Percorso : HOME > Africa agostiniana > Africa romana > Municipi romani

Africa romana: LE CITTà FONDATE DA ROMA

L'Arco di Trionfo a Lambesi

L'Arco di Trionfo a Lambesi

 

 

LE CITTA' FONDATE DA ROMA

 

 

 

Nell'anno 42 Claudio annetté ufficialmente la Mauretania, una vasta zona di deserti e monti, con qualche sacca di terra fertile che si stendeva dai confini della Numidia a Tangeri. Ricalcando e allargando una pista punica e prolungandola gradualmente a ovest fino a Tangeri (Tingi) e a sud fino a Rabat, gli ingegneri romani gettarono dall'Atlantico al Nilo una strada costiera ininterrotta lunga 2800 miglia, o 4480 chilometri.

La più occidentale delle metropoli del Nord Africa era Volubilis, una città punico-romana che non aveva, come molte altre della regione, un'origine paramilitare. Molto lontana dal mare sebbene collegata con la strada costiera, Volubilis continuò a svilupparsi nei secoli raggiungendo il suo apogeo sotto i Severi. Il più diffamato degli imperatori, Caracalla, riuscì, non si capisce come, nei suoi sei arruffati anni di governo, ad abbellirla - come diverse altre città africane - con opere architettoniche, facendovi sorgere nell'anno 217 un arco che si può ancora ammirare col suo bel fregio dedicatorio. Nel corso di scavi praticati in questa zona nel 1944 furono ritrovati due busti, di cui uno del re Giuba II.

Come Augusto, Giuba II regnò a Jol-Caesarea (oggi Chercell) in Mauretania con sua moglie Cleopatra Selene. Fu, secondo Plutarco, uno «dei prigionieri più fortunati che siano mai caduti nelle mani dei Romani, perché pur essendo un barbaro (suo padre era un re dei Numidi), poté collaborare con gli storici più eruditi della Grecia». Caesarea, oggi un povero villaggio di pescatori a cento miglia all'incirca a ovest di Algeri, era adorna al tempo di questo suo re di monumenti, che racchiudevano, pare, una delle collezioni più splendide di statue greche, fra cui originali di Fidia, Alcamene e Prassitele.

I tesori recuperati dalla trireme naufragata davanti a Mahdia, sulle coste della Tunisia, mentre portava a Giuba sculture greche, bronzi e mobili stupendi, ci permettono d'immaginare le sue ricchezze e il suo lusso. Questi oggetti, perfettamente conservati dal mare, riempiono oggi due sale del Museo del Bardo. In questa lontana città del Nord Africa si conserva anche il ritratto di Catone il giovane - suicida dopo essere stato sconfitto da Giulio Cesare nella battaglia di Tapso - raro quanto quelli di Catone il Censore, «il vecchio spilorcio» che accelerò con le sue filippiche la distruzione di Cartagine.

Uno di quelli che Plinio, afferma di avere nella sua collezione si trova al Vaticano. A misura che l'Africa cresceva in opulenza i suoi predoni si moltiplicavano. E poiché i berberi e gli altri abitanti dell'interno erano naturalmente attirati dalle città costruite nei deserti dai colonizzatori, fu necessario mandarvi di stanza guarnigioni sempre più numerose. Venne cosi fondata la piccola città paramilitare di Theveste. Per poterla collegare direttamente con un porto di rifornimento, Vespasiano (assurto alla porpora dopo aver portato un esercito vittorioso alla conquista della Britannia) ordinò nell'anno 75 alle sue legioni di costruire una strada che attraversando i Monti Aures giungesse a Hippo Regius sul Mediterraneo.

Città e porto punico prima dell'arrivo dei Romani, Hippo Regius, - diventata Bone sotto i Francesi e che si chiama oggi Annaba - era stata secoli addietro un deposito militare dei Cartaginesi. Mandata nell'anno 81 da Theveste all'estremità orientale dei Monti Aures, la III Legione Augusta si spostò lentamente fino all'estremità opposta, dopo aver costruito, - per proteggere le nuove città dalle incursioni dei nomadi, - la base di Lambaesis, l'esempio più perfetto di un tipico accampamento militare romano che sia giunto fino a noi. Oggi Lambaesis (Lambessa) non è più che un gigantesco recinto rettangolare in cui si aprivano una volta quattro porte. La strada maestra che conduce al centro della città è larga e elegantemente pavimentata con massi di bianco, lucido calcare. Nel punto esatto dove incontra il cardo, - l'altra strada maestra con direzione est-ovest, - sorge uno splendido arco trionfale ed è rimasto ancora in piedi un maestoso vestibulum.

La città, a cui un acquedotto portava l'acqua purissima dell'Ain Drinn, aveva inoltre un foro per gli affari, templi per il culto, un teatro per il pubblico più sofisticato e un anfiteatro per i patiti degli sport. Davanti alla porta est della strada militare, la Via Settimiana, cosi chiamata da Settimio Severo il primo imperatore africano, rimangono avanzi di case di commercianti e di coloni. Fuori delle mura vivevano anche le mogli dei legionari, - le leggi che vietavano loro di seguire i propri mariti erano state mitigate da Tiberio - anche se un senatore si lamentò che la presenza delle donne nella III Legione Augusta creasse molti fastidi "per il loro lusso in tempo di pace e il loro nervosismo in tempo di guerra". I legionari la pensavano diversamente. Nelle iscrizioni funerarie trovate intorno all'accampamento di Lambaesis sono indicati gli anni del loro servizio e il particolare che le mogli si univano spesso a loro per fare offerte votive agli dei.

Timgad (l'antica Tamugadi), uno degli accampamenti militari più vasti e ricchi che i Romani abbiano costruito, - testimonianza della serenità ammirevole di Roma anche negli ambienti più ostili, - sorgeva a più di 1300 metri su un altopiano arido, spazzato dai venti, delle ultime propaggini dei Monti Aures. Progettata nel 110 da Lucio Munazio Gallo, un legato imperiale di Traiano, questa città militare aveva per base un quadrato perfetto di 370 metri circa di lato. Oggi le sue mura e le sue quattro porte sono scomparse. Timgad fu fondata non soltanto per la difesa di quella zona ma per sistemarvi i legionari della Legio Vlpia Victrix che avevano combattuto sotto Traiano contro i Parti. Benché nel Nord Africa se ne incontrino molte ancora in uso, la porta di Timgad - che ricorda l'Arco di Settimio Severo nel Foro Romano - è senz'altro la più elegante.

La sua iscrizione ci spiega come fu decisa la fondazione della città. «L'imperatore Traiano Augusto Germanico, figlio del divino Nerva, Sommo Pontefice, Padre della Patria, per fa terza volta Console e rivestito per la quarta volta del potere tribunizio, fondò con l'aiuto della III Legione Augusta la colonia di Tamugadi, essendo legato imperiale e propretore L. Munazio Gallo». Distrutta dal suo tragico isolamento, fortunatamente la città non fu usata come cava di pietra dagli Arabi (come quasi tutte le altre del Nord Africa).

Sopravvisse perfino alla invasione dei Vandali, e sebbene incendiata dai Numidi per evitarle di cadere nelle mani dei Bizantini «che fecero più danni nel Nord Africa dei Barberini a Roma», non venne mai ricostruita dagli indigeni. Si spiegano così le sue grandiose rovine. Consumati dal fuoco i tetti e gl'interni degli edifici, le colonne e i muri che li sostenevano crollarono. I loro resti dovevano rimanere indisturbati per secoli, sepolti a poco a poco dalla sabbia, finché, dopo duemila anni, non sono stati infine rialzati nelle loro posizioni originati.