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mons. gianfranco poma

Annotazione autografa di mons. Enrico Poma sul libro degli Ospiti dell'Associazione S. Agostino

Cassago: autografo di mons. Enrico Poma

 

 

 

Omelia di mons. Gianfranco Poma

NEL GIORNO DELLA FESTA DI SANT'AGOSTINO

(4 settembre 1994)

 

 

Nel nome grande e caro di S. Agostino saluto tutta questa comunità, che si onora di conservare come preziosa eredità la grazia del suo passaggio in questo territorio, in un momento decisivo della sua conversione cristiana. Ne saluto particolarmente le sue guide spirituali e le autorità civili, che sono qui presenti.

Intendiamo rivivere oggi una memoria «attuale» della incisiva esperienza di questa eccezionale figura di cristiano, che ci ha lasciato così profonda e ampia documentazione del suo itinerario spirituale.

Quando Agostino venne qui - secondo alcuni probabili indizi - era un giovane ricco di grandi doti e non privo di rilevanti esperienze, che ricoprivano tutta la gamma di un vivace rapporto con la vita e con il mondo (cultura, affetti, relazioni, attitudine alla concentrazione interiore). E tuttavia era come divorato dall'ansiosa ricerca di come comprenderne il senso e fame un uso non deludente.

Pur nella non comune varietà dei suoi successi umani, si sentiva come un prigioniero, che guarda da dietro le sbarre un mondo che lo costringe a, una parte nella quale egli ormai non crede più.

Era in una stagione in cui, dopo aver attraversato strade e sentieri sbagliati dell'esistenza, si sentiva di dire a se stesso:

«Perché dovresti continuare a lasciare che il mondo ti sprema? Qual è, dunque, il volto di Dio?». Una crisi esistenziale e, insieme, una ricerca religiosa. C'è una sua preghiera che compendia efficacemente questo momento della sua anima:

«E cos'è Dio? L'ho chiesto alla terra ed essa mi ha risposto: "Non sono io "; e ogni cosa che si trova su di essa ha ripetuto la medesima confessione. L'ho chiesto a tutti gli esseri, che stanno intorno al mio corpo:

"Parlatemi del mio Dio; poiché voi non lo siete,ditemi qualche cosa di lui. Ditemi qualche cosa di lui. "

Ed essi esclamarono a gran voce: "E' lui che ha fatto noi. "

La mia richiesta era la mia riflessione, la loro risposta era la loro bellezza.

E mi rivolsi poi a me stesso e mi chiesi: "Tu chi sei? ". E mi risposi: "Un uomo ". Ho a disposizione un corpo e un'anima: esteriore l'uno, interiore l'altra; a quale dei due dovrei chiedere del mio Dio? Con il corpo lo avevo già cercato in terra e in cielo, dovunque potei inviare come messaggeri i miei occhi. meglio dunque con l'anima. L'uomo interiore ha conosciuto queste cose grazie a quello esteriore: io le ho conosciute in spirito grazie ai miei sensi corporali ...

Tu anima sei certo più importante del corpo, te lo dico io, perché sei tu a dare a lui la vita, e nessun corpo può fare altrettanto con un altro corpo. Il tuo Dio, poi, è la vita della tua vita».

 

(Confessioni, X, 6, 9)

Penso che ciascuno di noi abbia già più volte sperimentato momenti di questa caratteristica e di questa importanza: sono bilanci di cui si avverte il bisogno talvolta improvvisamente e senza avvisaglie, e talvolta per una specie di lunga e sor- da tristezza. Un tempo come il nostro, esigente, competitivo, indaffarato produce, come salutare contraccolpo, qualche domanda sulla direzione in cui corriamo.

E S. Agostino, dal suo cuore desideroso di dare, creare e vivere una vita feconda, ci suggerisce il metodo e l'animo per profittarne convenientemente.

Il suo messaggio potrebbe essere questo. Il mondo è malvagio solo quando diventi suo schiavo: malvagio sei tu, allora, verso te stesso. Il mondo ha molto da offrire finché non ti senti costretto a obbedirgli.

La grande lotta è rivendicare la tua verità spirituale e vivere nel mondo come uno che non gli appartiene. Di tutto quanto è attorno a noi possiamo gioire veramente solo quando possiamo esserne riconoscenti per ché ci comunica la verità che noi

siamo gli amati da Dio. Questa verità ci permetterà di ricevere i doni che la società ci offre e ci permetterà di celebrare la vita.

Ma ci permetterà anche di allontanarci da tutto ciò che ci distrae, ci confonde e soffoca la vita dello Spirito dentro di noi.

Oggi Agostino ti dice: finché vivi nel mondo cedendo alle sue enormi pressioni per provare a te stesso e agli altri che sei qualcuno e sapendo fin dall'inizio che alla fine perderai, la tua vita sarà poco più di una lunga battaglia per la sopravvivenza.

Il mondo, con le sue strategie, può aiutarti a sopravvivere a lungo, ma non può aiutarti a vivere, perché il mondo non è la fonte neanche della sua propria vita, perché lascia soli i suoi. Spiritualmente non appartieni al mondo. La tua famiglia, i tuoi amici, i tuoi colleghi e i tuoi rivali, e tutte le perso ne che puoi incontrare nel viaggio attraverso la vita, sono tutti alla ricerca di qualcosa di più che non sia la sopravvivenza. Il tempo, lo spazio, le persone, gli eventi, l'arte, la storia, la scienza cessano di essere opache e diventano trasparenti, quando indicano molto al di là di se stesse, verso Colui da cui si proviene e al quale si torna. Ecco la possibilità che sta aperta davanti a noi: dire di sì alla nostra verità interiore, conosciuta, amata, comunicata attraverso Gesù.

E' ancora una preghiera di Agostino a descriverci il frutto del suo e nostro travaglio spirituale:

Ma che cosa amo amandoti?

Non una bellezza corporea

né un fascino transitorio,

non lo splendore di una luce

così cara ai miei occhi,

non dolci melodie di svariate cantilene,

non un profumo di fiori, di unguenti e di aromi,

non manna né miele

non membra invitanti ad amplessi carnali. Amando il mio Dio,

non amo queste cose.

E tuttavia (sentite la forza e l'integrità umanissime di questo "tuttavia") 

nell'amare lui

amo una certa luce, una voce, un profumo, il cibo l'amplesso dell'uomo interiore che è in me,

dove splende alla mia anima

una luce che nessun luogo può ospitare,

dove suona una voce

che nessun fluire dei secoli

può portar via,

dove si espande un profumo

che nessuna ventata può disperdere,

dove si gusta un sapore

che nessuna voracità può sminuire,

dove si intreccia un rapporto

che nessuna sazietà può spezzare;

tutto questo io amo

quando amo il mio Dio"

(Confessioni, X, 6)

Così sia anche per ciascuno di noi.

 

 

mons. GIANFRANCO POMA

Rettore del Seminario Maggiore della Diocesi di Milano