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Agostino Trapé: S. AGOSTINO AGLI UOMINI DI OGGI

Agostino Trapé con Giovanni Paolo II a Roma nel 1982

Agostino Trapé con Giovanni Paolo II

 

S. AGOSTINO AGLI UOMINI DI OGGI

di P. AGOSTINO TRAPE o. s. a.

 

 

CONVERSAZIONE ALLA RADIO VATICANA 28 AGOSTO 1946 ORE 9,30

 

 

 

S. Agostino è uno di quegli uomini restati con noi anche dopo la morte, perennemente, come un amico del cuore che illumina e consola. Le testimonianze d'ammirazione e d'affetto non sono mai venute meno intorno al suo nome. In ogni età, i pensatori gli hanno chiesto la luce del pensiero, i mistici la voce della preghiera, i peccatori smarriti la via del ritorno, le anime inquiete hanno invocato da lui la parola che placa la sete dell'anima.

Il Santo ha risposto a tutti con l'esperienza della sua vita, con la vastità della sua dottrina, con la bontà del suo cuore anelante a Dio come un filo d'erba assetato e pur così aperto all'amore degli uomini. Ha esortato a seguirlo sulla via della rinascita, verso la Sapienza immortale, nell'amore di Gesù Cristo e della Chiesa. Molti hanno accolto il suo invito e hanno ritrovato la verità e la pace. Oggi, più che nel passato, urge la necessità di fare altrettanto: l'esperienza e la dottrina del Vescovo d Ippona sono aderenti, quant'altre mai, ai bisogni dell'ora che volge. Vi sono nel mondo speranze da rianimare, errori da combattere.

Mentre da una parte dal vuoto lasciato da fallaci filosofie in tramonto e dal disagio sociale nasce in molti cuori il desiderio di riconquistare una fede perduta, di ritrovare una verità che salvi e redima; dall'altra si compie nel mondo uno sforzo sistematico per far dimenticare agli uomini l'eterno, il regno di Dio, per estinguere in essi la sete dell'immortalità e renderli così facili strumenti di conquista. Si compie il tentativo d'imporre una soluzione della vita senza e contro Gesù Cristo, di mostrare che l'umanità, con le sue forze, senza di Lui, può essere prospera e felice.

È in atto il proposito di disgregare la Chiesa di Cristo, per raccogliere la famiglia umana sotto un'altra bandiera, con un'altra fede. S. Agostino è l'uomo che può dire a tutti una parola fraterna. A chi cerca la verità offre la guida del suo esempio, a chi la combatte oppone la forza della sua dottrina. Al materialismo dilagante oppone l'anelito alla Sapienza che sola può saziare le brame dello spirito. Al superbo naturalismo che crede nell'autosufficienza dell'uomo, che nega Cristo, oppone l'umile e gioioso riconoscimento dell'insufficienza umana che trova riscontro nella grazia redentrice del Verbo incarnato. Ai nemici della Chiesa ricorda che il loro tentativo è vano e suicida. Solo la Chiesa può raccogliere nella salda unità dell'amore gli uomini disgregati dall'odio e dalla colpa; solo essa possiede la luce necessaria e la forza indispensabile per condurre gli uomini al bene. S. Agostino apprese ad amare la sapienza sulle pagine eloquenti dell'Ortensio di Cicerone. Aveva 19 anni. Da quel momento la ricerca della sapienza divenne l'anima della sua vita.

La cercò con incessabile passione e non fu pago se non quando, attraverso la lettura di Plotino e di S. Paolo e per l'azione benefica del Vescovo di Milano, la ritrovò e-poté dedicarsi interamente al suo servizio. Tornato a Dio, non concepì la sua vita se non come un amore totale alla sapienza, come una missione di scoprirne agli uomini la bellezza e dì condurveli con l'esempio e la parola. Possiamo star certi che tenne fede al suo proposito.

Dalle pagine del Vescovo d'Ippona vibra ancora tutta la commozione di quel cuore innamorato della Bellezza tanto antica e tanto nuova. Per lui la Sapienza non è solo una verità da conoscere, ma un bene da possedere, il Bene sommo; è una luce che è amore, amore, che è bene, bene che è letizia più grande d'ogni più grande, dolcezza. Non dico la scoperta, ma la sola indagine della Sapienza merita per S. Agostino di essere senz'altro preposta al possesso dei tesori e dei regni del mondo e alle voluttà del corpo, anche se ci affluissero intorno a nostro piacimento (Confessioni 8, 7, 17).

Quest'amore appassionato alla Sapienza costituisce il carattere distintivo del suo spirito. Tutto è ordinato al possesso della Sapienza in S. Agostino, tutto: la filosofia, la teologia, la mistica, il metodo di studio e la regola di vita. È pure nell'amore alla Sapienza che dobbiamo ricercare l’unità profonda del pensiero agostiniano. Per ritrovare Dio, egli si segrega dalla dispersione delle creature, rientra nell'io interiore, contempla la luce che splende nell'anima e risale alla Sapienza Eterna. Poi dal concetto di Dio, inteso platonicamente come Essere, Verità, Amore, dispiega tutto il suo vasto sistema dottrinale, quel sistema in cui la filosofia moderna troverebbe rispettate le sue giuste esigenze, senza per altro quegli errori che rendono inaccettabili tanti sistemi; come la teologia e la pietà cristiana vi hanno trovato sempre una norma sicura da seguire.

Dio è causa d'ogni essere, luce della conoscenza, norma dell'azione - causa subsistendi, ratio intelllgendi, ordo vivendi (De civ. Dei 8, 4) - principio e fine dell'ordine reale, logico e morale. Creato da Dio e per Iddio, l'uomo non può trovare che in Lui la sua pace. Signore, ci hai fatti per te e il nostro cuore è inquieto, finché non si riposa in te (Confess. 1, 1): queste parole, come tutti sanno, sono il tema fondamentale dell'opera più commovente di S. Agostino, le Confessioni. Ma l'uomo non è capace di godere di Dio con le sole sue forze. Potrà, bensì, vedere da lontano, oscuramente, il termine del cammino, ma non sa scorgere la via che vi conduce, né, tanto meno, percorrerla e raggiungere la meta. Agostino si rese conto di questa verità quasi alla vigilia della sua conversione, quando, lette le Enneadi di Plotino, scoprì il volto della Sapienza, s'invaghì dell'eterna Bellezza e tentò di afferrarla con l'impeto del cuore: l'occhio suo debole fu respinto dalla luce e il peso delle passioni - sensualità ed orgoglio – lo ricondusse a una vita di peccato.

Comprese allora che nessuno può godere della Sapienza se non ha il cuore libero dalle passioni e dai vizi e intese, in pari tempo, la necessità d'una forza soprannaturale che lo liberasse da questi mali. La cercò ansiosamente, questa forza divina, nelle lettere di S. Paolo e nella fede della sua fanciullezza e la trovò in Gesù Cristo, Mediatore tra Dio e gli uomini, Via, Verità e Vita. Da quell'istante, Gesù Cristo divenne il punto di orientamento della vita e della dottrina di S. Agostino. Lo mostra al centro della storia nelle pagine immortali della Città di Dio, al centro della teologia nella lotta contro i Pelagiani per la vittoria della grazia, al centro della religione e della pietà cristiana nelle opere morali ed oratorie. Uniti a Gesù Cristo, noi formiamo una sola persona con Lui; Christus facti sumus: poiché se Egli è il capo e noi le membra, il Cristo totale siamo Lui e noi (In Io. Ev. tr. 21, 8).

Cristo è la patria a cui tendiamo, la via che dobbiamo percorrere, la forza per raggiungere la meta. Quando la scuola francese di spiritualità del secolo XVII parlerà così bene del Verbo incarnato, non farà che sviluppare le pagine più belle dei Vescovo d'Ippona. L'uomo, per S. Agostino, è inconcepibile senza Gesù Cristo. Ma Gesù Cristo è inconcepibile senza il suo corpo che è la Chiesa. In Cristo dunque e nella Chiesa la soluzione di quel gran mistero che è il mondo. Il Vescovo d'Ippona si erge difensore intrepido di questa verità contro tutti gli errori. Dio ha posto nella sua Chiesa totum culmen auctoritatis lumenque rationis (Ep. 50, 8, 32), tutta la forza dell'autorità e tutta la luce della ragione per liberare il mondo dall'errore e ricrearlo nella giustizia e nella verità La Chiesa comanda la fede e ne detta la regola, ma offre in se stessa garanzie certe di credibilità: con la sua vita mirabile ci assicura che l'autorità di cui dispone è divina. Aspetto sociale e terreno della Città di Dio, la Chiesa percorre il suo cammino, dal giusto Abele, ucciso dal fratello iniquo, fino alla consumazione dei secoli, tra le consolazioni di Dio e le persecuzioni del mondo, sempre vittoriosa, sempre santa.

Combatte per la verità e difende intrepida l'uomo e i suoi ideali la giustizia, l'amore, la pace. Di tutti gli erranti si serve per suo vantaggio e per loro correzione, se vorranno ascoltarla: degli infedeli come campo del suo lavoro, degli eretici come prova della sua dottrina, degli scismatici come argomento della sua stabilità, dei giudei come paragone della sua bellezza (De vera relig. 10). Di tal modo, all'uomo che pensa, non resta se non questo dilemma: rinunciare alla sapienza, il che vuol dire rinunciare alla felicità, o seguire la Chiesa di Cristo: non v'è altra posizione ragionevole.

La Chiesa Cattolica è l'inviata dall'Altissimo, alla cui presenza si dissipa ogni dubbio, l'intermediaria dell'invisibile, l'organo dello Spirito Santo; la dolce Sposa di Cristo, la Madre tenerissima sulla cui fronte traluce la paternità universale di Dio. È veramente patetico S. Agostino quando parla della Chiesa: vibrano nelle sue parole l'intima devozione e la commossa pietà. Forse questa pietà verso la Chiesa è l'aspetto più bello della sua dottrina, il lato più simpatico dell'animo suo. Sull'esempio del Vescovo d'Ippona si ridesti nei cuori la devozione verso la Chiesa, ascoltata, amata, seguita con lo stesso palpito con cui amiamo Gesù Cristo e Dio.

È questo il messaggio che il grande Dottore oggi, anniversario della sua morte, c'invia dal suo sepolcro glorioso. Agli immemori di Dio svela la bellezza della Sapienza eterna, agli sfiduciati ricorda la verità che splende nei loro cuori, ai desiderosi della felicità indica la via per conseguirla: Gesù Cristo e la Chiesa; ai figli del Regno, a tutti i cristiani, ripete l'invito che già risuonò un giorno nella basilica Pacis: Fratelli, amiamo Dio, amiamo la sua Chiesa, Dio come Padre, la Chiesa come Madre: nessuno può avere Dio per Padre se non ha la Chiesa per Madre.

 

P. AGOSTINO TRAPE o. s. a.