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AFRICA ROMANA: Cillium

Museo del Bardo: statuetta di Venere

Museo del Bardo: statuetta di Venere

 

 

 

 

CILLIUM

 

 

 

Sulla stessa grande strada romana, appena a 42 chilometri di distanza, sorge Cillium, meglio nota come il Passo di Kasserine, dove si svolse una delle battaglie della seconda guerra mondiale. L'antica Cillium si trova presso l'odierna Kasserine e fu elevata al rango di municipium sotto Vespasiano (69-79 d. C.) o Tito (79-81) ed eretta a colonia sotto i Severi. Nel V secolo, per impulso di S. Agostino, vi fu probabilmente eretto un monastero. Del suo passato, Kasserine conserva ancora qualche monumento romano, facilmente accessibile dopo l'incrocio delle strade per le Kef e per Oafsa a ovest dell'agglomerato urbano.

Sul lato sinistro dell'avenue Habib Bourguiba, a circa 2 km dall'incrocio, s'innalza il mausoleo dei Flavi: sormontato un tempo da un coronamento piramidale, consta oggi di tre piani sovrapposti.

Il Mausoleo abbastanza bene conservato che si trova al suo ingresso non sfigurerebbe, grandioso e ben proporzionato com'è, sulla Via Appia. Il suo epitaffio di 170 righe (l'iscrizione più lunga trovata finora nel Nord Africa) esorta i passanti a fermarsi per apprendere che qui è sepolto Flavius Sabinus.

Pur avendo vissuto, come ricorda la sua tomba, 110 anni, questo Flavio deplora che la sua vita sia stata così breve: «Sint licet exiguae fugientia tempora vitae». Doveva essere senza dubbio il proprietario di una di quelle grandi ville famose per fa loro opulenza, con pavimenti di mosaico, bagni, e schiere di coloni per coltivarne i campi di grano. Sulla facciata principale, a livello del pianterreno, è inciso il poema di centodieci versi in onore di Flavio Secondo, mentre più in alto una seconda iscrizione indica che il mausoleo ospitava le spoglie di questo personaggio e di parecchi membri della sua famiglia; si suppone che la nicchia superiore contenesse una statua e che fosse ornata da un gallo, cui si fa cenno nell'iscrizione. Un secondo mausoleo, in gran parte distrutto, si trova, più a ovest, sulla riva destra dello uadi Derb.

Kasserine, che significa « i due castelli », deve il nome proprio alla presenza di questi due monumenti. Un'altra iscrizione giunta fino a noi ci spiega che un certo L. Africanus fu autorizzato dal Senato a tenere un mercato sul suo vasto latifundium «due volte al mese, il quarto giorno prima delle nonae e il dodicesimo giorno prima delle calendae, con licenza agli abitanti del vicinato e agli stranieri di recarvisi per comprare e vendere ...».

Sebbene, secondo Plinio, «sei proprietari terrieri possedevano metà dell'Africa», la ricchezza non era talmente concentrata. Un'altra iscrizione della stessa zona ci dice di un uomo morto ricco e onorato «... sebbene sia nato nella povera capanna di un padre miserabile, che non mi lasciò denaro né una casa ...». Il lavoro che costui svolgeva spostandosi continuamente di fattoria in fattoria consisteva nel raccogliere grano sul finire dell'estate e coltivarlo dopo le prime piogge. «Appena la stagione aveva maturato il grano ero il primo a tagliarlo». Diventò più tardi caposquadra. «Quando gli uomini che portano la falce andavano a tagliare il grano nelle pianure di Costantina o nei campi di Giove (presso Zaghouan, la sorgente che alimenta il grande acquedotto di Cartagine), camminavo alla loro testa. Ero il primo a mettermi al lavoro e mi lasciavo dietro mucchi di fasci di spighe. Tagliai così, sotto il sole caldo come il fuoco, due volte sei raccolti fino al giorno in cui diventai anch'io uno dei lavoratori e tagliai per altri undici anni con loro il grano maturo della Numidia».

Fu così che costui entrò in possesso di una villa e di una fattoria: «una casa in cui non mancava niente». Ebbe onori e una carica elettiva, e da povero colonus nulla tenente fu nominato nientedimeno presidente della sua curia. «Questi anni gloriosi, me li ha dati il mio lavoro», dice. «Imparate da me» esorta nel suo epitaffio coloro che si fermano a guardarlo, «o mortali che leggete le mie parole ... Conducete una vita illibata ... e conquistatevi onori e una vita onesta conclusa da una dolce morte». Nelle campagne di questa zona il grano viene ancora tagliato la falce e gli aratri sono sempre tirati da cammelli e buoi. Soltanto con la coltivazione del grano possiamo spiegarci l'antica opulenza di Cillium, che possedeva perfino un teatro, ricavato alla maniera antica dalla stessa roccia.

Un arco monumentale imponente, con l'iscrizione Colonia Cillitana, conduce alla città ormai quasi completamente distrutta. Non sono stati ancora intrapresi scavi sistematici: l'area interessata si estende a ovest della città moderna. Oltre all'arco di trionfo, che ricorda quello di Sufetula, sono visibili i resti di una fortificazione bizantina e le vestigia di quella che sembra essere una basilica cristiana.

Prendendo all'incrocio la strada in direzione di Gafsa, una stradina sulla destra conduce ad altre vestigia della città antica. Poco lontano s'innalza un arco di trionfo, costruito nel III secolo e restaurato all'epoca di Costantino. In direzione sud-est, dopo aver superato una piccola altura cosparsa di diverse rovine (terme, basilica cristiana) si raggiunge la sponda dello uadi Derb; qui un teatro conserva ben visibile la platea, mentre la cavea ha perso quasi totalmente le gradinate.