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Alfonso De Villiegas

La copertina del volume di Vigliega nella edizione veneziana del 1667

L'opera di Vigliega nella edizione veneziana del 1667

 

 

 

VITA DI AGOSTINO

D. Alfonso Vigliega nella traduzione di D. Timoteo da Bagno

 

 

 

IL NUOVO, E VERO LEGGENDARIO DELLA VITA , E FATTI DI N. S. GESÙ CHRISTO E DI TUTTI I SANTI DE' QUALI CELEBRA LA FESTA, E RECITA L'OFFICIO LA S. CHIESA CATTOLICA, CONFORME AL BREVIARIO ROMANO RIFORMATO . INSIEME CON LE VITE DI MOLTI ALTRI SANTI, CHE NON SONO NEL CALENDARIO DI DETTO BREVIARIO, CON MOLTE AUTORITÀ , E FIGURE DELLA SACRA SCRITTURA, ACCOMODATE A PROPOSITO DELLE VITE DI CIASCUN SANTO. RACCOLTO DA GRAVI, E APPROVATI AUTORI, E DATO IN LUCE IN LINGUA SPAGNUOLA DAL MOLTO REVER. D. ALFONSO VIGLIEGA DI TOLEDO, TEOLOGO , E PREDICATORE, SOTTO TITOLO DI FLOS SANCTORUM. NUOVAMENTE CON DILIGENZA TRADOTTO DAL SPAGNUOLO IN LINGUA ITALIANA DA D. TIMOTEO DA BAGNO MONACO CAMALDOLESE. ET IN QUESTA ULTIMA IMPRESSIONE ARRICCHITO CON UN NOTABILE ACCRESCIMENTO DI MOLTE VITE DE' SANTI, ALCUNE DELLE QUALI NON SI RITROVANO IN ALTRI LEGGENDARIJ DESCRITTE; E ALTRE SI SONO AGGIUNTE, PER ESSERE STATE DA MODERNI SOMMI PONTEFICI ; FINO AL GIORNO PRESENTE, ORDINATE DA CELEBRARSI LE LORO FESTE NEL CALENDARIO ROMANO: ESSENDOSI ANCHE POSTE LE LORO VITE IN QUE' GIORNI, NE' QUALI, CONFORME LA RIFORMA DEL CALENDARIO, SOLENNIZA DI PRESENTE LA CHIESA LA LORO FESTA.

 

IN VENEZIA, MDCLXVI. - APPRESSO FRANCESCO VIGONE, VICINO ALLA CHIESA DELLA ROSA, CON LICENZA.

 

Pag. 605 (641)

LA VITA DI S. AGOSTINO VESCOVO, E DOTTORE DI S. CHIESA; RACCOLTA DA SUOI MEDESIMI SCRITTI, E DA GRAVI AUTORI, MA PARTICOLARMENTE DA POSSIDONIO VESCOVO CALAMENSE SUO DISCEPOLO.

 

 

 

La sagra Scrittura racconta di quel gran Capitano del popolo di Dio, Giuda Machabeo, ch'egli andava come un feroce Leone da questa Città a quella, facendo danno agli nemici di Dio, e suoi. Gli perseguitava, gli distruggeva, e gli cacciava fuori de' Confini d'Israele; di modo che il suo nome si fece celebre, e famoso per tutto il Mondo. Si mise contra lui un potentissimo Capitano chiamato Apollonio; il quale haveva molta gente, confidatosi nelle sue forze, pensò di vincerli, e gli presentò la Giornata. Giuda non la rifiutò e vennero alle mani; e il successo della battaglia fu che Apollonio vi rimase morto, e tutto il suo Esercito distrutto. Giuda fu padrone della Campagna, e hebbe tutto il bottino; ma in particolare, dice il Testo, che ebbe una spada di finissimo acciaio, con la quale Apollonio combatteva, mostrando di esser molto valoroso. Giuda la volle per sé, e con essa poi combatté tutto il tempo della vita sua.

Questa Historia viene molto a proposito di S. Agostino Dottore della Chiesa: perché Giuda Maccabeo è figura di Giesù Christo, il quale come feroce Leone prese la difesa del suo popolo, perseguitando i suoi nemici, e acquistò glorioso nome per tutto il Mondo. Cantra di lui si mise Apollonio, figura del Demonio, il quale confidatosi nelle sue forze, pensò di poterlo vincere. Gli presentò la Giornata con un Esercito di Heretici Donatisti, Manichei e Pelagiani, che non poco spavento diedero alla Chiesa di Dio, e la ridussero a gran pericolo. Esce Giesù Christo in Campagna con i suoi Cattolici, conducendo Capitani valorosi, come fu S. Ambrogio, e cominciossi la battaglia. Il successo della quale, fu che Giesù Christo rimase vittorioso; poiché la Chiesa sua sposa fu vincitrice, Apollonio rimase morto, cioè fu morto il Demonio, in quello errore particolarmente; e una spada, che egli haveva di acciaio fino, che era Agostino innanzi la sua conversione, la pigliò Giesù Christo per sé, e combatte con essa al presente, e combatterà per l'avvenire fino alla fine del Mondo; poiché quello che questo Santo lasciò scritto, è una spada tagliente contra gl'Heretici, che li distrugge, e manda per terra.

 

*** *** ***

 

Nacque il glorioso S. Agostino l'anno dell'Incarnazione di nostro Signore tre cento cinquanta sette, nel settimo anno del Pontificato di Papa Liberio, e nel decimo di Costantino Imperatore figliuolo di Costantino Magno, alli 13 del mese di Novembre, si come egli medesimo dice nel libro De Vita Beata. Fu figliuolo di Padre nobile, dell'Ordine Equestre, ch'era mezo fra l'Ordine Patritio, e Plebeo, per nome Patritio, e era Gentile, come dice S. Antonino; e sua Madre si chiamò Monica, la cui Vita, e Religione fu tanto grande, che per le sue lagrime, e meriti, hoggi ha la Chiesa un Santo tanto grande, e un Dottore così eccellente come fu S. Agostino; del quale, dice Bulfilas [Vescovo Ulfila] Autore molto grave, che l'istesso giorno che Agostino nacque in Africa, nacque Pelagio in Inghilterra; Pelagio Heretico, Agostino suo grandissimo contrario. In questo si può vedere la grandissima clemenza del Signore, che con una mano dà una ferita e con l'altra la medica.

Fu havuto cura, che Agostino essendo picciolo, andasse allo studio di lettere humane, nelle quali trapassò tutti gli altri della sua età. Habitava nella Città di Tagaste, che è in Africa, dove era nato, e poi andò a stare in un'altra Citta, chiamata Madauro, perché quivi si leggevano l'Arti liberali da huomini dotti e quindi stette fino a 15 anni. In questo mezo la beata S. Monica sua Madre, col mezo di molte orazioni, limosine, digiuni, e molte lagrime, che ella spargeva, ottenne la salute dell'anima di Patritio suo marito, il quale convertendosi a Dio, morì Christiano, e Cattolico, sì come dice il medesimo S. Agostino nel libro delle sue Confessioni. Ritornò poi Agostino alla Patria, dove essendo di 19 anni lesse Grammatica con salario pubblico. Di lì fu poi condotto a Cartagine, che era la Metropoli d'Africa, dove per l'acutezza del suo ingegno gli fu similmente dato salario pubblico, per leggere Rettorica. Si era sparsa in quel tempo in Africa la pestifera Eresia de' Maniche; e perché Agostino pratticava con gente infetta di quell'errore, vi cadè egli ancora. Essi si potevano chiamare Heretici, perché erano battezati: nondimeno tenevano quell'errore; ma Agostino, se bene era caduto in quella falsa opinione, non si poteva chiamare Heretico, perché non era battezato.

S. Monica sua Madre non havendo ancora asciute le guancie delle lagrime sparse per la morte di suo marito, cominciò a rinfrescarle, intendendo che Agostino suo figliuolo era caduto in quell'errore. Conversava con alcuni servi di Dio, accioché parlassero col suo figliuolo, e lo cavassero da quell'errore, nel quale era incorso; e quando non poteva ottener questo da loro, perché molti non havevano ardire di mettersi in disputa con lui, per il suo grand'ingegno, e acutezza della sua Logica, li pregava, che almanco pregassero Dio per lui.

Parlava una volta di questo con un santo vescovo, il quale gli disse, Madonna, siate sicura, che un figliuolo di tante lagrime, non sarà condannato. La santa donna una notte si riposava, e vide in sogno un Angiolo in forma di un bellissimo giovane, il quale le dimandò, perché causa ella piangeva tanto, e era così addolorata. L'Angiolo le disse: Sta sicura, che dove andrai tu, andarà egli ancora. Il giorno seguente ella raccontò questo sogno al figliuolo; e esso come capricciolo, e cavilloso, le disse: Tu non hai inteso bene Madre mia, perché egli non disse, che io andarei dove andarai tu, ma che dove sarò io, verrai tu ancora: perché io spero, che un giorno sarai dell'istesso parere, che io hora sono; e così verrai dove sarò io. Queste parole erano causa di gran dolore all'afflitta Madre: e tanto più, quanto lo vedeva dato a leggierezze giovanili. Perché questa è cosa ordinaria di colui, che sta in un peccato, che non si ferma in quello, ma trascorre ancora ne' gli altri. Così faceva Agostino perché essendo cieco in quell'errore, trascorreva in altre leggierezze da giovane, di modo, che egli venne ad haver un figliuolo, al quale pose nome Adeodato. Dispiaceva infinitamente alla Madre di vederlo tanto ingolfato nelle cose del Mondo, e lo riprendeva più in lagrime, che con parola aspre, perché conosceva il suo animo feroce e altiero; perché volere procedere altramente con lui, era come crescere legna al fuoco.

Cominciò dispiacere ad Agostino lo stare nella patria; si deliberò di andare a Roma. Quando la Madre intese la sua risoluzione, lo pregava con tutto il cuore, che non vi andasse, perché temeva la sua perdita. Ma egli ostinato nella pertinacia del suo cuore altiero, se bene al principio le promise di non andarvi; nondimeno essendo ella un giorno a far oratione in una Chiesa di S. Cipriano vicino al Porto, pregando Dio, per la salute del suo figliuolo, esso s'imbarcò, e si partì. Non si potria dire quanto fusse il dolore della santa donna, quando se n'accorse: fece grande escalmatione, e chiamare dalla riva, vedendo il naviglio, nel quale era il figliuolo: e quindi stette fino, che lo perse di vista.

Arrivò Agostino in Roma, e quindi lesse Rettorica con tanta riputazione, e concorso, che mandando la Città di Milano un Sindico, o Procuratore, perché trovasse, chi leggesse Rettorica in quella Città; se bene Agostino era stato solo un anno in Roma, nondimeno Simaco, che era Presidente dell'amministratione d'Italia, elesse Agostino, che andasse per quest'effetto a Milano. Acquistò Agostino gran fama in quella Città, e fu molto grato all'Imperatore Valeriano, sì come dice Possidonio nella sua vita.

La sconsolata Madre non si poteva dimenticare del figliuolo, e di Africa passò a Roma, e da Roma a Milano, solo per desidero, che haveva di condurre l'anima sua al porto sicuro, che già gl'era vicina. Era in quel tempo Arcivescovo in Milano S. Ambrogio: e perché per debito dell'Uffitio suo, egli predicava spesso, l'ascoltavano S. Monica, e Agostino suo figliuolo, ancora con differente intentione; perché ella l'ascoltava, per godere la dolcezza della sua dottrina, e il figliuolo era solo desideroso di udire qualche novità. Perché essendo egli di acutissimo ingegno, e avendo notitia della molta dottrina di S. Ambrogio, l'ascoltava volentieri, per havere occasione di disputare con lui, sì come faceva spesso in Colloqui particolari. Ma non disputava solo con lui, ma ancora con altri huomini dotti, e pratichi delle cose della nostra Fede, e gli riduceva alle volte molto alle strette, servendosi della sottigliezza del suo ingegno. Di modo, (che afferma Ambrogio Coriolano) S. Ambrogio comandò, che nelle litanie si cantasse, "À LOGICA AUGUSTINI, LIBERA NOS DOMINE". La pratica, e conversatione di S. Ambrogio, e le lagrime di S. Monica fecero tal operazione in Agostino, che egli disprezzava i Manichei, e i loro errori, e si occupava di leggere i sacri libri. Era un Monastero fuori delle mura di Milano, nel quale era un sant'huomo, chiamato Simpliciano, con altri Religiosi. Agostino andò a parlargli, e esso che sapeva l'humore altiero, che haveva, per havergli parlato di lui S. Ambrogio; con la sua gratia, e solita soavità di parole, e con zelo della salute dell'anima sua, gli cominciò a dimostrar l'errore, nel quale egli si ritrovava, e farlo innamorare della via Evangelica, che Giesù Christo aveva insegnato a suoi.

Gli propose per esempio Vittorino Rettorico, il quale era venuto alla cognitione della Fede, per le sue persuasioni, e disprezzava tutte le cose per amor di Christo. Al fine gli disse tali e tante cose, che egli si piegò a voler accettare la Religione Christiana, seguendo la Chiesa Romana in tutto quello, che ella insegna, e predica.

Arrivò quivi a tempo Potiano nobile Africano, e suo grande amico, il quale era Cattolico, e havendo inteso la vita, che S. Antonio Abbate haveva fatto in Egitto, e le sue gran virtù, e miracoli, gli contò ogni cosa. Agostino intendendo, che un huomo senza lettere havesse fatto tali cose, con certa ansietà, che già gli era nata nel cuore, disse ad Alipio suo amico: Come sopportaremo noi questa cosa? Adunque gl'ignoranti senza lettere rubaranno il Cielo, e noi con le nostre lettere ci sommergeremo nell'abisso? Si avvicinava hormai il tempo, nel quale colui, che con il suo consiglio ordina tutte le cose, voleva dar fine alle lagrime di S. Monica sua serva, e aprire gli occhi al nuovo Capitano Agostino.

Per questo effetto gli toccò un giorno il cuore, e gli fece venir tant'abbondanza di lagrime, che non trovando luogo più libero da versarle, che la solitudine, entrò in un horto, e si pose sotto una ficaia, e chiamava Dio ad alta voce, e diceva: "Eh, tu Signore, fin a quando, fin a quando Signore starai corrucciato? Deh Signore, lasciami hormai venire dietro a te, risvegliami, e accostati a me. Accendimi, rubami, e mostrami la soavità del tuo amore. Io ti ho amato tardi, bellezza antica, ma nuova per me. Tu eri dentro di me, io ti cercavo fuori. Io ti cercavo nella bellezza, che tu creasti, e cadevo in molte bruttezze. Tu eri con me; ma io non ero teco; tu mi hai chiamato, e mi hai liberato dall'esser sordo, e hai illuminato la mia cecità. Io ho gustato la tua dolcezza, e è cresciuta in me la fame, e il desiderio di accostarmi a te."

Parlò poi Agostino S. Agostino con S. Ambrogio, e gli domandò il Battesimo, e che gli assegnasse un giorno particolare per questo. Il Santo Prelato lo fece Catecumeno. Dipoi passati cinque mesi, e il Sabbato santo, in compagnia di Nebridio, e Evodio, che poi fu martirizzato, e di Alipio, che poi fu Vescovo Tagastense, Potiano, e Adeodato suo figliuolo, Simplicio, Faustino, e Condolo, Iusto e Paolino, con tutti questi fu battezzato Agostino. Quando S. Ambrogio gli gettava l'acqua sopra la testa, e disse le parole, che sono forma del Sacramento, S. Dacio, che fu il IV Arcivescovo di Milano dopo S. Ambrogio, dice, ch'egli disse ad alta voce, Te Deum Laudamus; e Agostino rispose: Te Dominum confitemur; e così composero quel Cantico fino al fine, dicendo uno un verso, e l'altro l'altro; e hoggi la Chiesa Catholical'usa nell'Uffitio del Matutino, e tutte le volte, che vuol ringraziar Dio, per qualche beneficio ricevuto.

In quel tempo s'usava, che quelli, che si battezzavano, si vestivano di bianco; ma ad Agostino sopra l'habito bianco, fu data una veste negra; e esso si cinse con una cinta di cuoio, a differenza de' Monaci che vivevano nelle solitudini, che non la usavano. Questo modo di vestire fu poi habito Religioso de' figliuoli, che egli generò in Giesù Christo, quando fondò l'Ordine de gl'Eremitani, che hoggi si chiamano di S. Agostino. Quando S. Agostino fu battezzato, era in età di 30 anni. E chi potria mai raccontare l'allegrezza, e il contento della sua S. Madre, vedento hormai adempito il suo desio? Non è lingua humana, che a pieno lo potesse dichiarare. Fu similmente grande il contento di S. Ambrogio, e di tutti i Cattolici, che erano in Milano, e in altre parti dove si haveva notizia di Agostino, e si hebbe nuova della sua conversione. Fra gli altri mostrò Simpliciano particolare allegrezza, e lo tenne in sua compagnia alquanti giorni dopo la sua conversione, e lo pregò, che gli desse qualche forma, o modo di vivere in scritto, come meglio gli paresse. Perché se bene tutti i religiosi del suo Monastero si accordavano insieme a servire Dio, nondimeno ciascuno la faceva come meglio gli pareva. Questo attendeva all'oratione, quello a digiuni, e quell'altro alle discipline. Volendo S. Agostino compiacere al santo vecchio, ordinò una Regola, che corrispondesse alla vita Apostolica; ancora, che poi in Africa la migliorò in molte cose.

Dopo questo, essendone molto pregato dalla Madre, Agostino deliberò di ritornare in Africa: Piglò la Benedittione di S. Ambrogio, e da Simpliciano, e essendo licentiato da' Cittadini di Milano, che erano suoi amici, si partì per andare ad Ostia Tiberina in compagnia di sua Madre, e di quelli, che erano stati suoi compagni nel Battesimo. Arrivò Agostino a' deserti di Toscana, che da lui sono chiamati Monte Pisano, e havendo inteso, per fama, che vi habitavano alcuni Religiosi, che facevano vita Eremitica, gli visitò, e conversò un anno con loro, e ad essi ancora diede la Regola, la quale fu chiamata la prima delle tre, che egli fece. Dopo questo (ancora, che alcuni dicono, che fusse prima) S. Monica sua Madre carica d'anni, e di meriti, venne a morte al Porto d'Ostia, essendo presente due suoi figlioli, cioè, Agostino e Navigio: essendo ella di età di 56 anni, e Agostino di 33. S. Agostino dopo la morte della Madre andò a Roma, e di lì a Centocelle, che si chiama Cività vecchia [Civitavecchia ?] vicino al Mare: dove fra le rovine di certi antichi edificij vivevano alcuni huomini molto santamente, a modo di Romiti. Questi accettarono S. Agostino con grande amore, e riverenza, havendo già notitia di lui, per quello, che haveva fatto a Monte Pisano; e quindi diede la seconda Regola, aggiungendo alla prima il modo di recitare l'Uffitio Divino.

In quel luogo, si dice ch'egli compose il libro De Trinitate; e quivi ebbe la rivelatione di quel fanciullo, che con le sue mani faceva una piccola fossa, e dimandandogli S. Agostino ciò, che egli voleva fare, gli rispose, che vi voleva metter dentro tutto il Mare. Mosse riso al S. Dottore la semplice risposta del fanciullo; e disse egli, che quella cosa era impossibile ma esso gli rispose: A te pare, che questa cosa sia difficile: e io ti dico, che è molto più difficile l'impresa che tu hai cominciato di voler scrivere della Trinità, pensando di poter intendere, o penetrare tanto alto Mistero, con il tuo debil ingegno. Detto questo, il fanciullo disparve: per il che S. Agostino intese, che era stato mandato da Dio, per avvertirlo del suo grande ardire: e così si fermò di scrivere più di quella materia; attese ad emendare, e correggere quello, che egli haveva scritto.

Nel medesimo luogo compose il libro de' Soliloquij; dipoi passò in Africa, e andò in Cartagine, dove alloggiò in casa d'un Cittadino principale, che era come Luogotenente del Governatore del popolo, che haveva nome Innocentio. Costui haveva una piaga in una gamba, e i Medici gliene havevano tagliato parte, e trattavano di tagliarla del tutto, accioché egli campasse la vita. S. Agostino fece oratione per lui: e la gamba se gli risanò con molta maraviglia di ciascuno.

Da Cartagine andò a Tagaste sua Patria; e qui vendè la parte, che gli toccò del suo Patrimonio, e parte ne diede a' poveri, e parte ne salvò per edificare un Monastero; e accompagnato dal suo figliuolo, fratelli, e amici, determinò di vivere secondo la vita Apostolica, e Monastica. Quivi hebbe origine il sacro Ordine degli Eremitani; ancora, che all'hora fusse l'anno del Signore 391 non fu però confermato dalla Sede Apostolica, né da altra autorità ordinaria: Basta che all'hora cominciò la vita de' Religiosi Agostiniani, nella quale si viveva con molto rigore, e in aspra penitenza. E perché molta gente andava a quel Monastero, per visitare S. Agostino, egli andò sopra una Montagna alta, e quivi fabbricò una picciola Cella, dove egli stette un tempo solo. Ma perché gli altri Religiosi non potevano stare senza la sua dolce, e santa compagnia, si deliberarono di seguirlo; ma per non dargli disturbo, fabbricarono le loro Celle qua, e là per il Monte, a modo di grotta fra quelle ripe, e erano in tutto circa 120 Romiti. S. Valerio vescovo d'Hipona havendo udito la fama di Agostino, ne sentì sommo contento, pensando, che egli gli saria di grande aiuto nel governo della sua Chiesa. Si affaticava il buon Vescovo d'haverlo in sua compagnia; ma Agostino si scusava quanto poteva, e si guardava di non andare alla sua Chiesa, come a qualsivoglia altra, che fusse vacante, dubitando di non esser fatto Vescovo per forza. S. Valerio, lo visitò alcune volte, e restava molto soddisfatto di vedere la vita, che Agostino, e suoi Religiosi facevano; la sua carità, le sue dolci parole, la sua gran penitenza, le sue povere vivande, e humile letto. Il conversare con quella benedetta gente, era un ritratto del Cielo. Approvò S. Valerio quello stato, e modo di vivere, che questo era quello, che a quel tempo si usava; cioè, che i Vescovi approvassero, o reprovassero quello, che gli pareva utile, o inutile nelle loro Diocesi; e questa medesima confermatione hebbero gl'Ordini di S. Basilio, e di S. Benedetto al principio loro.

Fra gl'altri Religiosi che erano nel Monastero, che S. Agostino haveva fondato nella solitudine, vi era uno chiamato Simplicio, al quale fu ammazzato il Padre; onde per risentimento della carne, e del sangue, si partì dal Monastero, per andare a far le vendette del Padre. Quando S. Agostino intese questa cosa, a guisa di un buon Pastore andò a cercare la pecorella smarrita. Hebbe avviso che Simplicio era nella Città d'Hipona: e vi andò subito. Certificato S. Valerio della venuta di Agostino, congregò il popolo (si come dice Possidonio) e gli propose, che la sua Chiesa haveva gran bisogno d'un Prete, che all'hora era il medesimo, che al presente è il Curato. E perché Agostino era Cattolico, e molto savio; egli esortava, che lo eleggessero per quell'Uffitio. Il popolo allegro di questo, lo chiese di consenso commune: e ancora, che Agostino volesse scusarsi, e fuggire, non lo poté fare. Tutti gli furono d'intorno, e lo condussero alla Chiesa, alla presenza di San Valerio; il quale, come per forza l'ordinò, sino, che lo fece Sacerdote. Piangeva S. Agostino, e si scusava, dicendo che era indegno di quella dignità: ma non gli giovò.

La pagina del volume di Vigliega che al 28 agosto tratta di sant'Agostino

La pagina del volume di Vigliega che al 28 agosto tratta di S. Agostino

Dice il medesimo Possidonio, che essendo dimandato, per qual causa accettava tanto mal volentieri quell'Uffitio, rispose: Perché il luogo di Prete, e Curato, è molto vicino al luogo di Vescovo. Essendo S. Agostino ordinato Sacerdote, e intendendo S. Valerio, che gli era molto affettionato alla vita Monastica, e che non si trovava mai, se non nel Monastero; gli diede un horto fuori della Città, dove egli potesse edificare un Monastero. Questo fu il secondo Convento dell'Ordine, e quindi ordinò, e scrisse la terza Regola, la quale è quella, che al presente tengono i suoi Frati.

Cominciò poi a predicare con molto profitto dell'anime, sì che quel Vescovado, come d'altri; perché il zelo di convertirle a Dio, l'haveva fatto mutare di condittione, essendo alquanto più conversevole fra la gente. Non si contentando S. Valerio di quello, ch'aveva fatto, convuicò alcuni Vescovi, e ottenne il consenso del Metropolitano di Cartagine, e aggiungendo forza, a forza, consecrò Agostino per Vescovo della sua medesima città d'Hipona, con titolo di suo Coadiutore. Era all'hora Agostino di età di 37 anni, e vedendosi consacrato Vescovo, cominciò a procurare, che si riformassero le cose della Chiesa. Ottenne particolarmente, che i Preti della sua Chiesa Cattedrale vivessero in comune, secondo l'istituto de gli Apostoli, che S. Marco introdusse in Alessandria.

Congregò il Clero nelle stanze del Vescovado. E quindi diede la Regola: e tutti vivevano senza proprietà, promettendo i tre Voti ordinarij de' Religiosi. Di modo, che quelli, e altri, che gli immiatarno, poi furono quelli, che hoggi si chiamano Canonici Regolari. Fondò ancora in questo tempo un Monastero di Vergini, e donne honeste, e fece Preposita di esso una sua sorella chiamata Perpetua, la quale era Vedova; e perché amava la castità, si ritirò volentieri nel Monastero. Vi entrarono ancora due altre sorelle di Agostino, e figliuole di Patritio suo Padre, ma non di S. Monica sua Madre, chiamate l'una Basilica, e l'altra Felicita, che poi risplenderono di molti Miracoli. Non mancano Autori che dicono, che S. Agostino hebbe due sorelle sole: ma quello, che si è detto è il più certo.

Non molto tempo dopo morì S. Valerio Vescovo, e tutto il carico rimase ad Agostino. Morì similmente Adeodato suo figliuolo in Cartagine, il quale era giovane di grande speranza di lettere. Il medesimo S. Agostino dice nel libro delle Confessioni, che essendo giovane di quindici anni, avanzava d'ingegno molti uomini perfetti. La cura delle pecorelle di S. Agostino, che per lui era gran fatica; i molti libri, che egli scriveva; i negotij d'importanza, che lo tenevano occupato, non erano bastanti di far sì, che egli non desse molte hore a Dio, spendendole in orationi e contemplatione: ma particolarmente da poi, che egli si convertì, era solito di tenere il pensiero fisso nell'alto, e soprano Mistero dell'Incarnatione, e pensandovi, si accedeva di sì grand'amore, che egli diceva, spargendo continue lagrime: Signore, chi non ti serve per il beneficio della Creatione, merita l'Inferno; ma chi non ti serve, e ringratia, per il beneficio dell'Incarnatione, bisognaria, che per lui si facesse un nuovo Inferno. Ma io Signore, che ti sono obbligato, per havermi creato, havermi ricomperato, havermi convertito, e cavatomi dalle tenebre, nelle quali io ero, che pena meriterò, se non ti servo? Ah Signore, il mio cuore è trapassato da due saette, l'una d'amore, e l'altra di timore. Temo Signore, di non esser ingrato a' tuoi beneficij, e amo, chi per amarmi ha fatto tanto per me. Nissuno saprà quello, che Dio ha fatto per me, se io non racconto le mie miserie. Come si saprà la tua liberalità in perdonarmi, se io non conto i miei debiti? Come si saprà la sapienza del Medico, che mi risanò, se non si sanno l'infermità, che io havevo? Sappiansi adunque le mie piaghe, i miei peccati, accioché si vegga la gran bontà di Dio, il quale volle, seppe, e poté risanarmi. I miei mali lodano Dio, il quale volle pigliar per figliuolo colui, che era schiavo di Lucifero. Non permetta Dio, che si dica, che noi siamo ladri dell'honor suo. Tua Signore è la potestà, tua la scienza, tuo è l'honore, tutto il bene è tuo. Tu sei Signore del tutto, tu sei la luce; e io da me son tenebre. Tu sei buono, io cattivo; se io ho bene alcuno in me, io l'ho da te, per tua gratia, per tua mercede; e ancora, che io sia molto tristo, tu sei infinitamente più buono. Io mi rallegro assai, Signore, che tu sia Dio: e se l'impossibile potesse essere, cioè, che Agostino fusse Dio; vorrei più presto, che tu fussi Dio, e non Agostino. Queste e altre cose simili diceva il S. Dottore: e sempre finiva con ringraziar Dio, per il beneficio dell'Incarnatione, e per haverlo convertito, e cavato dall'infedeltà, e errore, nel quale era stato. E quando egli era più intento a piagnere i suoi peccati, era tanto il gusto, che egli sentiva in piangerli, che diceva a Dio: Signore, se il piangere qui in terra, per haverti perduto, è tanto dolce; il ridere in Cielo, per haverti trovato, e il godere di vederti, quanto sarà più dolce? Partendosi il Santo da questo esercitio, ritornava alle cose del suo Uffitio; e non erano pochi i suoi travagli, ritrovandosi al suo tempo molti Heretici, Manichei, Donatisti, e Pelagiani, i quali egli perseguitava sì con dispute, che con loro faceva, come con libri, che contra loro scriveva, e particolarmente contra Fausto Heretico ostinatissimo. Per questa causa egli era venuto in odio agli Heretici, che predicavano fra loro, e pubblicamente ancora a quelli, che seguitavano i loro errori, che non era peccato l'ammazzarlo, e colui, che l'ammazzava, morendo, saria volato al Cielo, ancora che fusse gran peccatore. Gli fecero molte volte l'imboscata, e l'aspettavano a carti passi, quando egli andava d'un luogo a l'altro, con contentione d'ammazzarlo; ma Agostino, per divina permissione errava la via, e a quel modo scappava il pericolo; e esso ringratiava poi Dio, perché haveva errato la via in tal occasione.

Se qualche volta egli era lodato di quello, che haeva predicato, o scritto come cosa bella, e ben considerata, esso diceva: Io non sento, che Dio si sia dimostrato corrucciato con me in cosa alcuna, se non essendo io degno di remare in una Galea, mi habbi fatto Capo d'una Chiesa per governarla; e io, che dovrei stare a udire altri, sia loro Maestro, e insegni. Il vestire, e calzare di S. Agostino, né era di prezzo, né molto disprezzato, ma era il tutto mezzano, e modesto. Il suo mangiare, e bere, era molto temperato, e dispiacevagli assai, che alla sua tavola si mormorasse di persona alcuna, e particolarmente de gli assenti; perché haveva fatto notare nella parete due Versi latini, che dicevano: QUISQUIS AMAT DICTIS ABSENTUM RIDERE VISTA: HANC MANSAM VETITAM NOERIT ESSE TIBI. Avvenne una volta che certi Prelati, essendo a tavola con S. Agostino, cominciarono a mormorare: onde egli disse: O mutisi ragionamento, o scancellisi quei Versi. Ma quando non si faccia alcuna di queste cose, io mi partirò da tavola. Haveva questo Santo gran cura di provedere alle necessità de' poveri, e nelle necessità grandi non perdonava alle gioie, e ornamenti della Chiesa: perché gli vendeva e rimediava alle necessità de' poveri; e poi con comodità gli ricomprava, e diceva, che haveva imparato di far così da S. Ambrogio.

Alcuni venendo a morte, gli lasciavano certe case, e altre robe per la Chiesa, ma egli intendendo che quelle persone lasciavano figliuoli, e che erano poveri, non volle accettarle: dicendo: Chi pretende privar il figliuolo della sua heredità, per darla alla Chiesa, cerchi un altro Vescovo, che la riceva, e non Agostino: e forse, che a Dio piacerà, che non ne trovi nissuno. Non voleva, in modo alcuno, che in casa sua stessero donne, ancora che fussero, o sorelle, o cugine, e diceva: Ancora che la sorella sia sorella, e la cugina cugina; con tutto ciò le serve della sorella, o cugina, non sono né cugine, né sorelle, e così potriano causare scandalo. Egli fuggì sempre, dopo che fu battezzato di trovarsi solo, con donna alcuna, né meno le voleva parlare da solo a solo, se non era cosa di grand'importanza. S. Agostino pregava di mala voglia per quelli, che lo chiedevano per intercessore, per ottenere qualche cosa da alcuno; e quando lo faceva, era di tal forte il suo pregare, che colui che doveva far la gratia, non paresse che fusse sforzato. Mai volle essere Giudice arbitro fra gli amici; ma sì bene fra quelli, ch'egli non conosceva. Allegava la ragione di questo, e diceva, Che fra gli amici né perderia uno; rimanendo disgustato con colui, contra il quale si desse la sentenza; ma fra quelli, che egli non conosceva, ne guadagnava uno; perché colui in favor del quale si dava la sentenza, gli restava affettionato. Mandò una volta Due Diaconi in Gerusalemme a trovare S. Girolamo, accioché imparassero da lui; e quando tornassero, gli mostrassero quello che egli scrisse contro Pelagio Heretico, contra il quale, haveva scritto S. Agostino ancora; e esso rispose: Chi potrà scrivere cosa di nuovo della materia, della quale ha trattato l'intelletto Angelico di Agostino? Fu questo santo tanto leale a Dio, che in tutti i suoi scritti, non si trovarà cosa alcuna, nella quale non attribuisca tutta la gloria all'istesso Dio.

Gli dispiacevano molto quelli, che hanno in costume di giurare assai, e aveva messo la pena, per i suoi Preti, e altri domestici sopra i giuramenti; castigandoli nelle volte, che gli dava bere alla sua tavola, che erano tre: e per ogni giuramento gliene toglieva una. Aiutava i suoi parenti, accioché non havessero molte necessità nelle cose; ma non già talmente, che gli facesse ricchi.

L'anno del Signore 433, i Vandali furono discacciati di Spagna; per il che passarono in Africa, e quindi facevano guerra crudele contra i Christiani, e avevano messo il Campo nella città d'Hipona, dove era vescovo S. Agostino; e tenendola strettamente assediata, per il spatio di tre mesi, il B. Padre pregava Dio, che gli desse patienza, per sopportare tanta calamità, (perché gli Assediati pativano infiniti disagi, il che era causa di molti mali) overo lo liberasse da qualla miseria, cavandolo dalle tribolazioni di questa vita. Piacque al Signore di concedergli l'ultima domanda; e così gli venne un'infermità molto acuta. Onde il Santo conoscndo, che la sua morte era vicina, comandò, che gli scrivessero i Salmi Penitenziali, e si accomodassero in parte, che stando egli nel letto, gli potesse leggere. Et essendo stato ubbidito, gli leggeva molte volte con grandissima divotione, e del continuo versando lagrime. Per haver poi occasione di pensare, e darsi maggiormente a Dio, e per non esser impedito dalle molte visite, dieci giorni innanzi alla sua morte, comandò, che nissuno entrasse nella sua camera, eccetto il Medico, e un altro, che lo serviva, e gli portava da mangiare. Essendo poi giunta l'hora della sua morte, havendo ricevuto tutti i sacramenti, rese l'anima a Dio, essendo in età di 76 anni.

Non fece testamento; perché il Servo di Giesù Christo non haveva che lasciare: solo i suoi libri lasciò a' suoi Frati. Fu sepolto nella chiesa di S. Stefano, che egli aveva fatto fare. Lasciò la sua Chiesa, e Diocesi, piena di Preti, e di Monasteri, di Monaci, e Monache.

Si ritrovò presente a sette Concilij, che si celebrarono in Africa, e si sottoscrisse in essi. Scrisse 332 libri, come si può vedere nel libro delle sue Retrattationi; oltre molte Homelie, Trattati, e Lettere, ch'egli scrisse. I Barbari dopo la morte del Santo pigliarono la Città, e non hebbero riguardo alcuno a' luoghi sacri, perilche il corpo di S. Agostino, fu portato all'Isola di Sardegna. Dipoi Liutprando Re de' Longobardi, comprò quel Santo Corpo da' Saracini, che si erano fatti padroni di quell'Isola, e lo condusse a Pavia, e quivi fu honorevolmente sepolto.

Questo Santo fece molti Miracoli, sì mentre egli visse, come dopo morte. Alcuni Santi cominciano, ma non finiscono di dire le lodi di S. Agostino: così io ancora non mi allargarò più. Solo dirò questo, che se egli fu tanto nemico degli Heretici essendo in vita; molto più sarà amico de' Cattolici, hora, che egli gode la gloria di Dio. Ma perché noi, per la Divina gratia siamo tali: preghiamo questo benedetto Santo, che per noi ottenga perdono da Dio de' nostri peccati, come per sé ottenne: accioché havendo la gratia sua in questa vita, quando verrà il suo fine, andiamo poi a godere la sua gloria nella vita eterna.

La Chiesa celebra la festa di S. Agostino il giorno della sua gloriosa morte, che fu a' 28 di Agosto, l'anno del Signore 433, essendo stato Vescovo quarant'anni, e in quel tempo era Imperatore Teodosio, il più giovane.