Percorso : HOME > ScriptoriumAbate Sibour > Luigi Tosi

Luigi Tosi: Traslazione Reliquia di Agostino 

Immagine di mons. Tosi vescovo di Pavia

Immagine di mons. Tosi vescovo di Pavia

 

 

 

ALL' ILLUSTRISSIMO E REVERENDISSIMO SIGNORE ANTONIO ADOLFO VESCOVO DI GIULIA CESAREA E D'IPPONA REALE LUIGI TOSI VESCOVO DI PAVIA

Lettera pubblicata da Poujoulat in appendice al suo libro sulla Vita di sant'Agostino edito nel 1843 a Parigi

 

 

 

Il desiderio che voi esprimeste in nostra presenza pochi giorni fa, nell'effusione d'una carità ardente, è pienamente compito, venerabile fratello, e noi con lieta sollecitudine ve ne diamo annunzio. Dalle lettere che v'indirizzano i Reverendissimi Canonici e Capitolo di questa insigne Chiesa di Pavia, e gl'illustrissimi Signori e amministratori di questa città, facilmente voi comprenderete con quale unanimità ed allegrezza abbiano tutti i vostri pii desideri, oltre le vostre speranze, adempiuti; e di ciò accoglietene le nostre fraterne congratulazioni e prendetene coraggio maggiormente.

Per quanto era in noi, vi abbiamo destinato, ed attribuito alla risorgente Chiesa dell'Africa una parte, né certo la meno ragguardevole, della sacra spoglia del divino Agostino, che voi medesimo già contemplaste con tanta commozione e rispetto; il rimanente dovrà farsi secondo che converrà, e secondo la facoltà che si ottenga dal sommo pontefice Gregorio XVI.

Un atto o pubblico attestato, autenticamente e a questo fine redatto, fa conoscere pei particolari qual è la parte che abbiamo staccata a noi stessi per darla a voi di buon cuore, fratello amatissimo; cioè, l'osso del braccio destro (ulnam) che in tempo opportuno vi spediremo. Questa parte, sia che in sé stessa la consideriate, sia che consideriate la dignità di lei, è per certo distinta, come per voi medesimo avete veduto, fra ciò che ne rimane di un corpo così santo.

Quando voi riceverete questa sacra reliquia, non vi parrà egli che questa stessa mano colla quale il santissimo pontefice benediva i fedeli figli delle sue paterne sollecitudini, sarà per spandere ancora benedizioni e tesori di speranze su di voi e sul vostro gregge? Non vi sentirete voi inanimito, confermato nei combattimenti del Signore dalle stesse cotanto calde esortazioni colle quali egli muniva i suoi dilettissimi contro i pericoli più ognora stringenti dell'errore e della violenza? Non sentirete voi aprirsi più largamente, più profondamente per voi quelle stesse fontane di dottrina e di vita che sgorgano da tutte le opere scritte da quella mano?

Non vi sentirete voi tutto inondato dai ruscelli che più abbondanti e fecondi ne scaturiranno? Venerabile fratello, lasciate versar qui dal nostro cuore ripieno le troppo ardenti emozioni che nel primo momento in noi si suscitarono, quasi sopraffatti dal vostro arrivare inopinato È dunque vero, che io abbia ricevuto sotto il mio tetto il più prossimo successore del divo Agostino dopo cotanti secoli? È egli vero, che abbiamo seco lui contratto i più sacri doveri di una nuova pietà, e, per così dire, più strettamente stretta l'alleanza della fede? ...

La mia vecchiezza avrà dunque veduto splendere la soavissima speranza che la terra d'Africa, da tanto tempo in profondissima barbarie sepolta sarà finalmente un giorno restituita alla Chiesa cattolica, che sempre, con insperati aumenti, compenserà le perdite sue, secondo che piace al supremo Pastore che è nei cieli! Vedrà dunque uscir dal suo grembo una nuova posterità; quella Chiesa di là dai mari, in cui fino dai primi giorni della sua antichissima origine, tanti illustri uomini sorsero, i quali, per ogni fatica e pericolo, vi seminarono e coltivarono la fede cristiana coi discorsi, cogli scritti, e colla vita e colla morte!

Dopo tanto lunga vedovanza, dopo tanto profonda desolazione, ha ella dunque riacquistato la sua fecondità, ella che, come Rachele, chiamava i suoi figli senza che nessuno le porgesse consolazione, poiché finalmente oggi, per volere di colui che è ricco in misericordia, per le cure del pontefice Gregorio XVI, coll'aiuto del re e della Nazione Francese , fra gli applausi di tutti che per sì bella impresa caldi voti porgevano, e specialmente grazie al vostro zelo, e alla potenza dei vostri infaticabili sforzi ella principia a rinascere! ...

Per certo, fratello mio, avendo potuto veder voi, che in tanto lunghi viaggi seguitate le orme di S. Agostino, in cerca dei sentimenti e pensieri più intimi di lui, per i luoghi stessi che premette col suo piede; avendo potuto cordialmente seco voi conversare, dinanzi all'altare ove le beate ossa riposano, confondendo nello sfogo delle anime le nostre gioie, le nostre speranze, le nostre lacrime; essendo, per mio dono ed opera, a voi offerta una parte scelta dell'insigne tesoro che ad una fiata costituisce il primo ornamento e il più saldo bastione di questa mia diletta chiesa pavese, per tal modo unendo le nostre due chiese nel possedimento del medesimo pegno; da tutte queste cose tanto meravigliose e commoventi, mi pare certamente avere raccolto in questa vita che fugge, il più dolce frutto della profonda e tenera venerazione, della quale io era invasato fino dalla gioventù per questo santissimo dottore e difensore della fede.

Mai si cancellerà nel cuore nostro né da quello di tutti coloro che ne circondavano, il giorno in cui ci tenevamo strettamente abbracciati su queste ceneri sacre, dilatandosi i nostri cuori e confondendosi a ignota frescura di celesti rugiade; quando per noi si rinnovarono con ardore gli esempi dei primi atleti della fede cristiana che accorrevano ai sepolcri dei santi martiri, ad memorias, e protraendovi le pie vigilie nel fervore delle loro preghiere, vi raccoglievano nuove forze per nuovi combattimenti ...

Quanto a me, che un'età ognora più inoltrata spinge al fine del mio pellegrinaggio, mi è conveniente assidermi all'ombra di quest'augusto monumento, e spesso mi diletto di guardare il luogo che a me stesso ho scelto. e dove, fra non molto, la mia carne avrà riposo nella speranza. A te i gloriosi pericoli e il premio delle grandi fatiche! Essendo vicino al termine il mio cammino, più non mi rimane che a proporre, versando le ultime lacrime con le ultime preghiere e con voce presso che spenta, non resta che a proporre alla venerazione e all'imitazione dei miei diletti fratelli, dei figli che mi ha dato il Signore, il divino Agostino, vincitore degli eretici, vendicatore della verità; luce di tutta la Chiesa, modello della pietà accesa da amore. Spetta a te, quasi per sua mano condotto, il percorrere quelle vaste contrade di rovine, e gridare a quella terra deserta, senza strade e senza acque, che renda i suoi morti; spetta a te di comandare a quelle ossa aride di rivivere e profetare; di far sorgere dalla tomba al nuovo soffio dello spirito divino quella parte della casa d'lsraele e cominciare con voce, che per tutte le età risuonerà, un cantico di lodi a Dio che conduce alle porte dell'inferno e ne ritira; secondo il suo piacimento. Mentre, in aspettando il giorno vicino, la mia consolata vecchiezza si riposerà nel Signore Gesù, tu sii pieno di coraggio e di forze, sii robusto e pensa alla grandezza della missione che ti è imposta, a quella delle speranze di tutti che sono intenti nell'opere tue; ma per non soccombere, a cagione dell'umana infermità, sotto il peso del divino incarico, volgi gli sguardi al tuo e mio protettore, al patrono delle nostre chiese dilette. Colui che difese tanto invincibilmente e luminosamente i diritti sacrati della grazia, otterrà senza dubbio, a te che a lui succedi, quella che ti è necessaria e colla quale condurrai finalmente all'ultima consumazione l'opera da te così bene incominciata.

Per ciò che spetta a noi, ecco che è in vostra balìa ciò che avete ardentemente bramato come la più certa testimonianza del vostro apostolato. Qual voto ne resterà a fare, se non che essendo uniti, per quanto si possa, strettissimamente nella medesima fede, aderendo ognora più fermamente, per intercessione d'Agostino, alla preghiera che è Gesù Cristo, augurando pace e giorni ognora più prosperi alla cattolica Chiesa e al supremo pontefice di lei, Gregorio XVI, tanto profondamente commosso dagli ultimi torbidi, possiamo, dopo finite le nostre fatiche, avvicinarci entrambi alle perenni fontane della misericordia. Addio; ricevete i nostri saluti dal cuore, voi e la vostra Chiesa, e raccomandate a Dio nostro Signore il vostro fratello, lontano col corpo, ma collo spirito a voi vicino.

Così vi scriviamo da Pavia, dal nostro palazzo episcopale, il 6° giorno delle calende di maggio (26 aprile) 1842.

 

Vostro umilissimo, devotissimo e affezionatissimo,

 

Luigi Tosi,

Vescovo di Pavia.