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Zambrini: Vita di sant'Agostino

Il miracolo del prigioniero in una tela di Pacher

Il miracolo del prigioniero in una tela di Pacher

 

 

VITA DI SANT'AGOSTINO

[Pubblicata da Francesco Zambrini, Leggende inedite, Bologna, 1855, vol. II, pag. 43]

 

 

 

Agustino, dottore nobile, nacque ne la provincia d'Africa, nella città di Cartagine, d'onesto parentado. Il suo padre ebbe nome Patricio e la madre Monica. Nell'arti liberali sufficientemente ammaestrato: per la qual cosa era tenuto sommo filosofo e maestro alluminatissimo, però che i libri d'Aristotile e tutti li libri dell'arte liberali, qualunque potèo avere, per se medesimo gli apparò e intese, sì com'elli medesimo dice nel libro delle Confessioni ..

"Essendo reissimo, e servo delle cupidezze, per me medesimo gli lessi e intesi qualunque io potei leggere."

Ancora dice in quel medesimo libro: « Ciò ch'è dell'arte del parlare e di quistionare, e ciò ch'è dell'arte del misurare e de' numeri, sanza grande malagevolezza e sanza ammaestramento d'uomo intesi. Tu sai, Signore mio Domeniddio, che l'avaccezza dello intendere si è tuo dono, ma io non te ne sacrificava, messere, ma imperò che la scienza sanza la carità giammai non edifica, ma enfia, caddi nello errore de' Manicei, i quali dicono che Cristo ebbe corpo fantastico, e niegano la risurrezione della carne. In questo errore stetti nove anni, essendo ancora giovane. E in tante beffe venni che, quando era tolto il pomo e la fòglia all'albore, dicea che quel cotale albore piangeva ». Essendo dunque ancora d'etade di diciannove anni, e leggendo uno libro d'alcuno filosofo, nel quale era scritto come la vanità del mondo era da dispregiare, imperciò li piacque molto quello libro.

Ma perchè il nome di Gesù Cristo, lo quale egli aveva udito dalla madre, non v'era scritto, cominciossene fortemente a turbare; e la madre piangeva molto per lui, e sforzavasi di reducerlo all'unità della fede. Sì che una volta, come si legge nel libro delle Confessioni, l'apparve un giovine, stando ella in molto dolore, e dissele: « Sta' sicuramente, chè cola dove se' tu, sara egli». E raccontando ella queste cose al figliuolo, sì le rispuose santo Agustino: " Madre mia, non ti fu così detto, anzi ti disse: là ove egli è, sarai tu.". Pregava dunque la madre continuamente con improntezza uno vescovo, siccome si legge in quello libro, che degnasse di pregare Domeneddio per lo figliuolo suo. Il quale le disse: "Va' sicuramente, chè impossibile cosa è che i1 figliuolo di tante lagrime perisca!".

E abbiendo santo Agustino letto molti anni la rettorica alla città di Cartagine, celatamente, sanza saputa della madre, se n'andò a Roma, e ragunò ivi molti discepoli. In quei tempi addimandarono quelli di Milano a Simmaco, prefetto di Roma, che mandasse loro uno maestro di rettorica. Ai prieghi dei quàli fu mandato loro Agustino. Era in quello tempo santo Ambruogio vescovo di Milano, al quale cominciò santo Agùstino ad accostarsi, e udire le prediche sue. Addivenne che in una predica disputò molto santo Ambruogio contro a quella resia, e vituperolla per aperte ragioni, in tal modo che quello errore al tutto si partìo dal cuore di santo Agustino.

E con ciò fosse cosa, sì com'elli dice nel libro delle Confessioni, che la via di Cristo gli piacesse, tutto che ancora gli paresse malagevole, missegli il Signore in cuore d'andare a Simpliciano, nel quale era la grazia di Cristo, acciò che, ragionandosi con lui, gli contasse i fervori suoi, e imprendesse qual fosse aperto modo di vivere ad andare per la via di Dio. E Simpliciano il cominciò a confortare e dicere: « Quanti giovani fanciulli e fanciulle servono a Dio nell'Ecclesia sua! Or non potrai tu tanto quanto questi e queste? Ma veramente possono in Domeneddio, loro, tu non puoi, perchè stai in te e non stai in lui; gettati dunque in Domeneddio, ed egli ti riceverà e sanicheratti ». Fra questi ragionamenti venne loro alla mente il fatto di Vittorino, il quale per la sapienza e ragione, essendo ancora pagano, meritò d'avere statua d'oro. Venuto dunque Vittorino nella chiesa, e dato a lui celatamente, sì come a vergognoso, il libro ov'era scritto il Credo in Dio, sì montò ad alto, e pronunziollo ad alta voce. Allora venne d'Africa uno amico di santo Agustino , il quale aveva nome Ponziato, e raccontagli la vita e i miracoli del grande santo Antonio, il quale era passato di questa vita nuovamente, nell'Egitto, al tempo di Gostantino imperadore. Per lo cui esempio fu santo Agustino sì fortemente acceso, che con fervore gridò al compagno suo Alipio, dicendo: « Che facciamo? che udiamo? Levansi i semplici e rapiscono il cielo, e noi, con le nostre dottrine, discendiamo allo inferno!.

 

La conversione

E intrando in uno orto, gittossi sotto un fico, e dicea inverso Dio: « Tardi t'ho amato, bellezza: tu eri meco, e io non era teco e altre parole belle, sì come dice nel libro delle Confessioni. E stando lui in questo pianto, udìo una notte una voce che gli disse: « Togli, leggi; togli, leggi »; e incontanente aperse il libro, e il primo capitolo che gli venne alle mani dicea: « vestitevi del Signore Gesù Cristo »; e incontanente si partirono da lui le tenebre del dubitamento.

 

A Cassiciaco

In questo mezzo, cominciò a essere tormentato di fortissimo dolore de' denti, intanto che poco meno che non si diede a credere l'opinione di Cornelio filosofo, che puose il sommo bene dell'anima in savere, e quel del corpo in non sentire neuno dolore; e fu sì forte quel duolo che eziandio la favella ne perdea. Onde, sì com'egli dice nel libro delle Confessioni, scrisse in tavole di cera che tutti pregassero Iddio per lui che mitigasse quello dolore; e inginocchiandosi con gli altri, subitamente si trovò guarito. Fece dunque assapere al servo di Dio Ambruogio, per lettere, il disiderio suo acciò che gli mostrasse qual de' libri santi fosse più da leggere, per acconciarsi meglio alla fede cristiana. E quegli gli mandò che leggesse Isaia profeta; e il cominciamento di quel libro non intendendo Agustino, e credendo che il libro fosse così fatto, indugiossi di leggerlo, insino a tanto che fosse più esercitato ne' libri santi.

 

Il Battesimo

Approssimandosi dunque il tempo della Pasqua, ed essendo egli di XXX anni, ricevette il santo battesimo, insieme col figliuolo Diedato, fanciullo molto ingegnoso, il quale avea ingenerato nel tempo ch'era stato pagano, e con Alipio suo amico. Allora, sì com'egli dice, santo Ambruogio disse: « Te deum laudamus »; e santo Agustino rispuose: « Te dominum confìtemur ». E così amendue dicendo, l'uno verso l'uno, e l'altro verso l'altro, questo inno infino alla fine il cantarono. E incontanente, confermato mirabilmente nella, fede, abbandonò ogni speranza ch'egli avea nel secolo, e rinunziò le scuole dell'arti liberali, sì com'egli medesimo il mostra nel detto libro delle Confessioni, nel parlare dolce che fa a Dio. Di po' queste cose, prendè seco Nebridio e Nodio e la madre, la quale era venuta a lui, e ritornavasi in Africa, ma quando furono ad Ostia, la pietosa sua madre morìo.

 

Ritorno in Africa

Di po' la cui morte, Agustino ritornò alle possessioni sue, nel quale luogo serviva a Dio in digiuni e orazioni insiememente con quegli che a lui s'erano accostati. Scriveva li libri, e ammaestrava i non sapienti. La nominanza sua si spandeva in tutte parti; e in tutti libri e opere sue era tenuto maraviglioso. E' guardavasi d'andare ad alcuna cittade ove non fosse vescovo, per non esservi impedimento nel detto ufficio. In quel tempo, ad Ippona, un uomo di grandi ricchezze mandò, dicendo a Agustino che s'egli andasse a lui e udisse la parola della bocca sua, sì si rinunzierebbe al secolo. La qual cosa, comunque Agustino il seppe, ratto andò a lui. E udendo Valerio, vescovo d'Ippona, la fama sua, sì l’ordinò prete nella sua chiesa, avegna Iddio che molto il contradiasse; la qual cosa molti credettono che 'l facesse per disdegno. E santo Agustino incontanente ordinò il monasterio de' cherici, e cominciò a vivere secondo la regola ordinata de' santi Apostoli. Del quale monasterio sono eletti dieci vescovi, e perché il vescovo era greco, e sapea meno di lingua latina e di lettere, diede la podestate a santo Agustino che predicasse nella chiesa dinnanzi a lui. Per la qual cosa fu da molti vescovi ripreso, perch'era contro all'usanza della chiesa orientale; ed egli di ciò non si curò, purchè per lui fosse fatto quello che per lui fare non si potea. In questo tempo convinse e tolse via Fortunato, prete maniceo, e altri eretici manicei, e massimamente ribattezzati donatisti.

 

Ordinato da Valerio

E Valerio temea molto d'Agustino che non gli fosse tolto e domandato per vescovo da altra cittade, e alcuna volta gli sarebbe stato tolto, se non l'avesse mandato ad alcuno luogo secreto; sì che impetrò dall'arcivescovo di Cartagine di dare luogo al vescovado, e ordinare Agustino in vescovo d'Ippona: la qual cosa ricusando Agustino, alla perfine, essendo costretto, il ricevette. Le vestimenta sue e i calzari suoi e gli altri ornamenti nè troppo gli avea belli nè molto sozzi, ma di temperato abito sempre usò: la mensa comune e molto iscarsa, e in quella mensa amava più la lezione o la disputazione che il mangiare; e contra la pistolenza del dir male d'altrui, avea così scritto in quella mensa: « Qualunque persona ama di rodere la vita de' lontani con parole, sappia che questa mensa non si fa a lui». E alcuna volta alcuni vescovi familiarissimi a lui, stando alla mensa con lui, e abbiendo isfrenata la lingua di dir male d'altrui, sì duramente li riprese, che disse che si rimanessero, o egli spegnerebbe quelli versi, o egli si partirebbe dalla mensa. Una volta, avendo egli invitati à desinare alcuni suoi familiari, uno di loro, più curioso degli altri, entrò in cucina e avendo trovata ogni cosa fredda, tornò a santo Agustino e domandollo quello che avea apparecchiato da mangiare. E santo Agustino gli rispuose: "E io con esso voi nol so! ".

 

Vita a Ippona

Di tanta purità e umiltà fu, che i peccati i quali paiono appo noi nulla, o molto piccolini, sì gli confessava e accusavasene umilmente dinanzi al Signore, siccome si legge nel libro delle sue Confessioni. Onde quivi s'accusa che quando era fanciullo giocava alla palla quando dovea ire alla scuola: raccusasi come non volea leggere, se per paura non era costretto dal maestro. Anche dice che leggeva volontieri, essendo ancora fanciullo, le favole de' poeti, siccome è la favola di Enea, e piagnea Didone morta per amore. Anche s'accusa di ciò che in quella etade togliea celatamente del celliere o della mensa di casa, per dare ai fanciulli che giucavano: anche di ciò che operava d'inganno nel gioco de' fanciulli. Anche s'accusa che quando era d'etade di dodici anni, tolse delle pere d'un pero, allato alla vigna sua. Anche s'accusa di quel piccolo diletto che sentiva nel mangiare alcuna volta, e dice così: «Ha' mi insegnato ch 'io vada a prendere il nodrimento come la medicina; l'ebrietade è lungi da me. Il troppo mangiare non fu mai nel servo tuo."

Hassi eziandio sospetto, dell'odorato; onde dice: "O Signore, al diletto degli odori non mi sforzo troppo: quando non gli sento gli vo caendo: quando gli sento sì gli rifiuto, e sempre sto apparecchiato a non avergli. Così pare a me, ma forse m'inganno, però che neuno dee stare sicuro in questa vita, la quale è detta tutta tentazione." Ancora si con fessa dell'udire, e dice che quando il muove più il canto che le parole del canto, si confessa avere peccato: allora vorrebbe anzi non udire colui che canta. Anche s'accusa del vedere, siccome dice che alcuna volta vide troppo volentieri correre i cani de' cacciatori. E anche s'accusa che stava troppo attento, quando era a casa, di vedere i ragnoli pigliare le mosche, dicendo ch'alcuna volta rimuovono altrui da' buoni pensieri, e rompono l'orazioni. Anche si accusa del volere lode e del movimento della vanagloria; onde dice: "Chi vuole essere lodato dagli uomini, vituperandolo te, non sarà difeso dagli uomini, giudicandolo te. È lodato l'uomo per alcuno dono che tu gli hai dato, e pertanto vuole essere lodato egli più che 'l dono. Noi siamo tentati quotidianamente di queste tentazioni, sanza rimanercene. lo mi contristo alcuna volta delle mie lodi, quando quelle cose sono lodate in me, nelle quali io dispiaccio a me medesimo."

Questo santo Agustino confondea fortissimamente gli eretici, e sostenne da loro molti agguati, volendogli torre la vita: ma per la provvedenza di Dio nol poterono fare niun'otta. I poveri sempre avea nella mente, e dava loro diliberatamente di quello che potea: e alcuna volta facea disfare vasellamenti del Signore, e dare a' poveri. Casa o campo o villa già mai non volle comperare. Molti retaggi rifiutò, che gli erano lasciati. Di nuovi lavorii non ebbe già mai studio, ischifando d'avere impacciato l'animo suo, il quale voleva sempre libero da ogni impaccio e sollecitudine corporale, acciò che liberamente potesse intendere alla continenzia e alla meditazione, e alla continua lezione. E lodava molto coloro che avevano disiderio di morire, e di ciò recava l'esempio di santo Ambruogio, il quale essendo in sulla stremità della vita, i chierici suoi il pregarono che si accattasse prolungamento di vita per suoi preghieri; ed egli rispuose: « Non sono sì vivuto che mi sia vergogna di vivere tra voi; nè non temo di morire, però che noi avemo buono Signore." Molto aggradiva santo Agustino questa risposta: Ancora raccontava santo Agustino d'un altro vescovo, al quale, essendo detto ch'egli era molto necessario alla Chiesa, però pregavano il Signore che 'l diliberasse, questi disse: « S'alcuna volta mi conviene morire, or perchè non ora?"

Ancora raccontava santo Agustino d'un altro vescovo, che Cipriano racconta, che, avendo una grande infermitade, pregava Domenèddio che gli rendesse sanitade: al quale apparendo un bellissimo giovane, con grande indignazione, piagnendo, sì li disse: « Di pene e di miserie non volete uscire? Or che vi farò dunque?». Femmina già mai neuna non permise abitare seco: nè ancora la sua sirocchia carnale; nè le figliuole del suo fratello, le quali serviano igualmente a Domeneddio: non perchè da loro potesse nascere sospezione, ma per ischifare dell'altre che verrebbono alle loro cagioni. Con femmina già mai non parlava solo, se già non fossi in confessione, o in alcuna cosa molto secreta. A' parenti dava in tal modo che nè ricchi fossero, nè troppo abbisognassero. Rade volte volea pregare altrui per alcuno, o per lettere o per parole; volea anzi tra' non conosciuti che tra gli amici udire i piati, dicendo che più liberamente si conoscerà la quistione. Da molte chiese era invitato di predicazioni, a predicarvi la parola di Dio.

 

La città di Dio

In quel tempo i Goti avendo presa Roma, coloro che adoravano l'idoli e gl'infedeli, diceano molta villania ai cristiani, di ciò che patìano cotali cose dai pagani. Per la qual cosa santo Agustino compuose un libro Della città di Dio, nel quale mostra che i giusti deono essere pressati in questa vita, e i rei fiorire: nel qual libro tratta delle due cittadi, cioè Jerusalem e Bambillonia, dello loro re; che il re di Jerusalem sì è Cristo, e lo re di Bambillonia si è il diavolo: le quali due cittadi fanno a sè due amori, sì come dice, in quel luogo., che la città del diavolo si fa l'amore di se medesimo, crescente infino al dispregio di Dio, e la città di Cristo si fa l'amore di Dio, crescente infino al dispregio di sè. E ne' dì suoi, cioè negli anni CCCCXXX, li Vandoli occupano tutta la provincia d'Africa, non perdonando nè a maschio nè a femmina, nè a etade nè a ordine, nè a persona veruna. Poi vennero alla città d'Ippona, e assediàrla con grande sforzo. Sotto questa tribulazione, sopra tutte l'alte della sua vecchiezza, menò amarissima vita e lamentevole, di molte lagrime di dì e di notte, vedendo altri morti, altri scacciati, le chiese spogliate de' preti, le cittadi disfatte ne' fondamenti. Ma infra cotanti mali usava per consolazione, la sentenzia d'uno savio, che dice così: « Non sarà grande chi pensa grande cosa che i legnami caggiono e le pietre, e che gli uomini muoiono; i quali naturalmente sono mortali» E chiamati ch'ebbe i frati, disse loro: « Ecco che ho pregato il Signore che, o egli ci liberi di questi pericoli, o egli ci dia pazienzia, o mi riceva di questa vita, acciò ch'io non sia costretto di vedere tante miserie». Ed ecco che ha impetrata la terza domanda, però che nel terzo mese dell'assedio, il prese la febbre, e giacque in su un letto; e intendendo che s'approssimava lo sceveramento dell'anima dal corpo, fecesi scrivere i sette salmi penitenziali, e porgli alla porta che gli era dirimpetto: e giacendosi nel letto sì gli leggea, e in abbondanza gittava lagrime. E acciò che potesse più liberamente intendere a Dio, e la sua intenzione non potesse essere impedita da neuno, dieci dì innanzi alla sua morte, non permise a veruno d'intrare in camera, se non al medico, o quando gli fosse recato mangiare.

 

I miracoli

Un infermo venne a lui e pregavalo attentamente che gli ponesse la mano sopra e guarisselo della sua infermità, e 'l santo rispuose: "Che è quello che tu di', figliuolo mio? or non credi tu, che se io potessi fare cotal cosa, ch'io il facessi a me medesimo? ». E illi stava pur fermo e diceva che avea avuto per comandamento di venire a lui, e di ricevere sanitade. Veggendo santo Agustino la fede sua, pregò Iddio per lui, e incontanente egli ricevette la sanitade. Molti indemoniati curò e molti altri miracoli fece. Nel XXII capitolo del libro della Città di Dio racconta due miracoli di sè, sì come fussero fatti da un altro, e dice così: «Io so una vergine ipponese ch'era infermata, la quale poi che s'ebbe unta d'olio, un prete pregò Iddio con lagrime per lei e incontanente fu sanata». Anche dice così nel detto libro: « So anche un vescovo che pregò un'altra volta per un giovane, lo quale elli non avea mai veduto, ed era indemoniato, e incontanente fu liberato ». Non pare dubbio a veruno che non parli di sè, ma per umiltà non volle porre il nome suo. Anche dice in quel libro, che dovendosi tagliare uno male ad uno infermo, e temendosi molto della morte, per la tagliatura, pregando lo infermo il Signore con molte lagrime, orò con lui e per lui Agustino, e incontanente sanza tagliatura veruna si trovò guarito.

 

La morte

Alla perfine, approssimandosi alla morte, questo ne diede per ammaestramento di ricordanza: che neuno uomo, quantunque sia eccellente, debba passare di questa vita sanza essere confessato e comunicato. E vegnendo all'ultima ora, saldo di tutte le membra del suo corpo, con intero vedere e udire, negli anni della sua etade LXXVI e del suo vescovado XXXIV, dinanzi ai suoi frati, che gli erano presenti, stando loro in orazione, passò di questa vita a Domeneddio. Testamento veruno non fece, però che non ebbe onde farlo il povero di Cristo. Fiorìo la sua vita intorno agli anni Domini CCCC.

 

Apologia di Agostino

Adunque è da notare che Agustino fu ed è lume chiaro di sapienza, bertesca di veritade, armatura di fede. Tutti i dottori della Chiesa vinse sì d'ingegno come di scienza, sanza comparazione veruna fiorendo sopra gli altri sì per esempli di vertudi come d'abbondanza di ammaestramenti. Onde santo Remigio, ricordando santo Jeronimo e alcuni altri dottori, conchiuse così: " Tutti costoro vinse Agustino collo ingegno e con la scienza sua." E santo Jeronimo nel libro de' Dodici Dottori scrisse così di lui: « Agustino volando per l'altezza de' monti come aquila, considerando quelle cose che Bono nelle radici monti, con chiare parole pronunzia i molti spazi cieli e i luoghi delle terre e 'l cerchio de l'acque": Prospero dice così di lui, nel libro terzo della Vita Contemplativa: « Santo Agustino vescovo, aguto d'ingegno, soave in parlare, di mondana scienza ammaestrato, e nelle fatiche ecclesiastiche operoso, nelle gravi disputazioni chiaro, in ogni sua operazione composto, in solvere le questioni aguto, in convertire gli èretici accorto; nella esposizione della fede cattolica perspicuo; in assemprare le scritture regolari savio." E santo Bernardo scrisse così di lui: "Agustino, questi è fortissimo martello degli eretici."

 

 

ANNOTAZIONI

Volgarizzamento della Legenda Aurea del Varagine. La più bella rappresentazione della vita di S. Agostino venne dipinta da Benozzo Gozzoli scolaro dell'Angelico, nella chiesa del Santo a S. Gimignano (prov. di Siena). La figura di lui ispirò molti artisti, tra i quali ricorderemo Filippo Lippi (Uffizi), il Botticelli (chiesa d'Ognissanti a Firenze), e Raffaello, che nella Disputa del Sacramento lo rappresenta in atto di dettare una delle sue opere teologiche. Domenico Theotocopuli, detto il Greco, dipinse una magnifica figura del Santo che sta deponendo nella tomba il conte d'Orgaz, nel celebre quadro della Chiesa di S. Tommaso a Toledo. Notissimo è il quadro del pittore romantico Ary Scheffer, rappresentante S. Monica e il figlio che in un'azzurra notte d'estate contemplano il cielo dall'alto di una terrazza, e dinnanzi a quel meraviglioso spettacolo sentono l'anima commossa levarsi a Dio. Le spoglie mortali di Sant'Agostino furono trasferite a Pavia, nella chiesa di San Pietro in Ciel d'Oro, dove riposano in un superbo mausoleo ricco di sculture. Ogni parola d'elogio per l'opera del grande Cartaginese riescirebbe inferiore al merito di lui: all'acuta e lucida intelligenza dei misteri della Fede egli accoppia un calore di sentimento e un senso d'umanità così palpitante e spesso così dolorante, che la lettura delle sue pagine ci avvince e non di rado ci sforza alle lacrime. A dimostrare quanta venerazione avesse Dante per il sommo dottore della Chiesa basti ricordare il posto eminente che gli assegna nel Paradiso (Empireo, Rosa dei Beati, canto XXXII); quanto poi lo prediligesse il Petrarca, ci attestano i tre dialoghi del Secretum I, dove la grande figura luminosa del Santo appare dapprima ammonitrice severa, e poi paternamente indulgente al peccatore che piange le proprie colpe. Fra gli scrittori moderni che narrarono in modo drammatico la vita agitata ed operosa del grande Africano, nessuno riuscì meglio di L. BERTRAND, nel suo vol. Saint Augustin, Parigi 1910.