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AFRICA ROMANA: Lixus

Mappa della città romana di Lixus

Mappa di Lixus con i resti dei monumenti romani

 

 

LIXUS

 

 

 

Circa 4 km a nord-est di Larache, non lontano dalla strada per Tangeri, si trovano le rovine di Lixus, colonia romana sulla via che univa Tingis a Sala, edificata a dominio della riva destra del Loukkos. Il mito e la leggenda hanno fin dall'età ellenica conferito fascino al luogo, nel quale i Greci avevano situato il mitologico giardino delle Esperidi, in cui cresceva l'albero dalle mele d'oro sorvegliato da un drago con cento teste (identificato da Plinio nei meandri del fiume); qui Ercole vinse il gigante Anteo e raccolse nel giardino i pomi aurei, conquistandosi l'Olimpo.

Su consiglio di Prometeo, Ercole domandò ad Atlante di raccogliere i frutti mentre lui si offriva di sostenere la volta celeste sulle proprie spalle. Secondo la tradizione Lixus sarebbe stata fondata da navigatori fenici intorno al 1100 a. C., Plinio il Vecchio racconta che i suoi abitanti avevano eretto su un'isola dell'estuario del Loukkos un tempio consacrato al dio Melqart, divinità di Tiro identificata dai Romani con Ercole.

Le ricerche archeologiche hanno però accertato la frequentazione del luogo solo a partire dal VII secolo a. C. Citata nel diario di viaggio del cartaginese Annone, che descrive la foce dell'uadi popolata da elefanti e altri animali selvatici, Lixus doveva gravitare in quel periodo entro l'orbita di Cartagine, la cui influenza era subentrata a quella fenicia: forse fungeva da scalo lungo la rotta del Sudan sulla via sahariana dell'oro oppure da centro commerciale con già prospere industrie per la salatura del pesce e la produzione del «garum».

Le monete di Lixus, scoperte sul posto, portano inciso un tonno e ciò dimostra la prosperità delle fabbriche della salatura. In quel periodo la città prese il nome di Makom Shemesh, città del Sole, come informano le iscrizioni di monete puniche. Dopo la caduta di Cartagine, i re mauretani le conservarono i privilegi acquisiti e, al tempo di Giuba II (25 a. C. - 24 d. C.), la città aveva ancora una sua zecca. Lixus fu presa dalle legioni di Claudio fra il 40 e il 45 d. C. e le fabbriche di «garum» ebbero un rapido sviluppo. La città conobbe il declino quando Diocleziano avviò, al volgere del III secolo, la riorganizzazione dell'impero, provocando l'abbandono di larga parte della Tingitania, se non da parte delle legioni certamente dei coloni che ne garantivano la prosperità. Lixus, favorita dalla sua posizione, fu però abitata fino al V secolo come testimonia il fatto che, negli anni del Basso Impero, è ancora citato il fortino di Aulucos, presso l'abitato.

Nella parte bassa della città, in prossimità dell'uadi, è stato portato alla luce il quartiere industriale, di cui sono ben riconoscibili i dieci edifici allineati lungo l'antica strada, destinati alla salatura del pesce e alla produzione del «garum»: furono in attività nel periodo compreso fra il regno di Giuba II e il III-IV secolo. Il pesce era messo sotto sale in grandi vasche (ne sono state individuate 147), quindi fatto a pezzi ed esportato in recipienti di terracotta. Un sentiero sale alla città alta: sorta al riparo dalle paludi che un tempo si stendevano all'imboccatura del Loukkos, in epoca preromana fu cinta da possenti mura in giganteschi blocchi di pietra, tagliati secondo lo stile ellenistico. Il teatro-anfiteatro, l'unico del Marocco romano, è formato da una cavea addossata alla collina e disposta a emiciclo attorno all'arena circolare profonda 3,60 metri. Questa duplice struttura consentiva di utilizzare l'edificio anche per i combattimenti con le fiere. Una delle porte aperte sull'arena raggiungeva un edificio trasformato nel III secolo in stabilimento termale: rimane un bel mosaico coevo della pavimentazione del «tepidarium», raffigurante la testa del dio Oceano. Più in alto si riconosce una costruzione absidata, forse risalente al VII secolo a. C. In cima alla collina sorgeva un lussuoso quartiere residenziale edificato in epoca romana (II-III sec.) sopra la città punica; le mura lo separavano da due necropoli preromane.

L'acropoli aveva una cinta muraria, ancora in parte riconoscibile, distinta da quella urbana. Le sue rovine, scoperte nel XIX secolo dall'esploratore tedesco Heinrich Barth, si riferiscono a successive fasi costruttive, l'ultima delle quali è documentata dal ritrovamento di un oratorio absidato, secondo alcuni chiesa paleocristiana, per altri moschea. Il tempio C, al quale si accedeva a est per una grande scalinata, è di età preromana, come manifesta la tecnica costruttiva ellenistica del lato sud; i successivi rimaneggiamenti ne rendono impossibile la datazione precisa. Il tempio B, più a sud, risale forse a II secolo a. C. e venne presumibilmente distrutto al momento della conquista romana. L'edificio D, fra i due precedenti, fu occupato fino all'età dei Severi, quindi ripetutamente rimaneggiato e, nel IV secolo, coperto da altre costruzioni. Sotto questo complesso è stato individuato il tempio A, del III secolo a. C.

Panorama dei laboratori industriali della città romana di Lixus

Panorama della città con i suoi laboratori industriali

Nel punto più elevato del sito si trova il tempio F, vasto insieme a pianta complessa, databile tra il I secolo a. C. e il I d. C., che comprendeva un'area scoperta circondata da portico, probabilmente ionico, e gli annessi. In asse col peristilio, la cella destinata a contenere la statua della divinità è addossata a una parete leggermente absidata. Sul lato opposto si disegna un'ampia abside semicircolare con pavimento in origine rivestito di mosaici. A ovest si raggruppano vari ambienti accuratamente allineati, con piccoli cortili porticati, dove alloggiavano i servi addetti al tempio. Il tempio G presenta, al centro dell'abside semicircolare, una vasca che ricorda quelle dei santuari fenici. Costruito nel I secolo a. C., fu modificato per adattarlo alle esigenze di un culto greco-latino. A sud-ovest del quartiere dei templi, sotto modeste abitazioni del IV secolo sono state individuate case di età preromana con muri ben conservati alti fino a 3 metri.

 

Il Quartiere industriale

Lixus fu presa dalle legioni di Claudio fra il 40 e il 45 d. C. e le fabbriche di «garum» ebbero un rapido sviluppo. Nella parte bassa della città, in prossimità dell'uadi, è stato portato alla luce il quartiere industriale, di cui sono ben riconoscibili i dieci edifici allineati lungo l'antica strada, destinati alla salatura del pesce e alla produzione del «garum»: furono in attività nel periodo compreso fra il regno di Giuba II e il III-IV secolo. Il pesce era messo sotto sale in grandi vasche (ne sono state individuate 147), quindi fatto a pezzi ed esportato in recipienti di terracotta.

Il tepidarium con l'immagine di Nettuno

Il tepidarium con l'immagine di Nettuno

 

Il Teatro-anfiteatro

Il teatro-anfiteatro, l'unico del Marocco romano, è formato da una cavea addossata alla collina e disposta a emiciclo attorno all'arena circolare profonda 3,60 metri. Questa duplice struttura consentiva di utilizzare l'edificio anche per i combattimenti con le fiere. Una delle porte aperte sull'arena raggiungeva un edificio trasformato nel III secolo in stabilimento termale: rimane un bel mosaico coevo della pavimentazione del «tepidarium», raffigurante la testa del dio Oceano. Più in alto si riconosce una costruzione absidata, forse risalente al VII secolo a. C. In cima alla collina sorgeva un lussuoso quartiere residenziale edificato in epoca romana (II-III sec.) sopra la città punica; le mura lo separavano da due necropoli preromane.

 

L'Acropoli

L'acropoli aveva una cinta muraria, ancora in parte riconoscibile, distinta da quella urbana. Le sue rovine, scoperte nel XIX secolo dall'esploratore tedesco Heinrich Barth, si riferiscono a successive fasi costruttive, l'ultima delle quali è documentata dal ritrovamento di un oratorio absidato, secondo alcuni chiesa paleocristiana, per altri moschea.

 

I Templi

Il tempio C, al quale si accedeva a est per una grande scalinata, è di età preromana, come manifesta la tecnica costruttiva ellenistica del lato sud; i successivi rimaneggiamenti ne rendono impossibile la datazione precisa. Il tempio B, più a sud, risale forse a II secolo a. C. e venne presumibilmente distrutto al momento della conquista romana. L'edificio D, fra i due precedenti, fu occupato fino all'età dei Severi, quindi ripetutamente rimaneggiato e, nel IV secolo, coperto da altre costruzioni. Sotto questo complesso è stato individuato il tempio A, del III secolo a. C. Nel punto più elevato del sito si trova il tempio F, vasto insieme a pianta complessa, databile tra il I secolo a. C. e il I d. C., che comprendeva un'area scoperta circondata da portico, probabilmente ionico, e gli annessi. In asse col peristilio, la cella destinata a contenere la statua della divinità è addossata a una parete leggermente absidata. Sul lato opposto si disegna un'ampia abside semicircolare con pavimento in origine rivestito di mosaici. A ovest si raggruppano vari ambienti accuratamente allineati, con piccoli cortili porticati, dove alloggiavano i servi addetti al tempio. Il tempio G presenta, al centro dell'abside semicircolare, una vasca che ricorda quelle dei santuari fenici. Costruito nel I secolo a. C., fu modificato per adattarlo alle esigenze di un culto greco-latino.