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AFRICA ROMANA: Clupea

Lo splendido fonte battesimale della piazzaforte bizantina al Museo del Bardo a Tunisi

Lo splendido fonte battesimale della piazzaforte bizantina (Museo del Bardo)

 

 

CLUPEA

 

 

 

Città di origini puniche, ebbe una nuova rinascita in età romana. Ai nostri giorni è una importante città di Capo Bon con il nome arabo di Klibia. Purtroppo non ha conservato se non in parte le vestigia del suo glorioso passato. Porto punico noto con il nome di Aspis, situato in una zona strategica, il sito conobbe diverse occupazioni.

Dai romani fu chiamata Clupea: nel corso della loro presenza la città conobbe il suo periodo migliore soprattutto nel II e III secolo. In seguito, in periodi di forti turbolenze nel Mediterraneo, la città recuperò la sua vocazione strategica diventando una piazzaforte Bizantina e più tardi, occupata dagli arabi, fu luogo di difesa degli Hafsidi.

Per questo motivo fu continuamente attaccata dagli spagnoli in età medioevale. Da Clupea deriva un mosaico di un fonte battesimale, oggi conservato al Museo del Bardo, costruito nel VI secolo che rappresenta la decorazione più ricca in simboli che sia mai stata trovata in un battistero africano. Si discende con tre gradini in un bacino cruciforme.

I soggetti iconografici riguardano i nomi dei donatori e del clero della chiesa:

SANCTO BEATISSIMO + CYPRIANO EPISCOPO ANTISTITE / CUM SANCTO ADELFIO + PRESBITERO HUIUSCE UNITATIS / AQUINUS ET + IULIANA (uxor) EIUS CUM VILLA ET DEOGRATIAS PROLIBUS / TESSELUM AEQUO + RIPERENNI POSUERUNT.

 

Il che significa:

"Ai tempi del santo e beneaugurante Cipriano vescovo e capo di questa Comunità con il santo prete Adelfio, Aquinio e Juliana, sua (sposa) assieme ai suoi figli, Villa e Deograzia hanno posato questo mosaico destinato all'acqua eterna."

 

I quattro quadrati e i cerchi rappresentano le colonne di un baldacchino. Fra il primo e il secondo gradino si può vedere l'arca di Noè, un vaso, una croce sotto un baldacchino, una colomba e fra questi quattro soggetti quattro ceri o torce illuminate. Fra il secondo e il terzo gradino sono raffigurati un delfino (simbolo di Cristo) sotto il monogramma di Cristo e quattro alberi: un melo, un olivo, una palma e un fico (simboli del paradiso o della Chiesa e delle stagioni o del rinnovamento con il battesimo). Sul terzo gradino si distingue un'ape o una cicala (simboli della generazione verginale) e per tre volte un piccolo pesce (simbolo dei cristiani nati nell'acqua della rigenerazione).

Le rovine romane dell'antica Cillium davanti al forte di Klibia

Le rovine romane dell'antica Cillium davanti al forte bizantino di Klibia

Sul fondo è raffigurato il monogramma di Cristo accompagnato da un'alfa e da un'omega. Kelibia è oggi un importante porto peschereccio e centro agricolo rinomato per la produzione di uva e vini (tra cui un insolito moscato secco). Il suo nome evoca l'antica Clupea, scalo fenicio occupato da Agatocle nel 310 a. C., da Attilio Regolo nel 256 a.C. e infine distrutto dalle legioni di Scipione nel 146 a. C.

Presso il porto si trovano i resti di un grande tempio e, non lontano, le vestigia di case ornate di pregevoli mosaici. Spicca quello di una villa romana del IV secolo d. C., raffigurante cinque rare scene di caccia (con il levriero, il falcone, il vischio, lo sparviero e il cinghiale); l'abitazione era dotata di bagni collegati direttamente al collettore principale. Dalla sommità del promontorio roccioso domina sulla spiaggia una fortezza, eretta dai Bizantini nel VI secolo e rimaneggiata poi a più riprese.

La cinta muraria, rinforzata da torri quadrate, racchiude i resti di un ridotto, di cui rimangono profonde cisterne.