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tommaso tornaghi: mostra su don carlo gnocchi

 Il tavolo dei relatori con il moderatore Elena Rigamonti, l'autore Tommaso Tornaghi e mons. Ennio Apeciti

I relatori Tommaso Tornaghi e mons. Ennio Apeciti

 

Don Carlo Gnocchi

La figura spirituale e le opere sociali

 

 

Mostra fotografica a cura di TOMMASO TORNAGHI in chiesa parrocchiale a Cassago Brianza

11 - 18 febbraio 2007

 

 

Dall'11 al 18 febbraio 2007 le Cappelle della Chiesa Parrocchiale hanno ospitato una mostra fotografica sulla figura del giovane Don Gnocchi, secondo un allestimento a cura del dottor Tommaso Tornaghi, renatese, che di recente ha pubblicato un volume, partendo dalla sua tesi di laurea, per i tipi della GR Edizioni di Besana, la città che ospitò il giovane sacerdote e che lo aiutò a maturare la sua vocazione sacerdotale.

Prima che si concludesse il 50° anniversario della morte del Piccolo Grande Sacerdote, alla fine del prossimo febbraio (è scomparso il 28/2/1956), è stata ricordata anche a Cassago la figura di don Carlo, figura sulla quale sono uscite ultimamente diverse pubblicazioni di buon livello, da parte però di autori che non hanno avuto esperienza dell'ambiente in cui egli è vissuto. Il volume che è stato presentato nella settimana della mostra, esattamente martedì 13 febbraio 2007, nel salone dell'Oratorio, alla presenza oltre che dell'autore anche di Mons. Ennio APECITI, curatore della causa di beatificazione di don Carlo, colma tale lacuna: ripetendo le parole di Eugenio Corti "libro e immagini della mostra fotografica riqualificano in modo fedele il mondo della Brianza di allora e i personaggi che lo formavano". Non solo si restituisce dunque la realtà di un Santo, ma anche del mondo che egli aveva intorno. Dice sempre Corti: "la Sua Santità era in fondo qualcosa di già acquisito ... i suoi sforzi di ogni giorno non miravano forse a introdurre e a sostenere i suoi prossimi nella via della Santità, nel cammino cioè che porta a Dio? Egli si adoperava in questo senso soprattutto con l'esempio e con la parola ... le prime due cose che tornano alla mente, quando si ripensa a don Carlo: il suo sorriso e la sua calda parola . E le sue parole rivelano una vita dedicata alla CARITA' come consolazione di vita, come vincolo d'amore, come cardine del Cristianesimo. E una vita di Carità "non si inventa né si improvvisa con un atto di volontà, sincero ed eroico finché si vuole; la vita si costruisce, come una casa, pietra su pietra, atto per atto, giorno per giorno ..."(Don Gnocchi, "Educazione del cuore")

Ecco perché sembra bella l'idea di ospitare nella Casa del Signore di Cassago la vita di un suo discepolo così caro per la Brianza: sul nostro territorio sono presenti molti segni a volte umili a volte più evidenti della sua vita e della sua Opera spirituale, educativa e caritativa. Basta pensare alla casa dove visse tanti anni della sua giovinezza a Montesiro con la mamma presso la famiglia Pilotti con la quale era imparentato; alla Parrocchia stessa di Montesiro dove affinò i suoi talenti di educatore cristiano come catechista e animatore sul campo; all'Istituto Grandi Invalidi di Arosio, alla Fondazione Pro Juventute (prima per i mutilati di guerra, poi ai "mulattini" - figli abbandonati da soldati americani di colore che erano transitati in Italia durante la guerra, poi ai poliomielitici e, nel tempo, ai vari bisognosi in salute e spirito; al Liceo don Gnocchi di Carate che venne a lui dedicato proprio per volere di Eugenio Corti e che rinnova nella nostra Brianza l'alto valore dell'educazione cristiana dei giovani, alle sedi alpine diffuse intorno a noi (perché anche nell'ambiente militare nel quale don Gnocchi visse come cappellano, egli si spese in mezzo agli uomini come Cristo si fece uomo - uno dei suoi libri più famosi è infatti il Cristo degli alpini).

L'ambiente brianzolo allora prevalentemente contadino è molto cambiato oggi: l'humus molto pragmatico è però ancora abituato a fare più che a pensare. Lo stile cristiano resiste laddove è radicato un clima di fede e di richiamo costante alla presenza del Signore nella vita quotidiana. L'invito dunque è quello a visitare la mostra fotografica nelle varie Cappelle della nostra Chiesa Parrocchiale prima o dopo le varie cerimonie religiose da domenica 11 a domenica 18 febbraio 2007 nonché alla serata del 13 febbraio in Oratorio seguendo proprio il valore che il racconto e le immagini della vita dei santi e degli episodi più significativi della loro opera ispirino imitazione e voglia di santità.

Elena Rigamonti

La mostra riprende alcuni temi essenziali dell'opera spirituale ed educativa di don Carlo Gnocchi attraverso un itinerario fotografico di grande spessore. Don Gnocchi passò la sua infanzia a Montesiro, una frazione di Besana. Lì ancora diverse persone lo conoscono. Confinanti con Besana molti cittadini a Cassago, in qualche modo, hanno avuto a che fare con la figura di questo minuto prete dalle risorse infinite. Gli Alpini innanzitutto, poi i volontari ma anche gli studenti. Qualche alpino di Cassago lo ha conosciuto in Russia, tanti ragazzi e giovani in questi anni hanno frequentato la sua opera come volontari e qualcun altro ha frequentato la scuola che si ispira ai suoi principi educativi che sorge a Carate. In un certo modo don Carlo è un prete familiare a quelli di Cassago.

Carlo Gnocchi, terzogenito di Enrico Gnocchi, marmista, e Clementina Pasta, sarta, nasce a San Colombano al Lambro, presso Lodi, nel 1902. Orfano a cinque anni, si trasferisce a Milano con la madre e i due fratelli, Mario e Andrea, che di lì a poco moriranno di tubercolosi. Nel 1915 la famiglia si trasferisce dalla sorella della madre a Montesiro di Besana. Seminarista alla scuola del cardinale Andrea Ferrari, nel 1925 viene ordinato sacerdote dall'Arcivescovo di Milano, Eugenio Tosi. Celebrerà la sua prima Messa il 6 giugno a Montesiro, dove viveva la zia, dove tornava spesso nei periodi di vacanza.

Don Carlo fa l'assistente d'oratorio: prima a Cernusco sul Naviglio, poi, a San Pietro in Sala, a Milano. La stima e l'affetto della gente, la fama di ottimo educatore giunge fino in Arcivescovado, tanto che nel 1936 il Cardinale Ildefonso Schuster lo nomina direttore spirituale dell'Istituto Gonzaga dei Fratelli delle Scuole Cristiane e gli affida l'incarico dell'assistenza spirituale degli universitari della Seconda Legione di Milano. Quando nel 1940 l'Italia entra in guerra e molti giovani studenti vengono chiamati al fronte, don Carlo, per restare con i suoi giovani anche nel pericolo, si arruola come cappellano volontario nel battaglione "Val Tagliamento" degli alpini, destinazione il fronte greco albanese.

Nel '42 don Carlo parte per la Russia, con gli alpini della Tridentina. Nel gennaio del '43 inizia la drammatica ritirata del contingente italiano: in questa tragica esperienza, assistendo gli alpini feriti e morenti e raccogliendone le ultime volontà, matura l'idea di realizzare una grande opera di carità che troverà compimento, dopo la guerra, nella Fondazione Pro Juventute.

A partire dal 1945 comincia a prendere forma concreta quel progetto di aiuto ai sofferenti appena abbozzato negli anni della guerra: viene nominato direttore dell'Istituto Grandi Invalidi di Arosio e accoglie i primi orfani di guerra e i bambini mutilati. Inizia così l'opera che lo porterà a guadagnare sul campo il titolo più meritorio di "padre dei mutilatini".

Nel 1949 l'Opera di don Gnocchi, che nel frattempo si è ampliata, ottiene un riconoscimento ufficiale con Decreto del Presidente della Repubblica. Nello stesso anno, il Capo del Governo, Alcide De Gasperi, promuove don Carlo consulente della Presidenza del Consiglio per il problema dei mutilatini di guerra. Da questo momento uno dopo l'altro, aprono nuovi collegi: Parma (1949), Pessano (1949), Torino (1950), Inverigo (1950), Roma (1950), Salerno (1950), Pozzolatico (1951).

Nel 1951 la Federazione Pro Infanzia Mutilata confluisce nella Fondazione Pro Juventute. Nel 1955 don Carlo lancia la sua ultima grande sfida: si tratta di costruire un moderno Centro che costituisca la sintesi della sua metodologia riabilitativa. Nel settembre dello stesso anno, alla presenza del Capo dello Stato, Giovanni Gronchi, viene posata la prima pietra della nuova struttura, nei pressi dello stadio di San Siro, a Milano.

Don Carlo, minato da una malattia incurabile, muore il 28 febbraio 1956. I funerali furono grandiosi per partecipazione e commozione: quattro alpini a sorreggere la bara, altri a portare sulle spalle i piccoli mutilatini in lacrime.

L'ultimo suo gesto profetico fu la donazione delle cornee a due ragazzi non vedenti - Silvio Colagrande e Amabile Battistello - quando in Italia il trapianto di organi non era ancora disciplinato da apposite leggi. Il doppio intervento, eseguito dal prof. Cesare Galeazzi, riuscì perfettamente. La generosità di don Carlo anche in punto di morte e l'enorme impatto che il trapianto ebbe sull'opinione pubblica impressero un'accelerazione decisiva al dibattito, tant'è che nel giro di poche settimane venne varata una legge.

Trent'anni dopo la sua morte, il cardinale Carlo Maria Martini istituì il Processo di Beatificazione. La fase diocesana, avviata nell'87, si è conclusa nel 1991. Il 20 dicembre 2002 il Papa lo ha dichiarato venerabile e lo proclamato Beato il 30 aprile 2006, secondo le nuove norme nel Duomo di Milano.