. Una regione relativamente piccola di fronte a quel continente che designamo attualmente con il nome di Africa; precisamente quella regione che si amplia di poco più di quella che attualmente chiamiamo nella nostra geografia fisica e politica con il nome di Tunisia.

Se ci chiedessimo per quale via si siano instaurati i rapporti sia pure lontani ed esili nella grande capacità delle linee provvidenziali dobbiamo risalire a quella linea di sviluppo per cui Roma divenne impero e per cui Cristo divenne romano. Una delle linee e delle cause che vengono e determinano la affermazione di un determinato momento o evoluzione storica è la rimozione delle difficoltà; difficoltà che ci è facile misurare nella sua grandiosità e diremmo anche nella sua spaventosità quando la difficoltà assume l'aspetto e la fase del contrasto. Questa è la situazione che si è verificata a Roma. Roma incontrò Cartagine e la storia di questo incontro che porta i nomi di Annibale da una parte e di Scipione l'Africano dall'altra si conclude definitivamente nel 146 a. C. con la dichiarazione da parte di Roma che il territorio di Cartagine diventava Provincia romana con il nome di Africa.

 

IL CRISTIANESIMO

Quale sia stata la via che il Cristianesimo abbia percorso per arrivare in questa terra è difficile segnare. Forse potrà essere stato per contatti con l'Oriente e con la Palestina o forse potrà anche essere stata una occasione trovata in Roma: la difficoltà della soluzione di questo problema dice tutta la probabilità di un contatto della provincia Africa con Roma anche da un punto di vista religioso. Del resto non dobbiamo dimenticare come, elemento e forma di martirio a cui erano applicati i Cristiani - e la loro persecuzione è di antica data almeno con Nerone - siano state le famose teriomachie vale a dire combattimenti con le belve tra cui premineva il leone la cui patria di rilievo era certamente la terra di Africa e per quegli accostamenti che la Provvidenza prepara sia pure attraverso apparenti contraddizioni può essere stato che dall'oggetto della tortura si sia insinuata la conoscenza dei martiri e della ragione religiosa e soprannaturale del loro martirio. Sta di fatto che alla fine del secondo secolo il Cristianesimo non solo è conosciuto in Africa ma deve essere rigoglioso se insieme a coloro che combattono il Cristianesimo, se accanto a coloro che storpiano le verità del Cristianesimo in forma che sanno di eresie, ci sono anche i paladini che lo difendono come Tertulliano che nel 196 dà il suo libro l'Apologetico.

E se passiamo al secolo successivo sotto la persecuzione di Decio troviamo il grande vescovo e martire Cipriano che prima di splendere nel martirio aveva illuminato la Chiesa d'Africa con la sua dottrina: era vescovo di Cartagine, che se non era più la città dell'antico splendore e ricchezza era pur sempre la città di maggior rilievo morale ed intellettuale. E in questa terra di fuoco, di sole e di luce cristiana ecco che troviamo Agostino. Quanta fiamma di passione in lui dopo i suoi primi studi nella nativa Tagaste e quando passò a Madaura e da qui per quella amicizia che divenne per lui mecenatismo di sapere ma anche occasione di deviazione più profonda per opera e per aiuti del ricco Romaniano passò agli studi in Cartagine. Ma accanto alla vita di studi era anche l'occasione di una situazione di peccato che determinerà e sarà sempre presente nella vita come nella conversione nella sua graduale ascensione di santità per tutta la sua vita. Da Cartagine a Roma in qualità di Maestro; da Roma a Milano in qualità di professore, da Milano seguendo quelle vie della Provvidenza alla nostra terra di Cassago dove la luce diventa amore in un Cristianesimo che viene accettato nel suo valore di luce e di rettitudine intellettuale, in quello sfavillio di verità che egli andava cercando ma che ancora più diventava amore e amore soprannaturale.

A prescindere dal fatto che il Cristianesimo è un valore soprannaturale di chi si servì il Signore perchè Agostino diventasse cristiano? Ditemi: se uno che fosse alla ricerca della verità e che fosse suscettibile di conversione e dovesse venire in questi tempi a Cassago che potremmo dire? Prenderebbe dalla situazione attuale in cui noi viviamo il Cristianesimo un fattore ed un'esortazione alla conversione oppure il nostro attuale esempio non sarebbe forse un cattivo esempio? Sta di fatto che il Signore si servì di tutto e se Agostino non potè ricevere una spinta dal Cassago dei suoi tempi alla conversione fu però l'ambiente di tranquillità esterna per meditare e far fruttificare quei germi che la città di Milano con quelle mirabili figure di Simpliciano e di Ambrogio deve aver appreso. Qui meditò quello che la città gli aveva dato e gli aveva indicato come passo da compirsi come definitiva conquista della verità.

Probabilmente il nostro paese non deve avere dato altro che questa circostanza dell'ambiente quieto e tranquillo; come del resto ancora oggi sono elementi che ci può dare il nostro paese e che forse non valorizziamo nè a sufficienza e neanche fondamentalmente. Quel paese, se pure era paese, comunque quella località con quei suoi abitanti tipicamente abitanti dei pagi da cui anche il nome che ha assunto un valore religioso per indicare che il paganesimo resisteva nei pagi, vale a dire in questi piccoli paesi e che a quel tempo il nostro paese fosse anche tempo di paganesimo, sia pure con quegli spiragli alla verità che non potevano mancare lo si può anche facilmente dimostrare. Nella vicina Cremella per quei lavori di risistemazione della Chiesa e del palazzo ed antico convento delle benedettine si è trovato appunto resti di valore archeologico che ci danno un segno di un paganesimo che doveva avere ancora la sua parte di culto e di splendore. Ci fu tra noi qualche tempo fa, e qualcuno tra voi può essersene anche accorto, un sacerdote svizzero professore di Teologia alla Università di Friburgo ed esperto appunto in archeologia ed in lettura di epigrafi che salito alla vicina Cremella ha potuto osservare un'ara, vale a dire un altare di epoca romana che secondo il parere di quel sacerdote, dal materiale, dalla scrittura e dallo stato di scrittura valutava all'epoca del sec. IV o V che porta una iscrizione pagana con la formula: IOVI IMPETRABILI M. Una formula come vedete pagana: a Giove Massimo che noi impetriamo e, se ci è di esortazione, traiamo la conclusione che il bene lo si può fare e ricevere dappertutto purchè ci sia quella disponibilità di buona volontà che il Signore ci richiede come condizione a quel grado di bene che Lui ci ha fissato.

Del rapporto di S. Agostino con Cassago non ne voglio parlare come questione tipicamente agitata negli ambienti più o meno di interesse storico; o per lo meno non me ne voglio qui interessare allo stato di definizione, ma mi è impossibile anzi ne prendo buona occasione per parlarne allo stato di interesse quasi personale che noi dobbiamo sentirne e portarci in una fase di ricerca che deve riescire definitiva allo stato agli effetti stessi di una sicura conclusione. Quel sacerdote professore ha riaccesa una esca che non è mai mancata, che si era già rialzata in fiamma in occasione recente e che dobbiamo farci quasi un dovere di riprendere tutti insieme come una consegna che dobbiamo svolgere ed effettuare, memoria anche in questo caso del proverbio che dice. l'unione fa la forza; una forza che risulta la componente di varie sinergie sia pur piccole in sè ma che riunite costituiscono una luce che è efficace di verità. Riordiniamo le idee.

Il 27 giugno ultimo scorso il centro di Cultura qui del paese ha favorito una conferenza dal titolo appunto Agostino e Cassago; la conferenza fu tenuta dal Sig. Pasquale Cattaneo ed il fatto che l'oratore sia stato del paese e nonostante che si sia nascosto sotto una umiltà che rivelava la difficoltà di mezzi di cui poteva disporre, però aveva portato la questione su una via di ricerche oggettive e sapienti che alla luce di chi se ne intende hanno avuto tutta la forza di una approvazione e di una esortazione.

Dopo quella conferenza una voce si formulò allo stato un po' timido ma tanto chiaro nel suo proposito: gettiamo Cassago su un piano Turistico e parliamone in tutte le occasioni di questo aspetto: Cassago di Agostino. Una proposta che si è formulata e cerca di passare allo stato pratico non fosse altro perchè è stata presentata sotto forma di domanda sia pure timida ed allo stato verbale ed intermediario si esponeva così: domandiamo che sia conceduto un pezzo di terreno pressa poco corrispondente a quella parte del Giardino ex-Visconti che corrisponde alle vicinanze delle antiche stalle per una eventuale realizzazione di un monumento a S. Agostino o per lo meno per la formazione sia pure di un incipiente museo agostiniano. Siamo in attesa di giorni in cui possiamo formulare con maggiore precisione questa domanda. Eravamo a questo punto quando ricevo una lettera che si apre così: “Sono il Sig. Perler professore di teologia all'Università di Friburgo. Mi interesso di S. Agostino e attendo ad un libro intitolato I viaggi di S. Agostino, mi interessa anche di vedere Cassago che per me dovrebbe corrispondere al Cassiciacum o Cassiacum delle Confessioni di S. Agostino.” Gli rispondo: venga e veda.

Il giorno 26=27=28 il nostro paese ospita questa tipica figura di studioso: ha 65 anni; 41 di sacerdozio e 41 di insegnamento. Io non sapevo chi fosse ma c'è voluto poco a capire che era uno studioso con la Majuscola; parlando poi con l'amico Mons. Giulio Oggioni, che del resto ci ha dato nel 1954 il suo buon studio che si può trovare sul Numero Unico di quell'anno, mi rispose: oh quanto l'avrei visto volentieri. A dire la verità un incontro avevo cercato di procurarlo tra questi due studiosi. Eccolo quel sacerdote; appena l'ho veduto mi son ricordato della figura più tipica di studioso che ho incontrato nella mia vita. Eccolo piccolo e magro; con il taglio e la figura del perfetto turista; macchine fotografiche ad iosa a tracolla, che sa quello che cerca e quello che vuole, guarda, osserva, riprende si raccoglie nota e poi un grande ottimismo: è l'uomo che dal minimo elemento può tirare le sue più evidenti conclusioni perchè è un uomo che cerca la conclusione: questa benedetta questione di S. Agostino a Cassago se è incominciata deve pure finire dice, dal momento che tutto quel che comincia deve anche finire.

Le linee su cui traccia il suo ragionamento le rivela: la zona è tipicamente romana e i romani sceglievano posti come questi per la costruzione delle loro ville. Dallo studio di ville romane si deduce che venivano costruite con questa determinata disposizione sia di orientamento sia di disposizione a rispetto delle strade. La identificazione di una direttiva di strade, da parte di Pasquale Cattaneo la trovò perfettamente conforme alla tecnica adottata dai Romani: la topografia; la coltivazione; il Baciolago con quella sua forma di formella di cacio che può spiegare il richiamo delle Confessioni dal Salmo 67 monte a forma di cacio, monte ricco, simbolo del paradiso al cui possesso prega la misericordia di Dio per il suo amico Verecondo. Quei monti che ostinatamente sono stati chiusi ai suoi occhi in quei giorni pieni di cataratte di pioggia e di nubi ma che noi tante volte contempliamo fino alla cerchia delle Alpi dove regnano quelle nevi eterne che Agostino richiama e contempla dalla sua villa o dalla villa in cui era ospite. Tutto portava in lui le premesse di una sicura conquista scientifica e storica. Ma lui è un teologo di quelli che si richiamano al metodo positivo; egli è uno storico documentatissimo che non dà asserzioni per ipotesi ma per documenti alla mano e dirà fate scavi: interessate chi potete interessare e incominciate a fare un piccolo scavo.

Gli studi di zone archeologiche al giorno d'oggi si fanno con dei metodi molto avanzati. Per questa località così stretta da case il metodo è ancora quello tradizionale: fate uno scavo. Lo scavo eseguitelo così. Tracciate una linea ideale di un metro di larghezza per una lunghezza di dieci metri e scavate: il lavoro è relativamente accessibile anche con poca spesa e speriamo che il sig. Comm. A. Silva ascolti la nostra preghiera e qualcuno in paese ci venga incontro a questa modica spesa che potrà essere fatta anche a mano o più in fretta anche con una piccola escavatrice. Sono idee che dite puramente futuribili o anche possibili e se possibili anche probabili e se probabili anche eseguibili e se eseguibili un giorno non lontano anche eseguite. Il nostro compito abbastanza preciso e ben delineato e con probabilità di buona riescita per osservazioni antecedenti son queste e tutti mi ripropongo cooperino.

Come parte del Centro Culturale mi auguro che sorga o il club o la sezione religiosa-turistica che si dedichi alla questione di Agostino a Cassago. Vi debbo dire che quel sacerdote professore oltre che uomo di idee era anche e si dimostrava uomo di grande pratica e quando avrete fatto questi scavi date al vostro paese una intonazione ed un rilancio turistico e commentava: in una vita di S. Agostino del Bertrand se non erro devo aver letto che a documento di Agostino a Cassago c'è una trattoria intitolata a S. Agostino. Concludeva: quello che è il frutto di uno scrittore romanzato se non romanziere, fatelo una realtà. Che ne pensate di una trattoria S. Agostino: per l'incremento turistico il Comune non dovrebbe trovare difficoltà a dare la licenza. Vorrei essere in altre condizioni di vita per prendere la palla al balzo.

Da un punto di vista religioso e cristiano in particolare diremmo che Cassago non ha dato in passato gran che ad Agostino, anzi diremmo piuttosto, da un punto di vista storico, quasi una fase di allontanamento; dalla sua Tagaste, dove certamente avrà vissuto accanto e in un clima cristiano non fosse altro vicino a quella cristiana che era Monica, è venuto in questo paesello da un punto di vista religioso forse ancora ingolfato nel paganesimo e diremmo che forse anche per la sua presenza e per quella dei suoi amici deve aver piuttosto portato a Cassago. In fatto di Cristianesimo chissà quanti hanno avuto attirata la loro attenzione di effondere e diffondere il Cristianesimo su questo nostro paese per il fatto che era stato abitato da Agostino la cui fama non dovette tardare a risplendere oltre che nel cielo della scienza e della cultura anche nel cielo del Cristianesimo?

Ora noi siamo quello che siamo e l'Africa è quella che è: era sul letto di morte della sua ultima malattia Agostino quando irrompevano nell'Impero romano, nella sua terra di Africa i Visigoti. I Visigoti che se poi dovevano essere convertiti, in quel tempo pervertivano e saccheggiavano e la Chiesa di Africa subì un forte collasso che faceva piangere gli ultimi giorni di Agostino e poi come non dire con il poeta l'ugne che su quelle terre passarono dei barbari corsier degli arabi e dei turchi poi che fecero di quella terra feconda di Cristianesimo la terra tipica del Mussulmanesimo?

E così quella terra che aveva dato luce di Cristianesimo, al nostro paese, attende dal nostro paese la luce del Cristianesimo. Le terre dell'Africa agostiniana sappiamo con che tipica pazienza di pedagogia cristiana sono state evangelizzate dai padri Bianchi missionari altrimenti detti del Card. Lavigerie; e con quale eroica pazienza dai piccoli Fratelli di P. Foucauld. Ma al di là dell'Africa storica c'è l'Africa politicamente moderna per quanto etnicamente antica e antichissima che ha bisogno e chiede sia pure attraverso le sue contraddizioni di piccolezze umane la voce del Cristianesimo. E' l'Africa che chiama chi la ascolta. Ci sono tanti richiami dall'Africa che trovano corrispondenza nel cuore di generosi cristiani. Oggi è l'epoca dei laici anche nel Cristianesimo e come è mirabile questi giovani che guardano all'Africa come terra di lavoro e di conquista cristiana.

E' una forma moderna e santa perchè aderente alla voce del Concilio e richiamata da quei vescovi che chiedono operai e tecnici dalla vita cristiana che ci vadano sia pure come stipendiati come anche nel loro esempio fonte di esemplarità cristiana. Sono forme a cui forse in una forma nascosta hanno già avuti richiami anche nel nostro paese e più largo ancora lo avrà: Africa terra di conquista non politica, perchè la politica la sanno fare da soli e non di ricchezza, anche se un onesto guadagno sia un richiamo anche per noi e per i nostri giovani. E chi mai può risolvere questo problema e questa forma attuale di conversione al Cristianesimo se non voi giovani? Non certo io posso pensare a queste forme ed a queste forze, ma voi giovani che avete lo spirito di avventura e tante tante forze. Fate che questa avventura abbia un ideale cristiano e sempre i nuovi ed efficaci missionari di cui la Chiesa ha bisogno.

Ma l'apostolato dei laici non esclude, anzi presuppone l'apostolato dei sacerdoti ed ecco che hanno il dovere e il diritto di capire prima e meglio degli altri questi problemi. Lo hanno capito e continuano a capirlo e oggi come in passato si trovano sulla linea dell'apostolato in Africa nella forma più tipica, più tradizionale ed anche nella sua particolare attività più completa; poichè se ognuno nella linea della Divina Provvidenza può essere inizio di Cristianesimo solo il sacerdozio sacramento darà il tocco di perfezione. Ecco i sacerdoti missionari; ecco il nostro sacerdote missionario Don Cesarino Molteni che volge non più il suo pensiero ma la dura vita di sacrificio e disinteressata all'Africa e l'Africa quella soprannominata nera. Vedete? Ma a questo punto io divento impreciso e lascio la parola a Don Cesarino perchè ci dica dove va, a che fare e con chi va e per convertire ed in quale situazione si trova e quella terra e quei popoli e che cosa chiedono e come sono le condizioni del suo apostolato in quelle terre ...

 

PREGHIERA

La preghiera che segue è stata scritta da don Giovanni Motta il 28 agosto 1961 in occasione della offerta della lampada votiva da parte delle Autorità Comunali in ringraziamento dello scampato pericolo dalla peste del 1630, che la Comunità di Cassago riuscì a ottenere grazie alla mediazione di S. Agostino da allora invocato Patrono di questa Comunità. Questa preghiera viene abitualmente letta dal Sindaco di Cassago nel giorno della solennità patronale di S. Agostino la prima domenica di settembre di ogni anno.

 

L'umile gesto che compiamo dinanzi al tuo altare, o glorioso S. Agostino, assume un duplice significato: uno di imitazione e l'altro di propiziazione.

Ti offriamo l'olio da cui scaturirà innanzi al tuo altare e per tua lode la fiamma che sta a testimoniare la nostra devozione e la nostra riconoscenza.

Questo olio si trasformerà in fiamma simbolo di quella fiamma di amor di Dio che è arsa nel tuo cuore così divampante che la comunità cristiana ha raffigurata la sintesi della tua vita in una fiamma ardente che si sprigiona dal tuo cuore. Noi ci impegniamo a vivere sulla via del tuo amore di Dio, per la nostra stessa salvezza.

Ma in Te raffiguriamo anche colui che con sapienza profonda ha investigato le vie della Provvidenza di Dio nel disporre il mondo a diventare Gerusalemme celeste, come hai dimostrato in quella grande manifestazione di vita e di civiltà che fu la storia del popolo romano.

Noi, responsabili dell'ordine di un piccolo paese, ci rendiamo conto dinanzi a Dio, della cooperazione che gli dobbiamo per il bene dei nostri fratelli, nel guidarli in una condizione di vita disciplinata e ordinata.

Sentiamo la fiducia che per la tua intercessione la nostra mente sia illuminata e la nostra volontà sia retta nella fortezza, per dare alla nostra piccola comunità di Cassago, che il tuo soggiorno terreno ha onorato, i sensi e la misura della santità.

I voti della nostra preghiera siano nella benignità della tua intercessione e nella volontà operante della Misericordia di Dio.