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Carlo Maria Martini: SANT'AGOSTINO UN MAESTRO DI INTERIORITA'

La campagna di rus Cassiciacum a Cassago Brianza

La campagna di rus Cassiciacum a Cassago Brianza

 

SANT'AGOSTINO UN MAESTRO DI INTERIORITA'

Carlo Maria Martini

 

 

 

La celebrazione del 16° centenario della conversione (386) e del Battesimo (24-25 aprile 387) di S. Agostino, vuole assumere nella nostra Chiesa una particolare risonanza. Perché pur essendo rimasto a Milano, lungo l'arco della sua intera vita, soltanto 3 anni, questi sono stati decisivi per la sua fede e per il seguito del suo cammino teologico e magisteriale.

 

Agostino nacque il 13 novembre del 354 a Tagaste, cittadina situata nella parte orientale dell'odierna Algeria, e che in quel tempo faceva parte dell'Africa proconsolare. Il padre era pagano mentre la madre, Monica, che oggi veneriamo come santa, era cristiana e fece accogliere il figlio tra i catecumeni. Secondo il costume di allora il Battesimo veniva rimandato all'età adulta. Dopo aver compiuto le prime scuole a Tagaste e a Madaura, Agostino andò a Cartagine per gli studi superiori. Il soggiorno in quella città influì negativamente sulla sua vita morale e anche sulla sua fede. Terminato il curricolo scolastico con il titolo di maestro di retorica, optò per l'insegnamento, attratto dallo studio, dal successo e dal guadagno.

La lettura dell'Hortensius di Cicerone gli fece conoscere la sapienza, mostrandogli la ricerca del vero come l'unico oggetto degno di occupare l'esistenza umana. Dotato di grandissimo ingegno e di spirito speculativo, inquieto e ansioso di giungere alla verità, divenne uditore presso i Manichei. Per nove anni non riuscì a staccarsi da questa eresia. Cresceva intanto la sua insicurezza interiore e, con essa, la passione per la verità. Verso la fine del 383 lasciò Cartagine per Roma, sperando di trovarvi la pace e la gloria. Nuovamente deluso, ottenne di essere mandato a Milano come professore di retorica alla corte imperiale. Agostino arrivò a Milano nell'autunno del 384, all'età di trenta anni. Ebbe così occasione di incontrare anche il Vescovo Ambrogio, e di ascoltare i suoi sermoni. Ma vi era affinità fra i due ? Erano due personalità assai diverse, per temperamento, età, condizione sociale e abitudini di vita.

 

Agostino e Ambrogio

Ambrogio era anziano, Vescovo da dieci anni e già illustre, famoso per la purezza della sua fede e per il suo coraggio. Gran signore dell'aristocrazia romana; di temperamento pratico, benché fosse uomo di cultura filosofica, era dotato di volontà energica, di spirito di disciplina, di profonda umiltà. Agostino, più giovane di almeno quindici anni, pur avendo la gloria della cultura, proveniva da una famiglia della piccola borghesia, ed era orgoglioso e avido di potere. Probabilmente Ambrogio sapeva che il nuovo retore frequentava i circoli manichei e che conduceva una vita morale non lodevole; in più, era prevenuto verso la dialettica usata dal retore e pensava che servisse non tanto per costruire bensì per distruggere. Giunto a Milano, Agostino si presentò al Vescovo per un puro atto di cortesia e l'incontro fu forse laconico e formale, tuttavia, nelle Confessioni lo ricorda così: "Venni dal Vescovo Ambrogio, noto a tutto il mondo come uno dei migliori, e tuo devoto servitore, In quel tempo la sua eloquenza dispensava strenuamente al popolo la sostanza del tuo frumento, la letizia del tuo olio e la sobria ebbrezza del tuo vino. Fui condotto a lui da te, Signore, senza saperlo, affinché per lui, sapendolo, fossi condotto a te. Quell'uomo di Dio mi accolse paternamente e gradì, da buon Vescovo, il mio pellegrinaggio".

L'atteggiamento cortese di Ambrogio piacque ad Agostino. "Cominciai subito ad amarlo - scrive -, dapprima non come maestro di verità, poiché in non avevo nessuna speranza di trovarla nella tua Chiesa, bensì come persona che mi mostrava benevolenza. Lo ascoltavo amorosamente quando disputava in mezzo al popolo ... Stavo attento, sospeso alle sue parole, ma non mi interessavo al contenuto, anzi lo disdegnavo, M'incantava il suo discorrere soave ... Eppure, insieme alla parole, da cui ero attratto, giungevano al mio spirito anche gli argomenti, per cui ero distratto" (Conf. V, 13, 23, 14-24).

 

Le tappe del cammino

Agostino continua a cercare la verità, intuisce che ci deve essere qualcosa di grande in quelle Sacre Scritture che Ambrogio sa spiegare con tanta dolcezza. Comincia a leggere i Vangeli e S. Paolo, Dopo qualche mese si reca da Simpliciano, sacerdote anziano e pio, maestro spirituale di Ambrogio, Questi, sentendo che il giovane retore ha letto i neoplatonici, se ne compiace e gli narra la conversione di Mario Vittorino, famoso retore e letterato africano. Agostino è scosso interiormente, e prova il desiderio di imitarlo. Le cose terrene e le ricchezze non lo affascinano più, il gusto degli onori va sfumando; ma resta ancora tenacemente legato alla sua donna. Lotta per tutta la quaresima del 386 e nel luglio avviene la crisi risolutiva. Si incontra con l'amico Ponticiano, cristiano, che occupava un posto importante nel palazzo imperiale.

Quest'ultimo si meraviglia di trovare sul tavolo le lettere di S. Paolo e si mette a parlare della vita del monaco Antonio, degli eremiti nei monasteri d'Egitto, della conversione di due militari di Treviri che, lasciate le fidanzate, si sono consacrati a Dio dopo aver letto la vita di Antonio. Agostino, che non sapeva dell'esistenza, nella Chiesa, della vita consacrata maschile, rimane sconvolto, si vergogna di se stesso, si ritira con Alipio nel giardino retrostante la casa e scoppia in pianto. Prostrato sotto un fico implora il Signore e, ad un tratto, ode la parola: "Prendi, leggi, che lo porta ad aprire le lettere di S. Paolo là dove si parla della castità. Tronca le abitudini che lo avevano invischiato sino a quel momento e si ritira a Cassiciaco per un periodo di riflessione spirituale.

Da Cassiciaco scriverà ad Ambrogio di voler ricevere il Battesimo. Ai primi di marzo del 387, lasciata la villa ospitale, si reca a Milano, per partecipare alle istruzioni, agli scrutini, ai riti della quaresima per i catecumeni. "In quei giorni - scrive - tutto pieno di straordinaria dolcezza, non mi saziavo di considerare la profondità del tuo consiglio nei riguardi della salvezza degli uomini. Quanto piansi per la commozione ascoltando gli accenti dei tuoi inni e cantici, che risuonavano dolcemente nella tua chiesa! Una commozione violenta: quegli accenti fluivano nelle mie orecchie e distillavano nel mio cuore la verità e ne avvampava sentimento di pietà. Le lacrime scorrevano facendomi un gran bene" (Conf. IX, 6.14).

 

Influsso di Ambrogio su Agostino

Non è facile, cogliere nell'ampia sintesi teologica del grande Vescovo di Ippona, gli elementi che possono essere derivati dall'ascolto di Ambrogio e dalla conoscenza della Chiesa di Milano. Ci sono però alcuni dati significativi, Anzitutto Agostino, pur essendo rimasto parecchi anni a Cartagine, dove non mancavano bravissimi Vescovi cattolici, pur essendo rimasto un anno a Roma durante il pontificato del grande Vescovo e Papa Damaso, afferma che i suoi dubbi glieli ha risolti il beatissimo Ambrogio. E, scrivendo le Confessioni, a dieci anni di distanza dalla sua permanenza a Milano, ricorda Ambrogio con profonda riconoscenza. Dalla Vita di Agostino, scritta da Possidio che gli fu vicino per molti anni, sappiamo che anche in seguito Agostino menzionava e citava spesso i consigli del Vescovo di Milano. Sempre Possidio, rievocando gli eventi del 386 e del 387 dice che fu il Signore ad ispirare Ambrogio a parlare nelle sue prediche di quegli argomenti che tormentavano il retore africano e a parlarne in modo da liberarlo dai suoi dubbi.

Tra le cose più belle che Agostino ricorda di Ambrogio e della Chiesa di Milano, c'è forse la menzione dei "versi veridici di Ambrogio tuo", che risente dentro di sé, nel momento di sonno, dopo la morte della madre, a Ostia:

"Tu infatti, sei

'Dio creatore di tutte le cose

reggitore del cielo

che rivesti il giorno di grazioso lume e la notte di gradito sapore

affinché le membra disciolte

il sonno restituisca al travaglio usato e l'anime stanche sollevi

e ansia e tristezza dissolva'

(Conf. IX, 12,32).

 

Inoltre, proprio verso la fine della vita, nel 430, quando Agostino, vecchio e stanco per le tante fatiche in difesa della Chiesa e della fede, è accusato da Giuliano di Eclano di avere inventato lui il peccato originale, scrive: "No! il peccato originale non l'ho inventato io. Mio maestro, anche in questo, è Ambrogio che non solo ho letto ma ho sentito parlare e l'ho avuto come sacerdote del mio Battesimo. Sono ben lontano dal paragonarmi a lui ma sostengo che nella dottrina del peccato originale non mi sono scostato dal suo insegnamento" (P.L. 45, 1549).

Certe insistenze tipiche di Ambrogio - come la dottrina sui Sacramenti, il modo di interpretare la Scrittura, le linee generali della ecclesiologia -, sono certamente passate nel cuore e nella mente di Agostino come seme, e hanno dato come frutto un albero meraviglioso. Una sottolineatura mi sembra importante. L'apporto principale, e attualissimo, offerto da Agostino alla società e al mondo di tutti i tempi, è la scoperta dell'interiorità, la scoperta che il mondo della rivelazione evangelica ha il suo luogo privilegiato nel cuore dell'uomo, e che il cuore dell'uomo è in rapporto con il cuore di tutti gli uomini.

Credo tuttavia si possa affermare che non senza l'influsso di Ambrogio, della sua dottrina e della sua prassi ecclesiale, Agostino sia riuscito a combinare così sapientemente l'interiorità, l'attenzione a ciò che avviene nell' intimo del cuore, con l'ecclesialità, con l' inserzione cordiale e corale del corpo della Chiesa. Probabilmente, la riflessione prolungata sul Maestro interiore, che Agostino svolgerà nei pochi momenti di quiete in Africa, prima di essere chiamato ad Ippona, gli fu facilitata dal comportamento di Ambrogio nei suoi riguardi, dalla pazienza e dalla signorilità con cui il Vescovo di Milano, senza mai forzarlo, ha aspettato che il Signore stesso gli si rivelasse, servendosi delle sue prediche e del modo con cui predicava.

In ogni caso, è indubbio che Agostino ha compreso l'ecclesialità vedendo Ambrogio e vedendo una Chiesa viva, una Chiesa che pregava, cantava, operava. Ha compreso che il suo gusto di ricerca, di introspezione, riceveva pienezza di verità entrando nel corpo di Cristo, nella comunione dei fratelli. Ne è così nata quella mirabile sintesi tra pietà personale e fedeltà della Chiesa. Perché la convinzione individuale, decisiva, ha bisogno di essere integrata dalla formazione della coscienza, secondo la rivelazione oggettiva, e dalla comunione religiosa sacramentale.

 

Un messaggio di speranza

Agostino morì ad Ippona, il 28 agosto 430, mentre i Vandali assalivano la sua città e una nuova epoca stava per iniziare. Molto tempo ci separa dai giorni in cui ha vissuto Agostino: ma se la nostra epoca è assai diversa dalla sua per le componenti storiche, politiche, socio-economiche e tecnologiche, non lo è per certe linee spirituali di fondo. Anche noi viviamo il dramma di un passato che si sta esaurendo e di un futuro che ci preoccupa per la sua ambiguità, E abbiamo bisogno di valori capaci di generare speranza. La memoria celebrativa del Santo ci sollecita a riconoscere l'urgenza di due atteggiamenti:

- la riscoperta dell'interiorità: tutto ciò che ci viene dalla tradizione, dalla cultura cristiana va ritrovato e rivissuto nell'intimo del cuore con decisioni personali, attraverso l'ostacolo della Sacra Scrittura, la meditazione della Parola, l'abitudine contemplativa.

E' necessario cioè attuare l'appropriazione personale del messaggio cristiano, per ritenerlo e per proporlo con coraggio, anche in un ambiente ostile, in un ambiente che non porta i segni dell'universo cristiano,

- E con l'interiorità va coniugata la tensione ecclesiale, la coscienza di Chiesa, grazie alla quale si impara a comprendersi e a stimarsi fraternamente, nella partecipazione all'unico dono e nella collaborazione all'unica missione. Soltanto così sarà possibile penetrare, con l'aiuto del Signore, in quel mistero della carità di una Chiesa unita all'amore del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo, e quindi pronta a servire con dedizione la complessa società degli uomini di oggi.